Intanto ieri è saltato fuori che il debito del Comune di Alessandria (fonte sindaco Fabbio) è di 140 milioni di euro, mentre io ero rimasto intorno ai 100. Peraltro il primo cittadino sostiene che il deficit del 2012 è sostanzialmente lo stesso del 2007, e che quindi il suo quinquennio di gestione si chiude in pareggio.
Poi c’è tutta la querelle su cosa è tecnicamente il dissesto, quando va dichiarato e con quali conseguenze. Purtroppo la mia impressione è che, con questa montagna di debiti, il dissesto sia nei fatti. E nelle tasche degli alessandrini. Agli organi competenti (Corte dei Conti, Magistratura) il compito di stabilire i percorsi tecnici da compiere, e le responsabilità.
Io guardo avanti, da semplice elettore e cittadino, e penso che da giugno, e per lunghi anni, pagheremo caro, pagheremo tutto. Come si diceva un tempo, ma con un senso assai diverso. Perché a pagare, e letteralmente, saremo noi tutti attraverso tasse e tariffe ai massimi di legge.
Provate a immaginarvi quanto pagherà, ad Alessandria, una famiglia con una casa confortevole ma non da miliardari, con la nuova Imu. E pensate ad un agricoltore con un po’ di terreni che rendono una cifra prossima allo zero, e pertinenze agricole un tempo esenti, e ora iper tassate. Oppure ad una coppia con uno o più bambini in età da asilo, o con un malato o handicappato in casa. Per tanti alessandrini sta per cominciare un percorso a ostacoli troppo simile ad un calvario per far finta di niente.
E invece non solo Fabbio, ma tutto sommato anche altri candidati sindaci minimizzano. Promettono, illudono, suonano il piffero magico. Servizi sociali da mantenere e rafforzare, precari tutti assunti a tempo indeterminato. Ma quando? Ma con che soldi?
E’ una musica che ci accompagna, se non nell’abisso, sicuramente a farci tosare come pecore. Mentre c’è chi già chi traccia i prossimi passi della carriera politica dell’attuale sindaco. Chi l’ha detto che questo Paese non concede opportunità, e seconde o terze occasioni?
Ora comunque fari puntati su Torino: sperando che non ci vogliano altri trenta giorni per dirci come stanno davvero le cose.
E. G.