Tutti insieme appassionatamente.
Destra, sinistra, centro, l’intera Seconda repubblica fa sempre finta di litigare. Ma guarda caso è sempre unita non appena si tratti di difendere privilegi, caste e rendite, ovviamente a spese pubbliche. Quale Provincia si vuole salvare?
Forse quella che ha affossato la logistica alessandrina, ma continua ad elargire stipendi e potere a società-fantasma come SLALA.
O quella che ha speso milioni di euro per la banda larga, senza dare la banda larga a nessuno. Fiumi di denaro pubblico in consulenze, acquisto di materiale inutilizzato, incarichi in CDA: tutto questo non è mai mancato in Energia e Territorio; del servizio neanche l’ombra.
O si vuole salvare la Provincia dei super-viaggi in Cina, a Parigi e chissà dove di assessori, presidenti, vicepresidenti, consulenti, a fare che, non l’ha ancora capito nessuno. Sempre farina del sacco di E.T.
O forse si vuole difendere la Provincia-parcheggio, quella dove sostano per anni politici e presunti tali che altrimenti non saprebbero cosa fare: ovviamente con lo stipendio da dipendenti alcuni o, se ti va male, di assessore o amministratore di partecipata.
O magari la Provincia che parcheggi dipendenti e funzionari in uffici perduti, dove letteralmente “non si fa niente e tutti lo sanno” purché non rompano le scatole a quell’assessore o semplicemente per i capricci di quell’altro.
O la Provincia dei dirigenti capi di gabinetto super-pagati, perché invece questi sì, di lavoro ne fanno tanto – purché non sia per la Provincia.
O forse si vuole tenere la Provincia che per interi decenni è stata serbatoio di assunzioni clientelari, vero e proprio sfogatoio di favori.
O la Provincia dove parenti degli assessori hanno un sacco di consulenze e firmano progetti, ovviamente a loro insaputa.
O la Provincia delle posizioni organizzative per meriti politici, per non dire affettivi anche qui – ché al cuore non si comanda, si sa. O forse la Provincia delle nomine a vita nelle fondazioni bancarie, senza alcun controllo dei cittadini e ormai nemmeno dei partiti: ché un amico vale più di un tesoro, anche questo si sa. E potremmo continuare.
I primi a non poterne più di questa Provincia sono i dipendenti seri – la maggior parte, quelli che cercano di fare il proprio lavoro, nonostante i politici. E poi ci sono i cittadini, quelli che pagano tutto questo, quelli che spesso non sanno tutti i particolari, ma il naso e le orecchie ce le hanno ancora, e da tempo hanno capito l’antifona.
Si obietta che alcune funzioni qualcuno deve pure svolgerle. Certo. Al netto di quelle inutili (un solo esempio per non tediare i lettori: i sevizi sociali), le possono svolgere in parte la Regioni direttamente, in parte i Comuni, che sarebbero liberi di associarsi in aree omogenee, dal punto di vista socioeconomico e soprattutto dal punto di vista della qualità gestionale e degli obiettivi, cioè della capacità di amministrare. E ben venga la concorrenza anche qui.
Come per altre situazione ben note, non sono soltanto i costi diretti della politica e della Pubblica Amministrazione a pesare come macigni sulla spesa pubblica, ma soprattutto quelli della corruzione, della cattiva amministrazione e dell’inefficienza. In una parola furti e sprechi. Se un politico costa 10 euro di stipendio, un politico corrotto e/o incapace costa mille, anche un milione, anche un miliardo alle casse pubbliche.
Questo avviene tanto più facilmente nelle Province, enti storicamente lontani dal controllo popolare e storico terreno di compensazione del conflitto spesso apparente fra maggioranze ed opposizioni italiche.
Per questo bisogna abolirle, non difenderle, come primo passo, nonché simbolo, di una nuova, reale lotta per la riforma della Pubblica Amministrazione nel senso della modernità, dell’efficienza e della vicinanza ai cittadini.
Corrado Parise