Francamente una sanità che parla di medicinali “generici” e “griffati”, come se si trattasse di un paio di scarpe, o di jeans, a me fa inorridire.
Personalmente, e per fortuna, non assumo farmaci di alcun tipo, che non sia qualche aspirina se proprio sono raffreddato, in pieno inverno. Quindi la vicenda tendo a sottovalutarla. Però sento persone, soprattutto anziane, assai preoccupate per la propria salute, perché secondo loro la sanità sta sostanzialmente declassando la qualità del servizio, imponendo farmaci meno costosi, ma anche meno efficaci, e quindi più pericolosi.
Se non è così, come sostengono gli addetti ai lavori, quantomeno c’è stata e c’è una grave carenza sul piano comunicativo, perché mi pare che, soprattutto alle fasce di popolazione più debole e a rischio, la faccenda non sia stata spiegata gran che.
Io poi ho anche qualche perplessità sul fatto che sia opportuno dire a un paziente cronico, che da tempo si cura con il farmaco A e si trova bene, “da domani passi al B, tanto il principio attivo è lo stesso”. Sarà anche lo stesso, ma non serve un genio della medicina per capire che ogni organismo risponde in maniera diversa a determinati stimoli, e quindi forse sarebbe opportuna, da parte dei medici di base, quanto meno una certa cautela, e serie verifiche “caso per caso”.
Ma a qualcuno importa ancora qualcosa dei pazienti, nella nostra sanità? Oppure, dal ministro in giù, la mission è ormai essenzialmente da un lato ridurre i costi (magari senza danneggiare troppo Farmindustria e amici vari), e dall’altro meritarsi una buona dosa di visibilità personale, che serve sempre, in prospettiva?
E. G.