Alessandria specchio d’Italia?

Per il taglio della spesa pubblica “non c’è nessuna urgenza”, dicono a Palazzo Chigi. E’ bastata una boccata d’ossigeno da Bruxelles, per rimettere tutto in discussione?

Temo che siamo alle solite. Al vertice europeo si è parlato più di finanza che di economia reale, come sempre. Di 30 miliardi  che con la leva finanziaria diventeranno 300, e altri simili ragionamenti. Come a dire che si continua a scambiare il male con la cura, e a vedere nelle banche l’unico tipo di impresa da tutelare davvero.

Per noi poi, al di là di qualche giorno di tregua che potrà arrivare dalle Borse, il punto resta lo stesso, badate bene. Un Paese che non produce più beni, e in cui il capitale privato c’è eccome, ma non viene utilizzato per “fare impresa”, perché secondo chi lo detiene non vale la pena investire in questo Paese. Meglio aprire attività altrove, o puntare sulle rendite finanziare in banche svizzere.

Conseguenza: siamo indebitati e deboli, con un’economia in recessione e un’evasione fiscale che rimane altissima (e che davvero a volte è agevolata e scelta da noi tutti). Ergo, l’Italia è impossibilitata a sostenere una macchina pubblica mastodontica ed inefficiente, con un numero di enti, consorzi, dipendenti e pensionati da paura.

Alessandria, comune che si autodichiarerà ufficialmente fallito nei prossimi giorni in consiglio comunale, è da questo punto di vista l’emblema di un Paese che sta crollando, e i cui cittadini in buona parte continuano a mettere la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, per far finta di niente. Dalla classe dirigente (impreparata e spesso disonesta), fino a ognuno di noi, preoccupati di non perdere le nostre briciole di privilegio. Ma sta già accadendo, e in questa città più che altrove dovremmo ormai essercene resi conto.

Invece, sotto sotto, continuiamo a pensare che qualche santo provvederà. Non è così?

E. G.