“Fare politica oggi vuol dire essere masochisti”, mi dice un amministratore pubblico di lungo corso, sfogliando le pagine de La Stampa che si trova sulla sua scrivania.
“Però in tanti non mollano l’osso comunque: perchè?”, azzardo io, e si parte con un po’ di riflessioni a ruota libera.
L’impressione è che davvero oggi in pochi possano dire, con certezza, come e cosa sarà l’Italia fra sei mesi. E che, al contrario, tanti politici (non solo di casa nostra) stiano sperimentando sulla propria pelle le difficoltà del ruolo, diciamo così. E’ il bis di quanto già successe vent’anni fa, nel biennio ’92-’93, ai tempi di Tangentopoli?
Sì e no: allora c’era nella popolazione più rabbia, un furore da gogna, bava alla bocca e lancio di monetine che ben ricordiamo. E che non ci manca. Ma si percepiva anche, tutto sommato, la speranza di poter girare finalmente pagina, una volta per tutte, diventando una democrazia compiuta, dopo la lunga notte della prima repubblica, fatta sì di ruberie, ma ancor peggio di bombe, stragi di Stato, lotta armata.
Mi pare (ma è opinione personale, come sempre) che la seconda repubblica finisca invece “in vacca”, per parlar raffinato, e che abbia tradito quasi tutti gli auspici (illusioni, forse) di quel tempo.
E’ vero che oggi lo scenario è più pacifico di allora, sul fronte dell’opinione pubblica. Ma, a ben guardare, è anche assai più cupo sul fronte della speranza di reale cambiamento.
Per questo dico: “la politica, che mesteriaccio”. Perché gli italiani, i cittadini comuni alle prese con i tanti problemi quotidiani legati al lavoro che viene meno, e al futuro precario, ormai fanno davvero di tutt’erba un fascio, se parli di politica, e di politici.
Ad essersene più consapevoli, almeno dal mio osservatorio non so quanto privilegiato, mi pare siano i rappresentanti del centro destra. E non solo, credo, perché la loro parte politica pare fragorosamente “franata” a seguito dei numerosi scandali, e col venir meno delle leadership carismatiche di Berlusconi e Bossi.
No, secondo me nel centro destra sono un po’ più lucidi rispetto a quanto sta succedendo perché da tempo assai più pratici, o meno ideologici, che dir si voglia. Cosa voglia dire pratici, poi, vedete un po’ voi.
Sul fronte del centro sinistra invece (non so con che mix di onestà intellettuale e ipocrisia: fate voi anche qui, per par condicio), non pochi ritengono che una diversità ancora esista, e sia percepita dall’elettorato: se non altro da quello di riferimento. Chi abbia ragione, lo verificheremo certamente in primavera, alle elezioni politiche.
Mentre la Sicilia è un mondo talmente a parte, che comunque vada a finire non ne farei un test attendibile: lì il Pdl faceva ai tempi “il pieno” per ko, e certamente è quindi il centro destra ad apprestarsi ad una brusca retrocessione. Però, ripeto, sarà solo tra qualche mese che scopriremo davvero se “l’ostilità” nei confronti della politica nel suo insieme ha superato il “livello di guardia”, e cosa davvero potrà uscire dalle urne. Dei sondaggi, francamente, ho imparato a diffidare: mi sembrano in gran parte più finalizzati ad “orientare” che a descrivere la situazione.
E. G.