Stimato Direttore,
in questi giorni, certo non nell’attenzione massima dell’opinione pubblica, il Consiglio regionale sta discutendo il nuovo Piano Socio Sanitario.
Il Gruppo PRC-FDS ha presentato circa 240 emendamenti per tentare di contrastarlo al meglio. Il documento ha subito una sorta di “sterilizzazione”. E’ stato eliminato ogni possibile motivo di critica avanzata alla versione precedente: tolto lo scorporo ospedale-territorio, i fondi assicurativi, i rapporti col privato (resta solo la cessione al terzo settore); attenuato, ma ancora ben presente, l’ossessivo richiamo alla sostenibilità economica. Prima tutto si giocava sull’introduzione di un modello (quello dello scorporo tra ospedale e territorio), ora non c’è neppure più uno schema di riferimento e il Piano sembra una scatola vuota, un testo di intenti generici e vaghi, che pare ignorare l’esistente (buona parte delle indicazioni riguardano realtà già realizzate da tempo) e non affronta alcun problema concreto.
Un Piano Socio Sanitario deve presentare una analisi delle cose che non funzionano e proporre soluzioni in grado di risolvere quelle criticità. Invece quello attuale non contiene un numero, non indica obiettivi, non fissa parametri e standard. Un documento di questo tipo non può essere considerato uno strumento di pianificazione adeguato, soprattutto in una stagione di grave difficoltà economica come quella che stiamo attraversando.
L’unica manovra concreta di razionalizzazione dei costi è la solita riduzione delle consistenze organiche del personale che viene, peraltro, presentata senza alcuna previsione del risultato economico che si vorrebbe ottenere. Insomma: Cota e Monferino sembra abbiano fretta di approvare un Piano purchessia, che non dice niente, probabilmente per poter affrontare in altri contesti, nella gestione quotidiana, la riorganizzazione del sistema senza troppe interferenze politiche e sindacali.
I recenti disservizi segnalati presso l’ospedale di Casale (mancata sostituzione di primari, reparti in difficoltà) devono essere inscritti in questa filosofia. La riduzione degli sprechi, leit motiv di chi gestisce oggi la sanità piemontese, si è fattualmente realizzata sinora nel divieto di assunzione di impiegati, fisioterapisti, psicologi, assistenti sociali, educatori, nonché nella sostituzione della sola metà dei medici e degli infermieri che vanno in pensione. In breve si è ridotto di oltre 1600 unità i dipendenti della sanità (a fronte del fatto che Cota dichiara di difendere il lavoro in Piemonte!).
Qualcuno si ricorda oggi delle roboanti raccolte firme organizzate a Casale da illustri capipopolo del centro destra contro i lanzichenecchi di Valpreda che volevano chiudere il “Santo Spirito”? Che fine hanno fatto quei diuturni difensori della salute e del territorio casalese? In un periodo come questo, intriso di antipolitica, sarebbe facile rilanciare una battaglia sul medesimo terreno della demagogia scelto allora dal centro destra. Non lo faccio perché quella cultura non mi appartiene. Credo di avere il dovere, però, di richiamare una riflessione sociale e politica attenta. Contro le scelte antisociali e negative per la salute di tutti serve consapevolezza e battaglia larga e unitaria per respingerle al mittente.
Cordiali saluti.
Alberto Deambrogio
PRC-FDS Casale Monferrato