“Il distretto dolciario novese è senz’altro una realtà produttiva dinamica e vitale: il rammarico semmai è di aver provato a farlo diventare sistema, senza riuscirci. Ma forse è giusto così, e il nostro individualismo è anch’esso una virtù imprenditoriale importante”. Incontriamo Luigi Serra, contitolare con la sorella Alessandra della Serra Dolciaria, una mattina nebbiosa, nello stabilimento dell’azienda, di fronte alla Campari, zona industriale di Novi.
Ed è l’occasione non solo per raccontare una storia d’impresa sana e in crescita, a dispetto di crisi e ‘stagnazione’ permanenti, ma anche per fare il punto sullo scenario del paese, da un osservatorio autorevole. Luigi Serra è stato infatti in passato vice presidente di Confindustria Alessandria, ma soprattutto occupa oggi ruoli di rilievo nello ‘scacchiere’ confindustriale nazionale: è infatti presidente dei Sistemi Informativi di Confindustria, e dal 2013 vice presidente esecutivo (presidente è Emma Marcegaglia) della Luiss, università privata di prestigio, fiore all’occhiello degli industriali italiani, e oggi più che mai ‘contraltare’ positivo rispetto al tribulato percorso del Sole 24 Ore. Parleremo anche di questo.
Presidente Serra, c’è ancora vitalità nel distretto industriale novese?
Assolutamente sì: così come, sia pur con luci e ombre, c’è vitalità in tutta l’economia italiana, e anche alessandrina. Si diceva un tempo che Alessandria ha sempre vissuto, dal punto di vista imprenditoriale, una ‘marginalità felice’: mai ai vertici, ma mai davvero in difficoltà tragiche. Mi pare sia ancora così, tutto sommato: anche se ovviamente una stagnazione che si protrae dal 2008 non può non lasciare il segno.
La sua è un’azienda ‘di famiglia’: come state andando?
Siamo soddisfatti, e guardiamo con fiducia al futuro. Storicamente arriviamo dall’area di Serravalle, più o meno dove oggi sorge l’Outlet. Dagli anni Novanta (mio padre è scomparso nel 1990) siamo mia sorella ed io ad occuparci dell’azienda, dividendoci equamente i compiti: lei si occupa di tutta la parte produttiva e gestionale interna, io della commercializzazione, e delle relazioni col mondo. Ci siamo trasferiti qui, nella zona industriale di Novi, nel 2005, valorizzando la vecchia area, e realizzando questa nuova struttura, su un’area di 36 mila metri quadrati. Puntiamo molto sull’innovazione di processo e tecnologica, ma anche sulla qualità dei prodotti.
Con utilizzo di materie prime locali?
Diciamo italiane al 100%, dallo zucchero alle 8 linee di ingredienti naturali, che rimandano ad altrettante specificità territoriali: dalla menta piemontese al miele italiano, alla pera dell’Emilia all’arancia rossa di Sicilia o alla mela rossa di Cuneo, per fare qualche esempio. Tutti prodotti rigorosamente dop e igp, e questa attenzione alla naturalità oggi dal mercato viene assolutamente apprezzata. Produciamo circa 12 tonnellate di caramelle al giorno, con 40 dipendenti che lavorano su due turni. Il nostro mercato è quello della grande distribuzione (supermercati e ipermercati), con il 15% di esportazione.
Qual è il rapporto con le altre realtà della filiera agroalimentare del novese?
Ottimo naturalmente, anche se i tentativi messi a punto in passato di mettere a punto forme di sinergia avanzate non hanno dato frutti significativi. Siamo un distretto importante, ma che non fa sistema. Però naturalmente l’importante è che dalle singole realtà del comparto arrivino segnali di vitalità e dinamismo, e mi pare che sia così.
Lei ha occupato e occupa ruoli di rilievo anche all’interno del ‘sistema’ Confindustria: cosa ci si deve attendere dal processo di aggregazione pluriprovinciale, che per quanto ci riguarda significa ‘matrimonio’ di Alessandria con Vercelli e Novara?
Niente di traumatico, ma un graduale percorso di razionalizzazione, non solo per diminuire i costi, ma per aumentare l’efficienza. Per arrivare a regime ci vorranno credo ancora un paio d’anni, ma l’obiettivo è passare dalle attuali cento territoriali a poco più di trenta.
Saranno chiuse sedi, e licenziati dipendenti?
No, lo escludo. Ci sarà uno snellimento degli organi di governance, e una forte ‘specializzazione’ delle diverse realtà provinciali, in base a vocazioni e competenze. Confindustria Alessandria, in particolare, è una realtà sana, da sempre gestita con grande concretezza e prudenza, solida sia sul fronte mobiliare che immobiliare: non ha nulla da temere.
Il Sole 24 Ore invece naviga in mari tempestosi: come pensate di intervenire?
Da qualche settimana è al lavoro il nuovo amministratore delegato, che presenterà un piano di riorganizzazione e risanamento. Il sistema Confindustria reperirà sicuramente al suo interno le risorse necessarie al rilancio: Il Sole rimane un asset fondamentale, a cui crediamo e su cui investiremo.
Ben altra musica si suona invece alla Luiss: ‘l’Università di Confindustria’ di cui lei è vice presidente esecutivo, macina record e utili…
Luiss è in effetti un vero fiore all’occhiello, con numeri che parlano da soli: 9 mila studenti, circa 100 milioni di fatturato, un rapporto di 1 a 7 fra studenti e docenti, e un legame sempre più stretto con il mercato del lavoro non solo italiano, ma europeo, e anche mediterraneo. Perché questa è una delle nostre sfide più interessanti: fare in modo che la nostra Università (che da settembre 2017 affiancherà alla sua storica sede romana anche una sede milanese, in via Massimo D’Azeglio, in zona Porta Garibaldi-Piazza Gae Aulenti) diventi sempre più un laboratorio di formazione della nuova classe dirigente internazionale oltre che italiana: guardando all’Europa, ma anche a quel Mediterraneo che sarà sempre più strategico, dal punto di vista economico-imprenditoriale, nei prossimi decenni.
Presidente Serra, impossibile non dare uno sguardo allo scenario politico del paese: dopo la Brexit e Trump, ecco Renxit, ha ironizzato qualcuno. Confindustria sull’ormai ex premier aveva puntato parecchio. Ora che succederà?
Più che in Renzi, che ha commesso certamente diversi errori, gli industriali hanno creduto, e credono, nella necessità di riforme serie e profonde, indispensabili perché il nostro paese possa ripartire davvero. Non ci sarà nessun diluvio credo, ora che Renzi si è dimesso: il sistema terrà, perché l’Italia per fortuna ha dosi di saggezza generale, e buon senso diffuso. Ovviamente l’auspicio è che si trovi presto un’intesa sulla legge elettorale, e che poi si vada alle urne. Ci servono le riforme, ma ci serve ancor di più in questo momento ‘svelenire’ il clima generale, e tornare ad avere tutti una comune fiducia nel sistema Paese.
Ettore Grassano