Se ci saranno i presupposti per la mala gestio, come la definisce l’assessore al Bilancio Pietro Bianchi, lo vedremo. Di sicuro in questi giorni parte la lunga marcia di riorganizzazione delle partecipate di Palazzo Rosso. Che sono davvero troppe, e quasi sempre con risultati di gestione tutt’altro che ottimali. Sia chiaro: non è che, se le società del comune di Alessandria sono passate da 5 o 6 ad un numero imprecisato (qualcuno parlò di 36, addirittura) la responsabilità sia tutta dell’ultima amministrazione di centro destra. La logica del capro espiatorio (ora Fabbio, cinque anni fa Scagni) io la trovo inadeguata, limitata. C’è stato certamente un orientamento prevalente, a cui in tanti hanno creduto e aderito nel corso del tempo, con motivazioni più o meno nobili.
Il che non toglie che chi ha gestito negli ultimi cinque anni Alessandria, anche su questo fronte, abbia responsabilità serie, e forse gravi. Gli esempi fateli voi, sono certo che ve ne verrà alla mente più d’uno.
A me pare grave, in particolare, che mancasse a Palazzo Rosso (così almeno mi è stato sempre detto) una cabina di regia unitaria, una sorta di ufficio centrale delle partecipate con il “polso” costante della situazione: tanto da arrivare ad un certo punto a non avere probabilmente neanche più chiaro il quadro d’insieme, e l’entità complessiva dei debiti e dei crediti.
Aggiungo solo che sono curioso di verificare, nei prossimi giorni, se alcune delle voci che sento circolare anche su Amag (la magnificata “cassaforte” di Palazzo Rosso, il fiore all’occhiello ecc ecc…) sono almeno in parte veritiere. Speriamo di no, perché a forza di polvere sotto il tappeto qui rischiamo davvero di finire male. Naturalmente il dubitativo è d’obbligo: in questi casi il gioco del passaparola è deleterio, e ad ogni passaggio i numeri lievitano: in questo caso si parla di crediti non incassati (e chissà in che misura incassabili), per xx milioni di euro. Attendiamo news dall’assemblea dei soci per sapere davvero quanti sono, e qual è lo stato di salute reale dell’azienda.
E. G.