Da poco più di un mese ha sostituito la professoressa Graziella Berta alla direzione del Disit (il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica dell’Università del Piemonte Orientale), ma all’interno del ‘polo scientifico’ dell’ateneo alessandrino il professor Leonardo Marchese, ordinario di chimica-fisica dei materiali, è tutt’altro che una new entry: “anzi, direi uno dei padri fondatori – sorride, ricevendoci nel suo ufficio al secondo piano del Disit -: sono qui dal 1993, e qui si è sviluppato tutta la mia carriera universitaria: sono ordinario dal 2005, e fino a qualche mese fa ho affiancato la professoressa Berta come vice direttore del Disit”. Soluzione all’insegna della continuità insomma, per il Dipartimento con sede nella moderna struttura del quartiere Orti di Alessandria, che da diversi anni è ormai un vero e proprio ‘fiore all’occhiello’ per l’ateneo ‘tripolare’ del Piemonte Orientale, sia sul fronte della qualità della ricerca (e dei laboratori), che su quello della didattica. E nella conversazione con il professor Marchese partiamo proprio da quest’ultimo punto: “I numeri aggiornati sono eloquenti: oggi il Disit ha circa 1.700 iscritti, di cui 1230 ad Alessandria, e il resto a Vercelli. Le matricole quest’anno sono 435 ad Alessandria, e 253 a Vercelli, segno indubbio di capacità ‘attrattiva’ di entrambe le sedi”.
Proprio la scelta di ‘duplicare’ i corsi alessandrini a Vercelli (in particolare informatica e biologica, senza numero chiuso: mentre chimica rimane per ora uno specifico alessandrino) si sta dimostrando, da due anni, un percorso ‘vincente’, poiché probabilmente la sede vercellese rappresenta una soluzione interessante per gli studenti di tutta una parte di Piemonte per la quale Alessandria è logisticamente meno appetibile.
Un dato che poi, in entrambe le sedi, si sta mostrando costante è il numero importante di iscritti (e iscritte: molte sono ragazze) in arrivo da alcune regioni del sud del paese: “credo che da questo punto di vista – osserva il direttore del Disit -, oltre agli aspetti relativi alla qualità della formazione che possiamo offrire, pesi anche il fattore ambientale: ossia sia Alessandria che Vercelli sono città con un costo della vita certamente più abbordabile rispetto a realtà più metropolitane, e soprattutto sono più tranquille, a misura di ragazzo o ragazza alla prima vera esperienza fuori casa”. Il ‘contraltare’, occorre riconoscerlo, è rappresentato da una serie di servizi ‘extra-università’ certamente ancora migliorabili, “non tanto sul fronte abitativo – sottolinea Marchese -, poiché Alessandria offre certamente molte soluzioni a costi abbordabili, ma sul fronte delle mense, e più in generale di luoghi di aggregazione culturale per i ragazzi: da questo punto di vista non smettiamo di sollecitare tutti gli interlocutori, a partire dall’Edisu regionale, ma sappiamo bene di doverci confrontare con una realtà in cui le risorse sono sempre più scarse”.
Un dato, da questo punto di vista, è significativo: “fino al 2011 potevamo contare, come Disit, su introiti legati a progetti di ricerca, attività per conto terzi e contributi della Regione Piemonte, di circa 1 milione e 900 mila euro. Nel 2014 siamo scesi a 1 milione e 100 mila euro, e determinante è stato il taglio regionale: dal 900 mila euro del 2011 ai 200 mila del 2014”. Insomma i riflessi di una Regione Piemonte ‘in ambasce’ si sentono anche qui, come in sanità e nei trasporti. Per fortuna rimane solido e continuativo il legame con la Fondazione CrAl, “che continua a sostenerci, anche se da quest’anno come Ateneo, e non più direttamente come Disit: comunque un riferimento importante”.
Capitolo essenziale è poi quello legato alla qualità della ricerca ‘in laboratorio’: “abbiamo attrezzature di vera eccellenza – sottolinea il direttore – alcune delle quali però già un po’ datate, e molto utilizzate: per cui, all’interno del piano strategico triennale 2016-2018, di prossima approvazione, questo sarà uno degli aspetti a cui dedicheremo maggiore attenzione”.
Rilevanti, e sempre più forti e strutturati, i rapporti del Disit con il territorio alessandrino, sia sul fronte delle scuole superiori, che su quello delle aziende: “Con gli istituti superiori della provincia abbiamo un filo diretto molto importante, che ci consente ogni anno di presentare la nostra offerta formativa agli studenti delle quinte, e di offrire la possibilità di seguire lezioni di orientamento, e di visitare i laboratori. Fondamentali sono poi le Olimpiadi della Chimica, che coinvolgono ogni anno diverse centinaia di ragazzi e ragazze”. E poi, naturalmente, c’è il legame con le aziende del territorio, private e pubbliche, con importanti partnership sul fronte della ricerca, e con un saldo legame sul fronte dello ‘sbocco occupazionale’ per i laureati del Disit: “l’alessandrino ha una forte tradizione sul fronte della chimica, e il rapporto con realtà come Solvay, Proplast, Guala e Mossi&Ghisolfi è sempre più solido e articolato. Ma potremmo citare anche tante altre realtà medio piccole, che guardano al Disit come ad un interlocutore importante.
E poi naturalmente Asl e soprattutto Azienda Ospedaliera di Alessandria, che sono per i nostri laureati uno sbocco professionale molto significativo”. Peraltro l’orizzonte dei laureati oggi è sempre più di dimensione europea, all’insegna di una mobilità molto ampia: “soprattutto chi consegue il nostro dottorato in Chemistry and Biology tende poi ad avere una forte spendibilità delle proprie competenze in tutta Europa, in strutture di ricerca e in aziende di prim’ordine: e questo crea anche una rete di competenze, e di relazioni, che risulta essenziale anche per gli studenti degli anni successivi”.
L’ultima riflessione con il professor Marchese è di natura personale: riuscirà a continuare la sua attività di docenza, anche ora che è assorbito pienamente dal nuovo incarico dirigenziale? “Fino ad oggi ho tenuto due diversi corsi ad Alessandria, e uno a Vercelli: mi piacerebbe molto continuarli tutti, ma temo sia oggettivamente impossibile. Troveremo una soluzione compatibile con gli altri impegni professionali: ma di certo non smetterò di insegnare, il contatto diretto con gli studenti è troppo importante”.
Ettore Grassano