Proprio oggi la politica romana ‘riaccende i motori’, e dovrebbe farlo entrando subito nel vivo della fase finale dell’approvazione della riforma costituzionale (il ddl Boschi). Che 2016 ci aspetta dunque, e soprattutto con quali ricadute (si spera non sempre e solo negative) per casa nostra? Questo sarà davvero l’anno dei diritti civili e dell’operatività delle riforme, e soprattutto è possibile che gli slogan renziani su ripresa e occupazione si trasformino in realtà che potremo toccare con mano? Quale sarà l’esito delle elezioni amministrative di primavera nelle grandi città, e quali le ripercussioni sull’esecutivo, e sugli scenari politici generali? A distanza di alcuni mesi dall’ultima intervista, abbiamo rincontrato il senatore Federico Fornaro, ‘stakanovista’ di Palazzo Madama, e fra gli esponenti di maggior rilievo di quella sinistra PD che finora su molti temi ha rappresentato una vera e propria ‘opposizione interna’ per il premier Renzi, anche se tutto sommato il leader fiorentino è quasi sempre ‘andato per la sua strada’, senza mostrare particolari tentennamenti o ripensamenti. Sarà così anche quest’anno, o dobbiamo attenderci un quadro in forte evoluzione?
Senatore Fornaro, lo scorso settembre ci disse: “il PD deve ispirarsi al progetto dell’Ulivo, non a Forza Italia della prima ora’. Conferma?
Confermo con assoluta determinazione, e in un quadro che è ancora più complicato e difficile. Lo scenario internazionale è sotto gli occhi di tutti, e non lascia presagire nulla di buono, sia in termini di valori e civiltà a rischio, sia per quanto riguarda le ricadute per la nostra economia. E c’è un dato che una forza di centro sinistra, e progressista, non può e non deve ignorare: gli italiani in condizioni di povertà sono ormai diversi milioni, e crescono. Rifarsi al progetto dell’Ulivo dovrebbe significare allora utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, a partire dalla leva fiscale, per aiutare i più deboli. Non mi pare stia succedendo. Invece nei prossimi due anni sarà importante dimostrare che il PD crede con fermezza nella politica come percorso per affermare valori di uguaglianza e solidarietà. Il nostro obiettivo non può essere l’occupazione del potere fine a se stessa.
Il 2016 rischia di essere un anno bipolare, o addirittura schizofrenico: da un lato le battaglie per i diritti civili e il completamento delle riforme, dall’altro i problemi legati all’economia, e quindi a risorse sempre più scarse per erogare servizi. Per gli italiani cos’è prioritario secondo lei?
Nessuno dei due piani può essere sacrificato, e anzi ho la certezza che sul fronte dei diritti civili la società sia assolutamente più avanti della politica. Siamo l’unico paese europeo a non avere una legislazione sulle unioni civili, e il tema interessa milioni di persone, sia omosessuali che eterosessuali. E’ una questione che va assolutamente definita, non più procrastinabile: il testo Cirinnà è un onesto compromesso, ed utilizzo questo termine per ricordare che la politica è mediazione fra interessi e valori talora contrapposti. Il muro contro muro va superato con la ragione. Ma, ripeto, il paese reale davvero mi sembra più avanti della politica: siamo noi che dobbiamo adeguarci, e velocemente. E quando parlo di diritti penso anche allo ius soli: ossia il diritto di cittadinanza per chi nasce in questo paese, figlio di stranieri. Diritto di cittadinanza che prevede, attenzione, anche doveri di cittadinanza. Ma se non si parte da questa impostazione di integrazione vera si rischia di replicare gli errori dei francesi, con i tanti ragazzi figli di immigrati che vivono nelle banlieue come ‘cittadini di carta’, con le conseguenze che si stanno sperimentando.
Poi ci sono le riforme costituzionali: davvero senatore agli italianiimporta così tanto del Senato? Ci sarà un referendum, e quando?
L’iter sta proseguendo proprio in questi giorni, e il processo sarà completato nell’arco di qualche mese: personalmente ritengo che il vero cuore della riforma, che ho votato, non sia l’abolizione del Senato elettivo, ma il superamento del bicameralismo perfetto, che è figlio di un’altra epoca, con necessità e rischi molto diversi. Soprattutto oggi la società italiana chiede alla politica tempi molto diversi, una maggior rapidità nel legiferare. Ovviamente però è corretto, anzi sacrosanto, che gli italiani siano chiamati ad esprimersi direttamente sul tema riforme, attraverso lo strumento del referendum confermativo (senza quorum), che si terrà presumibilmente in autunno: ricordiamo che non è uno strumento pro forma, dal momento che proprio con questo iter gli italiani nel 2006 bocciarono la riforma costituzionale del centro destra.
Referendum che però rischia di trasformarsi in una votazione pro o contro Renzi….
Questa è la deriva pericolosa che constato, da una parte come dall’altra. E’ sbagliato, e speriamo che sia il premier, sia i suoi oppositori lo capiscano in tempo. I segnali però ad oggi non sono incoraggianti.
Nel frattempo, però, gli italiani devono confrontarsi con la vita reale, e con la dimensione economica senatore: che 2016 ci aspetta? La ripresa tante volte evocata in questi anni ci sarà davvero? E cosa può fare la politica?
La politica, a partire dal premier, dovrebbe innanzitutto imparare ad usare parole di verità. Capisco benissimo la necessità di incoraggiare, di generare entusiasmo: ma quando la distanza tra gli slogan e la vita reale diventa eccessiva, poi se ne pagano le conseguenze. Certe affermazioni di Renzi, e un certo clima che si è creato, mi ricordano il Berlusconi dei ristoranti sempre pieni, sbandierati come negazione delle difficoltà invece evidenti a tutti. Ci sono, sia chiaro, alcuni indicatori che fanno pensare ad una qualche forma di ripresa, sia pur in un contesto internazionale di grande fragilità e incertezza. Ma c’è una priorità vera su cui la politica deve assolutamente intervenire, ed è l’occupazione. A partire da formule di sostegno (reddito di cittadinanza, di solidarietà o come altro lo si voglia chiamare) per chi vive oggi in condizioni di oggettiva povertà, fino ad una riapertura del confronto costruttivo con i corpi intermedi.
Uno snodo essenziale senatore: gli investimenti pubblici. Si possono e devono fare anche in momenti di crisi come questo?
Direi soprattutto in momenti di crisi. Il che significa da un lato mettere le imprese private in condizione di poter operare bene, in un contesto però di garanzie per i lavoratori. Dall’altro vuol dire investimenti veri, infrastrutturali. E qui l’elenco è lungo: dalle grandi opere nel settore trasporti (che sono quelle con cui un paese guarda al futuro: anche il traforo del Frejus sembrò investimento mostruoso: ma lo usiamo ancora oggi!), compreso il Terzo Valico, fino al sistema di trasporti ferroviari locali. Penso, per stare a casa nostra, alla linea Acqui Ovada Genova, vitale per tanti pendolari, ma anche per dare impulso all’economia. Poi c’è tutta la partita del settore Ict, con particolare riferimento alla banda larga: al di là degli slogan trionfalistici, occorre evitare di commettere qui lo stesso errore che si è commesso nei trasporti. Ossia non si possono dotare di linee moderne solo i grandi centri, abbandonando tutto il resto del paese ad una paleolitica adls, quando va bene. E qui torniamo al nostro territorio: se opportunamente cablato, può davvero ambire ad un salto di qualità, e a nuovi insediamenti produttivi. Quindi dobbiamo assolutamente crederci, e batterci perché l’alessandrino non sia scavalcato, o dimenticato.
Altra nota dolente senatore Fornaro, soprattutto da noi: la sanità.
Credo sia una questione tutt’ora sottovalutata: Chiamparino ha ereditato da chi l’ha preceduto una situazione tragica, ma l’alessandrino ha specificità territoriali che non si possono ignorare o cancellare, se non penalizzando in maniera pesante l’utenza. Lì occorre però, anche da parte dei manager Asl, una maggior flessibilità e capacità di comprensione delle esigenze dei territori. Però attenti, perché la sanità è comparto che corre seri e sottovalutati rischi a livello sistemico, nei prossimi anni. E’ vero che il fondo sanitario nazionale, nel 2017 e 2018, formalmente non diminuirà: ma va considerato che in realtà per mantenere lo standard dei servizi lo stesso andrebbe aumentato almeno del 2% all’anno: in più ingenti tagli ci saranno eccome, sui fronti dei trasferimenti alle regioni. Tra 2017 e 2018 c’è un rischio potenziale di tagli per 7 miliardi, 8 secondo l’autorevole fonte dell’Ufficio Parlamentare del Bilancio (UPB). Indubbiamente le ripercussioni potrebbero essere gravi: occorre trovare una soluzione, perché la sanità pubblica è davvero un pilastro del sistema Italia.
In questo scenario, molti italiani a maggio andranno alle urne, sia pur per le amministrative. Riflettori puntati sulle 5 principali città del paese (Roma, Napoli, Milano, Torino e Bologna): come finirà?
Ci vorrebbe la sfera di cristallo. Però, se fossi costretto a pronunciarmi sotto tortura, direi che il centro sinistra alla fine porterà a casa Milano, e sia pur soffrendo Torino e Bologna. Napoli è un’incognita assoluta, mentre a Roma, con tutto quel che è successo, la vedo davvero dura. Ma prima del risultato viene il metodo: mi auguro che, in questi due mesi che ancora abbiamo a disposizione, il dialogo tra PD e sinistra si riapra. Da un lato trovo assurdo e poco credibile che chi ha governato con noi fino ad oggi realtà come Torino o Bologna improvvisamente scopra che tutto è andato malissimo (e non è vero), e diventi nostro antagonista. E, attenzione: se al primo turno attacchi, per dire, Fassino dicendone tutto il male possibile, non sei poi per nulla credibile neppure come alleato in un eventuale ballottaggio. Del resto, però, è opportuno che anche Renzi guardi a sinistra con apertura: dobbiamo costruire ponti, non alzare muri insomma. Anche perché, se il PD virasse a destra, verso il modello Partito della Nazione, beh credo che parte del nostro elettorato davvero non ci seguirebbe.
Lei sta già pensando alle elezioni politiche senatore? Saranno nel 2018 o prima? Voci insistenti dicono che il premier Renzi punti a votare nei primi mesi del 2017..
Stiamo alla realtà dei fatti: le elezioni politiche sono previste per la primavera 2018, e con la nuova legge elettorale, l’Italicum, che entrerà in vigore il 1 settembre di quest’anno. Al riguardo segnalai al momento opportuno i rischi di un premio di maggioranza assegnato alla singola lista, e non a coalizioni: ora sembrano accorgersene in tanti. In ogni caso, anche qui: dobbiamo renderci conto che occorre sempre conciliare due esigenze. Da un lato la rappresentanza (perché ‘espellere’ minoranze dal Parlamento non solo non aiuta la democrazia, ma fa poi lievitare forze ‘antisistema’, come è puntualmente successo), dall’altro la governabilità. Ma alle elezioni del 2018 mancano ancora due anni, e ormai ai colpi di scena ci stiamo abituando: vedremo quale sarà il prossimo.
Ettore Grassano