Proviamo allora a fare il punto della situazione.
Ad Alessandria ad oggi ci sono in campo 16 candidati sindaco, compreso l’ultimo in ordine di presentazione sui media: Dino Foresto con Politica pulita. Foresto ha 70 anni, e un lungo passato come manager di aziende pubbliche, Amiu in particolare.
Ora il prossimo passo sarà verificare, naturalmente, se tutti e 16 gli aspiranti, e le assai più numerose liste di sostegno, passeranno il vaglio dell’ufficio elettorale di Palazzo Rosso. Con così tanti soggetti in pista, qualche intoppo non si può escludere.
Ma, soprattutto, aprile sarà il mese dei comizi, delle promesse, delle bugie più o meno consapevoli raccontate per convincere la marea di alessandrini ancora indecisi. Il 50%, più o meno.
Cosa significa però questa abbondanza di candidati ad amministrare un ente che versa in gravissime condizioni finanziarie (a prescindere dalle eventuali responsabilità che Corte dei Conti e Magistratura, con i loro tempi, prima o poi individueranno), e che nei prossimi mesi sarà costretto a politiche di rigore che ricadranno, in toto, sulle nostre spalle e nelle nostre tasche di cittadini?
E’ un segnale di crisi della politica, o invece un sintomo di vitalità “dal basso”, da parte della comunità locale?
Innanzitutto, non gasiamoci troppo: il fenomeno non è solo alessandrino. A Genova, dove si vota come da noi, la situazione è più o meno simile, con 14 candidati e un boom di liste civiche.
Si potrebbe poi osservare che là, sotto la lanterna, il centro sinistra si è confrontato in primarie vere e pure “dilanianti”, da cui il Pd è uscito sconfitto, mentre qui è largamente il partito egemone, almeno a livello di apparato, tanto che tutti gli altri componenti della coalizione allo strumento primarie hanno pure rinunciato in partenza. Ma se è per quello a Genova il centro destra è storicamente pure assai più debole che da noi, quindi il parallelo con il capoluogo ligure stoppiamolo qui.
Chi vincerà la corsa a Palazzo Rosso? Me lo hanno chiesto ancora ieri, ipotizzando un “recupero” di consenso da parte dell’attuale sindaco. Io non ci credo: sia chiaro, Fabbio, dato il contesto nel quale si sta muovendo, è bravissimo a gestire la propria comunicazione, checché ne dicano i suoi detrattori.
Paragonarlo al capitano Schettino della Costa Crociere fa scena, ma è fuorviante: quello là si è mostrato un dilettante, e se l’è data a gambe. Piercarlo è al timone ad oltranza, e nega pure che la nave sia in avaria. Anzi, con fior di argomentazioni sta cercando di spiegare agli alessandrini che grazie alla sua politica di investimenti (al contrario degli sterili sprechi precedenti) siamo in piena fase di risanamento. Altri cinque anni, e pure i più malfidati vedranno i risultati e lo ringrazieranno.
Ora, si può credergli o meno, e noi lo abbiamo sempre criticato in abbondanza. Ma non neghiamogli la patente di vero professionista della politica. Anche se quando parla di “politiche anticicliche di stampo keynesiano” un po’ si espone alla parte di azzeccagarbugli.
E anche se, naturalmente, rimane l’ambiguità di una partita in cui gli arbitri sembrano aver poca voglia di fare la loro parte, e di pronunciarsi con chiarezza e fino in fondo. Ma questa, che pure è cosa assai grave, non può essere una colpa da imputare a Fabbio.
E. G.
Ps: naturalmente anche in questa campagna elettorale tutti i candidati sorvoleranno su un tema che è invece essenziale per il futuro di Alessandria, e del Paese. I dipendenti pubblici (Comune e partecipate, nel caso specifico) sono troppi. Ma chi lo dice si becca un bel “noi non la voteremo mai”, come è successo di recente ad un dibattito a cui ho partecipato. L’onestà intellettuale non genera consenso.