Ancora venti di crisi sull’universo dei servizi socio assistenziali alessandrini. Avrete letto come me, nei giorni scorsi, l’ennesimo sfogo di Savino Di Donna (nella foto), segretario dell’Aias, l’associazione italiana assistenza agli spatici che gestisce due centri per disabili ad Alessandria e a San Giuliano Nuovo.
Diceva Di Donna: “Per i continui ritardi nei pagamenti dei contributi, avanziamo oltre 600 mila euro dal Cissaca e dall’Asl Alessandria: ho convocato nel primo pomeriggio il consiglio di amministrazione e proporrò la chiusura dei centri diurni, mantenendo soltanto i dieci posti residenziali di San Giuliano”.
Poi non è successo, e si è deciso di resistere a oltranza, anche perché in gioco c’è il futuro di una cinquantina di disabili che, senza i servizi offerti da Aias, perderebbero non solo l’assistenza, ma anche un punto di riferimento essenziale per un percorso di socializzazione.
Cito sempre dai giornali:
“Il centro in città, in via Galimberti, è aperto durante il giorno ed ospita 41 assistiti dai 18 ai 41 anni; quello di San Giuliano, realizzato con l’intervento del Comune nelle ex scuole elementari del sobborgo, ha dieci ospiti nel solo turno diurno ed altrettanti in quello residenziale”.
Il contesto credo sia chiaro a tutti: l’Aias, come credo altre realtà, riceve i contributi in grave ritardo dal Cissaca, perchè il Cissaca a sua volta ha un credito di 8 milioni e mezzo, più o meno, da Palazzo Rosso. Considerato che Palazzo Rosso stesso dovrebbe versare al Consorzio socio assistenziale circa 2.700.000 mila euro all’anno, stiamo parlando in pratica di oltre tre annualità di ritardo, a cui andrà a sommarsi il 2012. Davvero roba da chiodi, no?
In più, aggiungiamoci l’incertezza sul futuro: per legge nazionale (fare e disfare, grande pratica italica) i Consorzi come forma organizzativa dovrebbero cessare di esistere a fine ottobre, a meno che Monti non rimetta mano anche a questa normativa.
E poi? Mica qualcuno penserà di cancellare tout court i servizi socio assistenziali, con tutto ciò che comporterebbe? Cancellarli magari no, ma ridimensionarli un altro po’, magari approfittando del passaggio ad un nuovo modello gestionale, non lo escluderei.
E se venisse davvero mandata in soffitta una realtà come il Cissaca (che fornisce servizi non solo al capoluogo, ma ad altri 21 comuni del circondario: e loro, al contrario di Alessandria, pagano le loro quote regolarmente), che cosa succederebbe?
Le ipotesi sul tappeto sono diverse, oggetto di analisi anche recenti.
Tra queste, anche affidare la gestione delle attività al comune capoluogo. Sì, quello insolvente per 8 milioni e mezzo, ad oggi. Non ridete, per favore. Piuttosto, aiutatemi a capire: secondo voi se il Consorzio chiudesse a fine ottobre, quel debito di Palazzo Rosso verrebbe comunque saldato, vero?
E. G.