“Un incontro col sindaco Rossa nei giorni scorsi c’è stato, e abbiamo come sindacati ribadito chiaramente la nostra posizione, che è poi quella di sempre: chiarezza sul futuro dei lavoratori, e dei servizi. Ora aspettiamo un progetto nero su bianco, come si dice in questi casi. Là dove si è sviluppato il dialogo, ossia in Atm, la strada del risanamento è stata imboccata, sia pur con qualche punto interrogativo legato alla situazione in Regione. Quella, quindi, è la strada giusta su cui procedere”. Aldo Gregori, segretario provinciale della Uil, giusto un paio di settimane fa, al fianco dei colleghi Tiberti (Cgil) e Ferraris (Uil) ha quasi rotto un tabù, sostenendo la tesi (a proposito delle Terme di Acqui): “meglio una buona privatizzazione, che una pessima gestione pubblica”. Ma si svilupperà davvero il percorso di privatizzazione delle Terme? E a quali condizioni? Ed il teorema della ‘buona privatizzazione’ è soluzione una tantum, o significa che i sindacati stanno cambiando complessivamente atteggiamento sul fronte dei servizi pubblici, e della loro gestione?
Segretario Gregori, nelle scorse settimane Cgil, Cisl e Uil hanno infranto, almeno a parole, il tabù della privatizzazione di un’azienda pubblica, nella fattispecie le Terme. Che succederà su quel fronte? E può essere un’incrinatura che porterà ad un nuovo approccio nei confronti dei servizi pubblici?
No, non mescoliamo troppo le carte, e le situazioni. Ad Acqui c’è una situazione drammatica, che abbiamo credo descritto con precisione. C’è un’azienda pubblica, controllata dalla Regione Piemonte, che perde soldi, e funziona poco. Allora noi diciamo: in un caso simile una buona privatizzazione (ma deve essere buona, appunto: non una speculazione) forse potrebbe servire a ridare fiato e gambe al business termale, e a tutto il territorio acquese. E allora parliamone, ma fateci verificare qual è il progetto, cosa dice il bando e così via. Ad oggi, mi pare tornato tutto in alto mare e, con la Regione nell’emergenza che sappiamo, c’è poco da stare allegri.
Quindi, per capire: non vi siete, come Triplice, convertiti al modello ‘privatizziamo i servizi pubblici”….
Ma quando mai. Anzi, nei giorni scorsi abbiamo avuto, finalmente, un incontro a tutto campo con il sindaco di Alessandria, Rita Rossa. E abbiamo ribadito le nostre richieste, in termini di chiarezza prima di tutto. Ossia: se ai primi di febbraio il Comune confermerà al Ministero i numeri del bilancio, noi chiediamo di sapere, come si arriverà a quei numeri, e quali saranno le ripercussioni per i dipendenti di Palazzo Rosso e delle partecipate. Che hanno già pagato, in questi due anni, un conto fin troppo salato….
Però, in fin dei conti, i temuti licenziamenti di massa non ci sono stati…
Se non siamo arrivati a tanto, lo si deve solo alle barricate del sindacato, e certo anche al fatto che non tutti, nella maggioranza di Rita Rossa, erano d’accordo con la linea enfaticamente enunciata dal primo assessore al Bilancio, e poi presidente Amag, Pietro Bianchi. Ormai peraltro rimosso anche da lì mi pare. In ogni caso, il conto è stato egualmente molto salato. Penso ai tanti precari non confermati dalle diverse realtà, ai 15 dipendenti del Tra il cui futuro, alla fine della cassa in deroga regionale, è ancora assolutamente nebuloso, e agli altri lavoratori di Aspal e Costruire Insieme. Il quadro non è incoraggiante: ma noi continuiamo a chiedere un confronto aperto e trasparente, come si è fatto per Atm.
Anche lì però le incertezze non mancano…
Diciamo che si deve vigilare, soprattutto sul fronte della Regione, che sta vivendo la precarietà e l’incertezza che sappiamo, e che è chiamata a mantenere i patti, sul fronte degli ammortizzatori sociali come degli investimenti per il rilancio di Atm. Però lì dialogo e confronto non sono mai mancati, per fortuna.
E sul fronte rifiuti? La voce che gira in città è: in Amiu sono tutti socialisti. Voi, come Uil, cosa dite?
Io dico prima di tutto che la prima repubblica è finita vent’anni fa, e non possiamo vivere di stereotipi. Ma se assunzioni non indispensabili ci sono state, negli ultimi anni in Amiu, non credo proprio che abbiano matrice socialista. In ogni caso, bisogna gestire il presente, e costruire il futuro. In Amiu una parte dei lavoratori, sostenuti dalla Cisl, ha ritenuto di impugnare il fallimento, e vedremo cosa succederà. Noi e la Cgil abbiamo fatto una scelta diversa (e parlo sempre di valutazioni di competenza delle singole categorie, sia chiaro), ritenendo che tornare indietro sarebbe rischioso. In ogni caso vedremo cosa verrà deciso, e attendiamo di sapere quale strada si intende percorrere sul fronte della riorganizzazione della filiera dei rifiuti.
E in Amag che succederà? Che pensate della tabula rasa del consiglio di amministrazione a cui si è arrivati nei giorni scorsi?
Lì non possiamo che auspicare il rapido insediamento di un management forte e capace, e di un cda altrettanto solido. Non nascondiamocelo: il livello di confronto tra il presidente uscente Bianchi e il sindacato era purtroppo inesistente, e non certo per nostra scelta. E sappiamo bene che anche i rapporti tra presidente e amministrazione delegato erano assolutamente precari. Tutto ciò ha certamente indebolito quella che spesso in passato è stata definita ‘la cassaforte’ di Palazzo Rosso. Al punto che, per dire, al momento Amag non ha ancora pagato ai suoi dipendenti la produttività 2013. Considerato poi che alle porte ci sono le scadenze legate alla gara del gas, è più che mai opportuno ridare all’azienda una governance di livello.
Però, segretario Gregori, all’interno della maggioranza di centro sinistra del comune di Alessandria c’è chi, come i Moderati guidati da Cesare Miraglia, sostiene che le reti del gas devono rimanere pubbliche, punto e basta: voi come la pensate?
Certamente esiste una normativa di legge, che andrà applicata. Detto questo, esistono servizi su cui è opportuno che il pubblico continui ad esercitare un controllo determinante, perché essenziali per la comunità. E il gas è uno di questi. Bisogna insomma evitare svendite, e soprattutto speculazioni.
Ma oggi, dal suo punto di vista, cosa manca davvero ad Alessandria per ripartire?
(sospira, ndr) Sono quasi due anni che chiediamo un progetto collettivo, e condiviso. Che ripetiamo che le riorganizzazioni si possono e devono fare, ma non sulla pelle dei lavoratori: la strada è sedersi ad un tavolo, anzi a più tavoli, e numeri alla mano individuare soluzioni percorribili, che ci sono, capaci di migliorare l’efficienza dei servizi, salvaguardando l’occupazione. Ecco: ad Alessandria purtroppo, almeno fino ad oggi, per ripartire è mancato il progetto complessivo, la visione di dove si vuole davvero andare a parare.
Nei prossimi mesi la Uil andrà a congresso, e pare che il vostro segretario nazionale, Angeletti, passerà la mano, dopo un mandato certamente non breve. Lei, Gregori, che farà?
Ne parleremo nelle prossime settimane, ci confronteremo. Ma sono in scadenza del mio primo mandato quadriennale, e non le nascondo che la mia intenzione ad oggi è di ricandidarmi: siamo a metà del guado su tanti fronti e progetti, e mi piacerebbe portarli a compimento.
Ettore Grassano