La sentenza di assoluzione di ieri (in primo grado), per l’ex consigliere comunale alessandrino Giuseppe Caridi e per gli altri alessandrini arrestati nel giugno 2011 con l’accusa di far parte dell’ndrangheta, impone alcune riflessioni. Naturalmente tenendo conto che parliamo comunque di primo grado, e che il procuratore capo di Torino, Giancarlo Caselli, ha già annunciato il ricorso.
In ogni caso:
1) il carcere preventivo dovrebbe essere utilizzato sempre come misura estrema, riservata a casi davvero di manifesta pericolosità. Ognuno di noi si metta nei panni di un innocente che sta in galera 1 o 2 anni, e ne tragga le conseguenze.
2) I tempi della giustizia sono davvero troppo lunghi.
3) Che orrore quei video in diretta notturna girati direttamente a casa degli arrestati, intontiti e in pigiama. Che si tratti di colpevoli o innocenti, facciamo in modo che non accada mai più, per favore. Giustizia e show televisivo rimangano due piani rigorosamente separati.
4) “Ora”, mi ricorda un amico, “i costosi risarcimenti a questi signori saranno a carico della comunità”. A parte che parliamo appunto di primo grado, quindi la questione è prematura, su questo tema ho francamente le mie perplessità: nei giorni scorsi sono tornato ad approfondire (complice la fiction tv: sono un opinionista iper nazional popolare, lo sapete bene) il caso Tortora, e a quanto pare a lui e alla famiglia non fu mai stato riconosciuto nulla, a fronte della vicenda pesantissima di cui i meno giovani conservano credo ottima memoria.
5) C’è il rischio che sul caso Caridi si lancino falchi, iene e sciacalli, pronti a strumentalizzare gli eventi per avere un po’ di ribalta personale. Speriamo non sia così, e che sia dato modo (sempre appunto ricordando che la vicenda giudiziaria potrebbe non essere conclusa) a chi è stato al centro della ribalta mediatica locale di ricominciare a vivere con serenità, senza ulteriori speculazioni: da una parte come dall’altra.
E. G.