Mentre parte il conto alla rovescia per il nuovo appuntamento del sindaco Fabbio con la Corte dei Conti (il 19 gennaio, salvo nuove comunicazioni al riguardo), a Palazzo Rosso ci si confronta con la crisi che, vada come vada, sarà pesantissima.
Domenica il quotidiano La Stampa faceva l’elenco di 6 dirigenti ‘in uscita’: due rientreranno nei ranghi impiegatizi (erano stati promossi ‘pro tempore’ dall’attuale amministrazione), due sono già in età da pensione, e dovrebbero lasciare l’incarico in comcomitanza con la scadenza del mandato del primo cittadino, e altri due ancora hanno contratti a tempo determinato, e quindi in teoria dovranno cercarsi un altro lavoro.
E’ opinabile peraltro quanto afferma il quotidiano, ossia che “la nuova amministrazione dovrà far fronte alla nomina di almeno altri sei dirigenti”. Con l’aria che tira, è assai più probabile che il nuovo sindaco (o il commissario straordinario, soluzione forse più logica a questo punto) dovrà non solo ‘ingegnarsi’ per fare a meno di queste professionalità, ma anche mettere mano alla pianta organica dell’ente, e delle numerose partecipate, per avviare un processo, assolutamente doloroso, di riduzione degli organici.
In un Paese in cui non esistono più certezze, e in cui gran parte della popolazione (soprattutto, paradossalmente, la più qualificata) è costretta ad inventarsi continuamente nuove strade professionali per far quadrare il bilancio, fa un po’ tenerezza constatare che ci sono milioni di persone ancora convinte di aver diritto al posto pubblico, fisso e a tempo indeterminato, solo perché un giorno più o meno lontano hanno vinto il ‘concorso’.
Sia chiaro, sarei felicissimo che i quattro milioni di dipendenti pubblici (e i 2.000 che lavorano in Comune e nelle partecipate) potesse arrivare tutte alla pensione, e anzi che gli organici, già che ci siamo, potessero essere ‘rimpolpati’, per assorbire una parte dei tanti laureati con occupazioni precarie o finte.
Tuttavia un po’ di sano realismo è necessario: la crisi che stiamo vivendo non è momentanea, ma strutturale. Io non credo che il mondo finirà il 21 dicembre, e ho persino seri dubbi che il sindaco Fabbio tolga il disturbo prima di maggio. Anzi, se le autorità competenti gli lasceranno, come hanno fatto finora, il beneficio del dubbio e una porta socchiusa, secondo me ce lo ritroveremo candidato, e pronto a giocarsi la rielezione.
E però qui ci si sta confrontando con un cambiamento epocale doloroso, e appena cominciato: non credo che basterà massacrare ulteriormente, con balzelli diretti e indiretti (dall’Imu alla benzina e a tutti i servizi) i pensionati e i lavoratori dipendenti, non stavolta. E neppure servono a molto le spedizioni punitive ‘esemplari’, come quella di Cortina. Anzi, se è vero che esiste in Italia un’evasione fiscale da 250-300 miliardi di euro l’anno, allora vorremmo anche sapere perchè, fino ad oggi, abbiamo mantenuto un fior di apparato deputato a combatterla. Quanto ci è costato? E perché costoro non hanno fatto il loro dovere? Incapacità o connivenza (o un equilibrato mix di entrambe) conta davvero poco, spero concorderete.
Comunque, torniamo ‘a bomba’. Secondo voi per risanare il Comune di Alessandria basterà sostituire (o eliminare) qualche figura dirigenziale, o serve una ricetta più drastica? E quale? Continuare a prendercela, in maniera generica, con i politici ladri è percorso sterile, porta ad un vicolo cieco.
Da oggi in poi speriamo che i candidati sindaco di Alessandria (ma non necessariamente solo loro) ci dicano cosa davvero propongono per il nostro futuro di comunità. Li ascolteremo con attenzione.
E. G.