Scommettiamo che la nuova riorganizzazione delle Province è un bluff?
Fanno bene gli amministratori delle stesse ad evidenziare (come ieri durante l’incontro di Verona) l’emergenza della situazione finanziaria, che è il vero dramma. Mentre la questione degli accorpamenti, vedrete, finirà in nulla. Quando ho letto che il dimezzamento del numero degli enti provinciali dovrebbe andare in vigore non prima del 1 gennaio 2014, mi è scappato da ridere.
Benvenuti a “frottolandia”, dove si sparano annunci senza minimamente valutarne le conseguenze, e posticipandole sulle spalle altrui. Tanto toccherà al governo in carico dal maggio 2013 togliere le castagne dal fuoco e, vedrete, annullare il tutto.
Anche perchè quelle di Monti, più che razionalizzazioni, sembrano esercizi di risparmio puramente teorici, che non fanno i conti con la realtà concreta.
Parliamoci chiaro: per risparmiare davvero lo Stato italiano dovrebbe mettere alla porta, dalla sera alla mattina, un milione di dipendenti pubblici, certamente non indispensabili, diciamo così. Si pensi a certe nostre realtà locali, e poi si moltiplichi all’ennesima potenza per immaginare la realtà romana, e del sud del Paese. Metà Italia vive da assistenza, da sempre, e facciamo finta di scoprirlo adesso?
Però attenzione: la prima conseguenza di licenziamenti di massa sarebbe il caos sociale più totale, la miseria, lo scontro nelle piazze. Perché si fa presto a dire: “vadano a lavorare davvero, come gli altri”. Non è che io non sia d’accordo, quando mi affaccio in certi uffici pubblici, o vedo certi servizi giornalistici dalla Sicilia: il punto però è che non ci troviamo in un Paese in espansione, che ha bisogno di manodopera, più o meno qualificata. Siamo invece un mammut che si trascina stancamente, più deboli di altre economie europee di fronte alla crisi perché, da trent’anni a questa parte, abbiamo rinunciato a vere politiche di investimento infrastrutturale e di sviluppo.
Ergo: i licenziamenti di massa aggraverebbero la situazione. Cosa resta? Resta uno scenario in cui i più dinamici e motivati se ne sono già andati, e continuano ad andarsene. E gli altri rimangono aggrappati ai loro piccoli privilegi, sperando che duri.
Ma restiamo sulle riorganizzazioni degli enti locali: Province, o anche tribunali. Sapete che succederà? Fatti due conti, ci si renderà conto che trasferire (senza licenziare nessuno) centinaia di persone, in ogni territorio, da una città all’altra, creerà senz’altro disagio a loro, ma nessun risparmio complessivo. Anzi: per collocare fisicamente ad Alessandria i dipendenti della Provincia di Asti, o quelli dei tribunali di Novi o Tortona, bisognerà affittare nuove sedi, o risistemare ex novo strutture pubbliche fatiscenti. Tempi lunghi, costi folli.
Quindi, dal 2014, tutti resteranno al loro posto, ma il tribunale di Tortona si chiamerà tribunale di Alessandria, distaccamento di Tortona. E gli attuali uffici della Provincia di Asti saranno Provincia di Alessandria, distaccamento di Asti. Scommettiamo che andrà a finire davvero così?
Posto naturalmente che il triplo salto mortale vero è quello imposto agli amministratori locali, e sottolineato più volte in queste settimane: come è possibile continuare a tenere in piedi la baracca con sempre meno risorse, ma senza tagliare il personale, e garantendo comunque i servizi? Roba da prestigiatori, ma di quelli bravi.
E. G.