Ieri in tribunale, a margine dell’ultima udienza del processo al polo chimico antecedente ai due mesi di sacra pausa estiva, abbiamo incontrato Lino Balza. Tutto vestito in bianco, sembrava un Mauro Rostagno versione mandrogna, e naturalmente non intendiamo in alcun modo portargli rogna, con questo lusinghiero paragone. Alessandria, comunque sia, non è la Sicilia, e qui da noi i (pochissimi, in verità) ‘disturbatori’ che cantano fuori dal coro vengono osteggiati silenziosamente, magari emarginati mediaticamente, ma non si è mai andati oltre, per fortuna.
L’altro giorno Balza ha pubblicato sul sito di Medicina Democratica alcune considerazioni non proprio lusinghiere sui media alessandrini, e ieri abbiamo avuto modo di scambiare, al riguardo, qualche rapida considerazione ‘al volo’. Naturalmente l’attenzione di Lino è rivolta alla vicenda Solvay, ma tutto sommato apre spazi per considerazioni un po’ più generali.
La tesi di Balza è che molti dei suoi interventi sulla vicenda dell’inquinamento generato dal polo chimico spinettese vengano ignorati o marginalizzati dai media in maniera ‘pelosa’. Ossia, se non per avvenuto ‘addolcimento’ (della strategia Adoucir les journalistes si parla negli atti del processo), quanto meno per timore reverenziale, leggi paura di querele da parte di una multinazionale che, è chiaro, potenzialmente non ci metterebbe nulla a fare un sol boccone di qualche piccolo giornaletto o free lance locale. E non apriamo qui la parentesi sulla condizione ‘larvale’ della categoria dei giornalisti: diciamo solo che è paradossale e un po’ surreale vederli scrivere quotidiananamente di diritti lavorativi (quelli del parastato, ad esempio) che molti di loro non hanno mai avuto, e mai avranno. Ma torniamo a bomba.
A onor del vero, noi possiamo testimoniare che, dal 2007, esprimiamo liberamente sul territorio il nostro punto di vista (che è roba diversa dal muovere attacchi non dimostrabili), senza che nessuno abbia mia provato a minacciarci, né ad ‘addolcirci’. Quindi o siamo così piccoli da non essere neppure presi in considerazione (eppure una serie di altri segnali ci dicono il contrario: pur rimanendo la vanità una brutta bestia, da terere sotto controllo), oppure significa che qualche spazio di libero dibattito e riflessione esiste ancora. Basta prenderselo, in fin dei conti.
La vicenda polo chimico-Solvay, abbiamo sostenuto ieri chiacchierando con Balza, mediamente i cronisti alessandrini la stanno raccontando correttamente: certo, non c’è, a parte il battitore libero Balza, nessun giornale che abbia deciso di intraprendere una crociata ‘ambientalista’, su questo tema. Ma questo dipende, probabilmente, dal fatto che non esiste neppure al riguardo un movimento di opinione rilevante, non diciamo politico (che ormai è considerata, ingiustamente e tout court, una parolaccia), ma neppure sociale. Ci provano, ogni tanto, i 5 Stelle. Ma anche loro, se decidono di attaccare questo o quell’amministratore o dirigente pubblico per i suoi guadagni ‘smuovono’ le masse, se si pongono nell’ottica di affrontare tematiche rilevanti per la salute pubblica, ottengono riscontri tiepidi.
E questo, probabimente, dipende dal fatto che siamo una comunità, e un Paese, pronti a ‘rosicare’ e a scandalizzarci se il nostro vicino si arricchisce un po’ troppo, ma assolutamente indifferenti a fenomeni di grave inquinamento, potenzialmente devastanti (e naturalmente stiamo sempre ragionando in astratto). Ma la colpa, una volta tanto, non è certamente dei giornalisti. O almeno non è soltanto nostra.
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