E’ dissesto: ma ora guardiamo avanti

Parlava con un nodo alla gola, ieri sera, il sindaco Rita Rossa in consiglio comunale. Ha fatto un lungo elenco di atti, situazioni debitorie e scelte di finanza creativa, di cui a lungo abbiamo parlato nell’ultimo anno, e forse più.
Alessandria, ormai è ufficiale, è il primo capoluogo di provincia a dichiarare il proprio dissesto con la nuova normativa prevista per gli enti locali. L’attuale primo cittadino di Palazzo Rosso ha sottolineato, più volte, le responsabilità dell’ex sindaco Fabbio e della sua giunta, e non poteva essere altrimenti.

L’assessore alla Sostenibilità Economica, Pietro Bianchi, ha parlato esplicitamente di fallimento dell’ente, ossia di impossibilità dello stesso di far fronte ai debiti contratti. Con lungo elenco delle “fantasie contabili” che hanno ridotto Palazzo Rosso nelle attuali condizioni. Nonostante la vendita dei gioielli di famiglia, ha ricordato Bianchi, i debiti sono costantemente cresciuti. Siamo al capolinea.

Dopo un susseguirsi di interventi tanto di buon senso quanto scontati (ma perché il consiglio comunale deve essere una vetrina così prolissa e ripetitiva?), e altri invece di maggior spessore, ecco il voto epocale. E’ dissesto.

E l’ex sindaco Fabbio? Ha fatto la sua parte, con pacata determinazione, ricordando come le radici del debito vadano cercate ben prima del quinquennio 2007-2012. Insomma, la solita contrapposizione di posizioni.

Ora, però, comincia la lunga stagione dei sacrifici. Per noi cittadini, che dovremo sicuramente pagare un conto salato, in termini di tasse alle stelle e costi dei servizi al massimo di legge. Per i dipendenti del Comune e delle partecipate, che aspettano con il fiato sospeso di conoscere l’entità delle conseguenze (che ci saranno, è evidente). Per i lavoratori dell’indotto, cooperative e affini, che sono un vaso di coccio, lavoratori con garanzie e tutele pressoché inesistenti. Per le imprese e i liberi professionisti che hanno fatture e parcelle in sospeso con Palazzo Rosso, e che se le vedranno pagate solo in minima parte, e “a babbo morto”. Insomma, sacrifici per tutta la città, in un momento già drammatico per il nostro territorio, e per tutto il Paese.

Ce la faremo a ripartire? Ce la dobbiamo fare per forza, anche se passeremo attraverso un non breve periodo di grandi difficoltà. Sarà una traversata nel deserto, ha detto qualcuno ieri sera. Giustamente.

E la politica, a partire dalle prossime nomine ai vertici delle “partecipate” riuscirà a convincerci di aver davvero cambiato passo, registro e metodi, e a riconquistarsi la fiducia dei cittadini? Lo vedremo, ma fino a prova contraria è lecito dubitarne.

E. G.