Con il nuovo Piano Sanitario la Regione Piemonte sta provando ad introdurre elementi innovativi rispetto all’organizzazione delle Aziende Sanitarie, in particolare per quello che riguarda le principali funzioni di carattere amministrativo.
Il tentativo è quello di centralizzare tali funzioni trasferendole dalle aziende sanitarie e concentrandole in nuovi organismi che possano, una volta entrati a regime, fornire servizi integrati alle stesse aziende. In tal modo, secondo quanto ipotizzato dalla Giunta Regionale, le aziende sanitarie svolgerebbero le loro tradizionali ed essenziali funzioni di tutela della salute dei cittadini, fornendo loro tutte le prestazioni sanitarie, come avviene attualmente, mentre quasi tutte le funzioni di carattere amministrativo verrebbero fatte confluire in nuovi organismi che, a loro volta, le dovrebbero fornire alle aziende sanitarie.
In altre parole funzioni quali quelle di acquisto di beni e servizi, di gestione dei magazzini e della logistica, dei sistemi informativi ed informatici, dei centri di prenotazione e degli affari legali verrebbero – diciamo – sottratte dalla competenza delle aziende sanitarie, come avviene fin’ora, e gestite in modalità centralizzata da nuovi enti di creazione regionale.
L’intento era quello di evitare la duplicazione degli uffici e delle funzioni gestendole in modo accentrato e parimenti gestendo più razionalmente le risorse umane a disposizione (vista anche l’impossibilità di procedere a nuove assunzioni che sussiste ormai, tranne qualche rara eccezione come ad es. gli infermieri e gli operatori socio sanitari, dal 1998). I dipendenti in possesso dei requisiti pensionistici infatti andranno in pensione senza essere sostituiti; di conseguenza nei prossimi anni, stando così le cose, il numero di dipendenti amministrativi, si assottiglierà notevolmente consentendo notevoli risparmi di spesa (visto che il costo più elevato in campo sanitario è costituito proprio dal personale).
Questi erano gli obiettivi che l’attuale Giunta Regionale, ( ma prima ancora qualunque persona di buon senso..), si era posti. Il progetto infatti era condivisibile in quanto rispondeva ad una reale esigenza di razionalizzazione e maggiore economicità di gestione delle aziende sanitarie e dell’intero sistema sanitario piemontese.
Peraltro la Giunta non scopriva nulla di nuovo: altre realtà regionali già da molti anni hanno realizzato sistemi integrati di questo genere, creando enti (ad es. la Toscana, l’Emilia, ma anche Lombardia e Veneto) funzionali a tale scopo.
Tuttavia la Giunta Cota, probabilmente anche per discutibili ragioni politiche, fermi restando gli obiettivi, ha istituito, con Legge regionale 28/03/2012 n. 3, le Federazioni Sovrazonali, enti di diritto privato di natura consortile di cui fanno parte le Aziende Sanitarie della sovrazona (i consigli d’amministrazione sono costituiti dai direttori delle ASL e delle Aziende Ospedaliere insistenti sui territori interessati). Il territorio piemontese è così stato diviso in sei sovrazone in ciascuna delle quali è competente una di tali Federazioni.
Il territorio alessandrino in particolare fa parte della sovrazona Alessandria-Asti, di conseguenza le tre Aziende Sanitarie esistenti (ovvero Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio”, ASL AL e ASL AT) sono gli attori della Federazione Sovrazonale AL-AT.
Ora che però, da un punto di vista burocratico, le Federazioni sono state formalmente istituite viene la fase più difficile, ovvero quella operativa e qui iniziano le dolenti note.
Infatti, anziché seguire altri esempi e la letteratura scientifica in materia, la Giunta Cota ha preferito istituire enti di natura privatistica alla guida dei quali stanno gli Amministratori Unici (da noi è il “noto” Mario Pasino) e che necessitano, per funzionare, di Consigli di Amministrazione che debbono assumere le decisioni in maniera collegiale.
Inoltre non è stata ancora chiarita la gerarchia delle competenze: gli Amministratori delle Federazioni dovrebbero avere funzioni di programmazione (stabilire obiettivi a cui devono attenersi le Aziende Sanitarie?) e di controllo. Fermo restando comunque che le decisioni vengono adottate collegialmente dai direttori delle aziende sanitarie facenti parte del CdA della Federazione (che rimane un consorzio!!). Tutto ciò col risultato finale di un direttore di ASL (o Azienda Ospedaliera) che dovrebbe essere contemporaneamente il soggetto controllato e il soggetto controllore.
Per non parlare degli Amministratori Unici delle Federazioni: costoro a chi debbono rispondere, alla Giunta Regionale che li ha nominati (intuitus personae), oppure al Consiglio d’Amministrazione della Federazione?? Oppure a tutti e due?? Ma con quali risultati?? È facile prevedere una sorta di paralisi organizzativa.
E il personale?? In un primo momento sembrava potesse essere reclutato in maniera diretta dall’Amministratore Unico, mentre ora sembra che debba avvenire su base volontaria senza alcuna imposizione “dall’alto”. Le persone poste al servizio delle Federazioni dovrebbero rimanere dipendenti delle proprie aziende sanitarie ma operativamente essere a disposizione della Federazione e ciò comporta anche, peraltro, possibili disuguaglianze tra operatori dal momento che provenendo da diverse aziende sanitarie, possono benissimo esservi differenze di stipendio a volte rilevanti a fronte di funzioni di fatto identiche.
Altro grosso problema riguarda poi concretamente lo svolgimento delle funzioni: per es. rispetto a quelle di acquisto di beni e servizi, centralizzare vuol dire prima di tutto uniformare. Vi sono beni e servizi standardizzati e/o standardizzabili come le siringhe, la carta per fotocopie o la cancelleria, ma vi sono altri beni, quali i dispositivi medici (es. valvole cardiache, protesi, strumentario chirurgico, farmaci, ecc.) il cui uso non può essere uniformato automaticamente.
In particolare quando si tratta di uniformare l’uso che viene fatto in realtà differenti quali quelle dei diversi Presidi Ospedalieri afferenti alle due ASL, quella di Alessandria e quella di Asti, con l’Azienda Ospedaliera “SS. Antonio e Biagio” che operano sulla base di protocolli clinici differenti l’una dall’altra.
È noto inoltre che la classe medica, a torto o a ragione, è tutt’altro che favorevole all’uniformazione dell’uso dei dispositivi medici o dei farmaci. Da un lato al medico deve pur sempre riconoscersi la necessaria autonomia professionale, quale sfera intangibile del singolo, con riferimento al rapporto fiduciario medico-paziente. Dall’altro lato però non si può omettere che anche gli stessi medici spesso incorrono in comportamenti opportunistici gravemente censurabili in quanto ove inseriti in strutture private si adeguano pacificamente alle direttive del datore di lavoro, mentre se al servizio di strutture pubbliche non si adeguano per nulla.
Insomma come si vede le nuove Federazioni Sovrazonali sembrano ancora lontane da una loro effettiva implementazione. Di sicuro però la scelta, sulla base degli elementi a disposizione, non sembra essere stata la più felice. Staremo a vedere…
Associazione Arcipelago