Ho appreso con sgomento e profonda indignazione la notizia che buona parte del Fondo Ferrero è finito in discarica, insieme ad alcune locandine storiche del teatro Comunale di Alessandria. Il patrimonio di volumi lasciato in eredità al Teatro dalla famiglia di Adelio Ferrero, critico cinematografico di fama nazionale e primo presidente dell’Ata, è stato contaminato dall’amianto come il resto della struttura comunale, ma invece di essere risanato è stato distrutto.
Per stessa ammissione della presidente del Teatro Elvira Mancuso questa decisione è stata presa per non rallentare i lavori, dunque altre strade sarebbero state percorribili e avrebbero permesso di salvaguardare la memoria teatrale e culturale della nostra città.
Un patrimonio tra l’altro pubblico, che si è consapevolmente scelto di sacrificare, mi chiedo a quale prezzo.
E quale significato possiamo dare alle parole della presidente Mancuso che ha definito i volumi di Ferrero ‘vecchi libri in un armadio’, paragonandone il valore a quello di un tappeto di sua proprietà gettato via perchè contaminato dall’amianto?
La necessità di mettere in sicurezza il teatro è comprensibile, ma non lo è la rapidità con cui la presidente Mancuso e il sindaco Fabbio hanno deciso di procedere, senza informare la città a partire dal Consiglio Comunale o cercare soluzioni alternative, pur trattandosi di un bene della collettività.
Porre l’attenzione sui tempi di bonifica con così tanta foga, in questa fase, mi sembra pura demagogia elettorale: presidente e sindaco sono stati tanto superficiali allora nell’affidare i lavori alla stessa ditta che ha provocato i danni, quanto adesso nel trattare come carta straccia un patrimonio che apparteneva alla comunità e il cui valore è fuori discussione.
In queste ore, tra l’altro, cresce la preoccupazione anche per le sorti del Fondo Guazzotti, uno dei creatori dell’Azienda teatrale alessandrina. Pare che pubblicazioni di interesse storico e culturale donate dalla sua famiglia al Teatro siano andate perse, materiale che tra l’altro non fu mai fruibile in città per carenza di spazi adeguati e che avrebbe dovuto trovare una collocazione al Piccolo Teatro di Milano.
Senza storia non c’è memoria, ma chi sta operando nel nostro teatro non sembra curarsene.
Rita Rossa