Qualche puntata fa parlando di Enrico Badò abbiamo accennato all’altro grande dimenticato, del calcio alessandrino e nazionale, Augusto Rangone.
Si può affermare che questo personaggio sia esattamente l’altra faccia della medaglia. Tanto il Badò fu guascone ed avventuroso, tanto il Rangone fu freddo calcolatore e stratega mirabile.
Il suo percorso “artistico” è lungo ed articolato: socio fondatore della sezione calcio della Forza e Coraggio la trasformò furbescamente in Alessandria f.b.c, per attingere a soldi pubblici motivati dal fatto di fare marketing per la città. Fu questa operazione, è nostra opinione, che portò alla rottura di Enrico Badò con la sua società che lui vedeva più decoubertiniana. Nell’ambito della nuova “griffe” ricoprì i ruoli di Direttore tecnico, Segretario e Dirigente, arbitro in Divisione nazionale. Poi iniziò la sua carriera nei massimi organi del calcio: nel 1923 fu tra i tecnici federali, ed infine dal 1925 al ’28, Commissario unico della Nazionale; dopo il quinquennio trascorso alla guida degli azzurri entrò nel giornalismo distinguendosi tra i critici più esperti ed equilibrati.
Sostituì alla responsabilità tecnica della Nazionale italiana il pluridecorato Vittorio Pozzo e da questi, dopo la parentesi del suo amico-discepolo Carlo Carcano, fu rimpiazzato nel 1929.
Rappresentarono dunque Rangone e Pozzo una sorta di dualismo tecnico-caratteriale, ma non solo, forse anche di due scuole di pensiero. Rispetto a Pozzo che può essere definito “Commissario classico” egli impersonificava il “Commissario romantico” (strano per un uomo dalle sue caratteristiche). Per lui, la tecnica e la sintesi del gioco, l’idea che dà vita all’azione d’attacco è l’ultimo logico, irresistibile prodotto di un perfetto congegno, è l’invenzione, il gesto creatore, la scintilla dell’arte che si sprigionano dalla squadra, pur che l’assetto dell’impianto sia ordinato e preciso: insomma la filosofia di quella scuola che Giorgio Smith fondò all’ombra dell’arco di P.za d’Armi vecchia e che, Carlo Carcano, l’allievo che più imparò la lezione dell’inglese, portò prima alla Juve dei 5 scudetti e poi alla Nazionale.
Ma il personaggio Rangone non finisce di stupire: fu anche per un paio d’anni, 1933/34 allenatore del Torino, completando così a 360° un’esperienza che crediamo pochissimi abbiano conseguito nel variegato mondo del calcio.
Va aggiunto altresì che la sua giubilazione da C.U. degli azzurri, come ebbe a scrivere il noto giornalista Antonio Ghirelli ne “La storia del calcio in Italia”, fu per la sua riluttanza a piegarsi alle direttive dell’on. Leandro Arpinati, il capo del fascismo bolognese che, occupando una posizione di rilievo nel mondo calcistico, ne era diventato il padrone assoluto come presidente della Federazione Italiana Gioco Calcio.
Nel dettaglio, l’attività tecnica nazionale di Augusto Rangone è stata la seguente:
dal 3 dicembre 1922 al 27 maggio 1923 nel Comitato tecnico, insieme a Umberto Meazza e Augusto Galletti (partite giocate 5: vinte 1, nulle 3, persa 1);
nel gennaio del 1924, ai tre Commissari si aggiunsero Argento e Agostani. (partite giocate 1: persa 1).
Visti i risultati non entusiasmanti, si corse ai ripari chiamando il 9 marzo del 1924 Vittorio Pozzo come Commissario Unico, ma probabilmente la sonora sconfitta subita per 7-1 dall’Ungheria fece capire che la stella del torinese non era ancora pronta a brillare. E così, nel novembre del 1924, venne richiamato il nostro Rangone, affiancato da Milano I (per la Lega Nord) e Baccani (per la Lega sud) (partite giocate 6: vinte 3, nulle 1, perse 2).
Non convinse neppure questa esperienza di una terna, e così il 4 novembre 1925 si affidò al solo Rangone la conduzione della Nazionale (partite giocate 24: vinte 12, nulle 7, perse 5).
La fatica di Rangone con Baccani ottenne in premio la medaglia di bronzo ai Noni Giochi Olimpici di Amsterdam. Di ritorno dalle Olimpiadi, a Rangone si affiancò un nuovo collaboratore, il suo discepolo dei Grigi Carlo Carcano che continuò poi la sua… corsa diventando praticamente unico parafulmine fino al 28 aprile 1929 (ultima partita giocata dalla Nazionale) per innescare subito dopo la serie dei 5 scudetti Juventini. Ma nel novembre 1929 Rangone si dimetteva definitivamente anche dai ranghi ufficiali della Federazione. La conduzione tecnica venne quindi venne affidata a Vittorio Pozzo ormai maturo per cogliere quei grandi allori che come lui stesso ebbe ad ammettere furono anche frutto del capace lavoro di Augusto Rangone. Concluse la sua attività come giornalista e rimase sempre legato alla sua Alessandria nel frattempo diventata U.S. Purtroppo la morte lo colse mentre stava scrivendo la storia della Società, ed i suoi appunti andarono dispersi.
Peccato perché, seppur con un’interpretazione di parte, avrebbe potuto colmare alcuni buchi neri, che ancora oggi non permettono una ricostruzione delle origini, completa ed esaustiva.
Le nostre amministrazioni hanno dedicato qualunque triangolo di erba o spiazzo a personaggi che alla nostra città hanno dato molto meno. Forse un posticino anche Augusto Rangone lo meriterebbe.