“E’ vero, mi citano ormai piuttosto spesso sui grandi media nazionali, e indubbiamente essere contattati da affermati analisti politici che vogliono avere il mio punto di vista su vicende come la legge elettorale o la Rai non può che farmi piacere: non per vanità personale, ma perché significa che evidentemente lavorare seriamente sui numeri e sui dati anziché partecipare a risse verbali ha ancora un senso”.
Il senatore Federico Fornaro, oltre ad essere segnalato dalle statistiche come uno degli stakanovisti del nostro Parlamento in termini sia di presenze che di produttività, è ormai indicato dalla cronache politiche come uno dei leader della fronda ‘ribelle’ del PD (“ci chiamano in tutti i modi ormai, ultimamente persino vietcong. Mi va bene tutto ma non dissidenti per favore: fa troppo regime stalinista”), ossia di quel nutrito gruppo di circa 30 senatori e 40 deputati che, rispetto a temi centralissimi come la legge elettorale, la riforma del Senato ma anche le unioni civili o l’eliminazione della tassa sulla prima casa appaiono in costante disaccordo con il premier Renzi. Di cui, è evidente, mal digeriscono l’approccio da ‘uomo solo al comando’, che in nome della modernizzazione rispetto alla vecchia politica ‘paludata’ pare sempre più spesso insofferente a passaggi democratici come la dialettica parlamentare e il confronto con i corpi intermedi.
Cosa succederà dunque, in Parlamento ma più ancora all’interno dello stesso PD nelle prossime settimane? L’autunno si annuncia davvero ‘incandescente’, come molti sostengono, e c’è davvero la possibilità di un voto politico anticipato alla prossima primavera, anziché arrivare alla scadenza naturale del 2018? Se due anni e mezzo, sbarcando per la prima volta nei palazzi della politica romana, il senatore Fornaro era indubbiamente uno dei tanti ‘peones’ di provincia, oggi certamente non è più così, ed è fra coloro che hanno davvero ‘il polso’ della situazione, e in qualche modo la possibilità di modificarla.
Senatore, i lavori in Senato sono ripresi solo da qualche giorno, e si sente già un gran vibrare di sciabole. Però settimana scorsa il premier Renzi ha usato riferendosi alla minoranza PD toni assai più ‘accomodanti’ che in passato. Cosa dobbiamo aspettarci?
(sospira, e impugna la biro, tracciando piccoli schemi su un foglio, ndr) E’ vero, sono toni molto lontani dalla demonizzazione e dalla drammatizzazione che hanno caratterizzato la narrazione delle ultime settimane. Bisogna però adesso che Renzi abbia il coraggio di affrontare il nodo dell’elettività e delle funzioni del nuovo Senato, accettando di intervenire sull’articolo 2. Ma faccio un passo indietro. Ci sono all’orizzonte tre grandi questioni, destinate a tener banco nelle prossime settimane, e comunque a dirimersi, in un modo o nell’altro, entro fine anno. Sono la riforma del Senato (e più in generale la riforma Costituzionale), le unioni civili e naturalmente la legge di stabilità, con tutto ciò che ne consegue. Sicuramente il lavoro non ci mancherà, e siamo pronti a fare la nostra parte.
Il che significa nuovi scontri all’orizzonte tra la minoranza PD e il premier? La vera opposizione sembra la stiate facendo voi….
In realtà la Lega ha presentato più di 500 mila emendamenti sul fronte riforme, e diverse altre migliaia sono quelli di altri partiti sul tema delle unioni civili. Noi minoranza PD abbiamo sempre avuto un atteggiamento franco e trasparente, e non è per niente vero che siamo conservatori, e che vogliamo che nulla cambi. Tanto che, due mesi fa, abbiamo presentato un documento che ha per titolo ‘Avanti con la riforma costituzionale’. Ma attenzione: si sta parlando di modificare alcune decine di articoli della costituzione del 1948 (figlia di un’altra epoca, di un altro secolo, siamo d’accordo), ed è lo stesso articolo 138 a prevedere che lo si possa fare, ma solo attraverso determinati percorsi che sono anche di verifica, di riflessione, di confronto. Dopo l’approvazione dell’Italicum, questa riforma rischia di consegnarci un Parlamento con alla Camera 630 deputati di cui il 60% scelto dalle segreterie dei partiti, con il meccanismo dei capolista ‘bloccati’. E con un Senato di 100 persone scelte, anch’esse, direttamente dalla politica attraverso i consigli regionali. A noi dissentire, anche duramente, ma avanzando sempre proposte alternative chiare, pare più che doveroso: è necessario, per continuare a far sì che i rappresentanti parlamentari siano scelti dagli elettori. E attenzione: approvare la riforma con qualche voto in più ma avendo contro tutte le opposizioni e non avendo trovato una soluzione unitaria nel Pd non sarebbe una vittoria ma in realtà una sconfitta per il Governo.
Ma se così non fosse, e se non riuscirete ad approdare a risultati per voi soddisfacenti, si potrebbe arrivare alla scissione?
Credo che la scissione del PD non convenga a nessuno, e men che meno in questo momento al Paese. Il PD, lo ribadisco, è casa nostra non meno di quanto lo sia di Matteo Renzi, e sono altri che, strumentalmente, agitano lo spettro della scissione, forse per impedire un normale, per quanto aspro, esercizio della dialettica parlamentare. Noi argomentiamo le nostre posizioni, chiediamo di discutere con trasparenza, e di spiegare ai cittadini cosa si sta facendo, e perché.
Spieghiamo dunque, a partire dal Senato: perché volete che rimanga elettivo? Oppure, perché mai i renziani vogliono che ad eleggere i senatori sia la politica stessa e non più i cittadini.
Ecco, bravo: con una battuta le direi che questo sarebbe meglio chiederlo a loro. In realtà noi sottolineiamo da mesi che non è vero che siamo contrari al superamento del bicameralismo perfetto. Il mondo è cambiato, oggi lo scenario è ben diverso da quello degli anni che partorirono la costituzione: e, in particolare, siamo quindi favorevoli al fatto che rimanga una sola Camera a dover dare la fiducia, e che il Senato si trasformi guardando ai territori, ma anche con compiti di garanzia. Il discrimen rimane però l’altro: ossia che il Senato vogliamo sia eletto dai cittadini, non dalla politica. Questo a noi pare un principio assolutamente democratico, invalicabile. Ma poi c’è proprio un rischio di incostituzionalità: a stabilire che il Senato è un organo eletto dal popolo, infatti, è la Costituzione. Per cui l’articolo 2 del testo di legge che è stato modificato alla Camera (ed è quindi tornato al Senato per una nuova prima lettura, e non per l’approvazione definitiva),là dove dice che i senatori vengono eletti dai consigli regionali, rischia anche di essere bocciato dalla Corte Costituzionale. Speriamo quindi davvero che da qui a metà ottobre si possa trovare un accordo, e una soluzione condivisa.
Anche perché, Senatore Fornaro, come lei ci ricordava incombono almeno altri due grandi temi. La vicenda delle unioni civili come finirà? Con un accordo ‘al ribasso’, per accontentare un po’ tutti?
Certamente questa è un’altra questione da definire in tempi brevi, e su cui ci sono sensibilità molto diverse. Il disegno di legge Cirinnà, che arriva dopo anni di riflessioni e confronti, certamente non è un testo da traguardi ambiziosi e innovativi, ma punta al minimo sindacale, diciamo così. Ossia riconosce alle coppie non etero sessuali alcuni diritti, ma non ancora il matrimonio. E’ una soluzione ispirata al modello tedesco, su cui però il PD rischia non poco, perché non solo l’universo LGTB, ma milioni di coppie omosessuali potrebbero ritenerci responsabili di una soluzione decisamente ‘al ribasso’. Noto con non poco stupore che Matteo Renzi, che su altri fronti manifesta propositi fortemente innovativi, sulle unioni civili ha concesso ai nostri gruppi parlamentari piena libertà di coscienza: qui sì, e sulle riforme costituzionali no. Ognuno valuti e dia l’interpretazione che crede.
Terzo grande tema, senatore Fornaro, è la legge di stabilità: Renzi va dicendo a destra e a manca che la ripresa italiana è già cominciata, e soprattutto che nel 2016 le tasse diminuiranno drasticamente. In particolare, via del tutto l’odiata imposta sulla prima casa, Tasi o Imu che dir si voglia. Che era già il cavallo di battaglia dell’odiato (e ora vostro quasi alleato) ex Cavalier Berlusconi, a pensarci bene….
(sospira, ndr) Le tasse sono una cosa seria, e che in Italia ridurle sia indispensabile, se si vuole stimolare una vera ripartenza dell’economia, lo sostengono tutti gli analisi. Il punto è come e dove intervenire. Noi rimaniamo convinti che a dover essere ridotte, e in maniera consistente, siano le tasse sul lavoro, e sulle imprese. Solo così riusciremo a far ripartire davvero la nostra economia. Segnalo invece che l’imposta sulla casa esiste in 26 dei 27 paesi dell’Unione Europea, e mai neanche per sbaglio Merkel o Hollande si sono sognati di metterla in discussione. Questo è sempre stato, invece, un cavallo di battaglia, un po’demagogico, della destra italiana, per cui l’uscita estemporanea del nostro premier mi ha lasciato perplesso. Sono d’accordo sull’abolire la Tasi, che conti alla mano (mi spiace dire ‘l’avevo detto’, ma è così) si è rivelata, per un meccanismo legato alle detrazioni, più iniqua dell’Imu. Il principio, però, di tassare la casa, intesa come patrimonio, e con quelle risorse finanziare la finanza locale e in primis i comuni, è sacrosanto. A meno di non voler dire chiaro agli italiani ‘vi tagliamo gran parte dei servizi, sanità compresa’. Una proposta noi l’abbiamo, ed è tornare all’Imu, ma con un sistema di detrazioni che passi dai vecchi 200 euro (che di fatto esentava già il 25% delle prime case) a 400 euro: in questo modo si esenterebbe dalla tassa sulla prima casa il 64% di abitazioni, con una riduzione di introiti di 2,1 miliardi di euro, anziché i 4 miliardi dell’esenzione totale. Se invece l’idea è quella di mettere sullo stesso piano l’appartamento o la casetta di periferia e l’attico di via Montenapoleone, mi spiace ma non ci sto: mi sembra iniquo. E significherebbe caricare altri debiti sulle spalle delle generazioni future.
Il punto, Senatore, è che nonostante gli slogan di Renzi e del sistema mediatico che lo sostiene a spada tratta, l’impressione è che la coperta sia sempre più corta, e che la scelta del premier e di chi lo sostiene sia: scarichiamo i tagli sui territori, e decidano loro il da farsi.
E’ proprio quello che noi vogliamo evitare: perché, semplicemente, molti comuni di polpa già ne hanno più, siamo ad incidere sull’osso. Così come un conto è razionalizzare gli sprechi, altro pensare di far quadrare i conti tagliando in maniera sistematica servizi sanitari e servizi sociali. Tutto ciò avrebbe conseguenze tremende sulle fasce più deboli della popolazione, e mi pare sia l’esatto contrario di quel che dovrebbe fare un governo di centro sinistra.
A proposito di Comuni: dalle nostre parti ormai si lamentano tutti. Anche quelli che hanno bilanci sani, ma che dicono di non poter fare investimenti a causa del capestro del patto di stabilità: a che punto è il suo superamento?
In realtà già nel 2015 il patto di stabilità è stato fortemente ridotto, e dal 2016 sarà sostituito dall’equilibrio di bilancio. Ma certamente l’ultimo, ulteriore taglio di 1,2 miliardi di euro ha messo molte amministrazioni comunali in ginocchio, e francamente da due esponenti governativi come Renzi e Del Rio, che in passato sono stati anche sindaci e sanno quindi di cosa si sta parlando, mi sarei aspettato un atteggiamento diverso. A casa nostra, poi, rimane aperta la questione dei rimborsi ai privati per i danni causati dalle alluvioni del 2014. Ad oggi a bilancio le risorse semplicemente non ci sono, ma un governo serio non può fare finta di niente.
Senatore Fornaro, quanto hanno torto gli osservatori che ritengono Renzi figlio o figlioccio, sul piano culturale e del metodo, di Silvio Berlusconi? Francamente, analizzando le situazioni una per una, si vede una distanza siderale tra il premier e i valori della sinistra classica: quella al governo è la sinistra moderna, o una nuova destra liberista?
Non accetto la semplificazione Renzi erede di Berlusconi. Renzi fino a prova contraria è il segretario del Partito Democratico, e nel PD ci sono tanti esponenti (e anche la gran parte degli elettori, credo), che il berlusconismo lo hanno sempre avversato. Vero è però che, se indosso i panni dell’analista, non vedo in questo governo l’uscita dal berlusconismo, ma semmai per certi versi la sua continuità. Penso in particolare all’avversione e quasi ossessione per i corpi intermedi, a partire dai sindacati visti come un residuo del passato, e messi costantemente sotto attacco, e appunto all’incredibile affinità tra Renzi e Berlusconi sul fronte della tassazione sulla casa. Il linguaggio del premier poi è spesso preoccupante, e sempre più spesso tende a parlare della sinistra come altro da sé: su questo tema si chiarisca, e ci chiarisca, perché noi invece ci sentiamo profondamente di sinistra, e legati ai valori dell’Ulivo degli anni Novanta, non a quelli di Forza Italia del 1994, che invece ci sembra di sentire riecheggiare sempre più spesso.
Con questi presupposti, senatore Fornaro, lei scommetterebbe sulla conclusione naturale della legislatura? Insomma, si voterà nella primavera del 2018, o prima?
Io credo che si debba fare tutto il possibile per arrivare alla fine della legislatura, e che ci si debba arrivare completando con serietà le riforme, e creando le condizioni per un vero risanamento e rilancio del paese. Semplicemente lo stile non può però essere quello dell’uomo solo al comando, che decide e impone, anche se mi rendo conto che sia una semplificazione che a volte, a livello mediatico, funziona. Ma, ancora una volta, faccio l’analista e invito Renzi e renziani a studiare con attenzione non tanto i sondaggi, quanto i risultati delle elezioni 2015. Lì il centro sinistra non solo ha subìto un arretramento di voti in termini assoluti, ma ha perso 11 ballottaggi su 12 nei comuni capoluogo. Questo succede quando smetti di dialogare con gli altri soggetti politici, soprattutto alla tua sinistra, e pensi di poterti sempre imporre, anziché confrontarti. E, attenzione, la nuova legge elettorale, l’Italicum, avrà nel meccanismo dei ballottaggi uno dei suoi pilastri.
Una battuta finale senatore: nelle riunioni coi gruppi parlamentari Renzi continua a chiamarla Fornaro, mentre a quasi tutti gli altri dà del tu?
(sorride divertito, ndr) Finora in effetti è stato così: ma dovremmo rincontrare il premier a breve. Se ci fossero novità le faccio sapere!
Ettore Grassano