Dietro la logistica

Cosa sta succedendo, o potrebbe succedere, sul fronte della logistica alessandrina, e soprattutto del Terzo Valico? Se lo stanno chiedendo in diversi, tra gli addetti ai lavori (soprattutto del centro sinistra) dopo le vicende degli ultimi giorni.

Chi conosce un po’ Paolo Filippi, presidente della Provincia di Alessandria, sa che è uomo prudente, e politico navigato. Non il tipo da sfoghi estemporanei insomma, soprattutto a mezzo stampa. Quindi la sua dura presa di posizione dell’altro giorno, dopo l’ipotesi di marcia indietro della Regione Piemonte sulla logistica alessandrina (Slala più retroporto) non va sottovalutata. Anche perché rafforzata di lì a breve da un comunicato del PD alessandrino che ha chiarito ulteriormente, se ce n’era bisogno, come stanno le cose: ossia attenti a tirar troppo la corda, che potrebbe spezzarsi. E, insomma, senza logistica sul nostro territorio, anche il Terzo Valico potrebbe tornare in discussione.

O almeno così è sembrato di capire ad alcuni osservatori, per cui la dietrologia (o dietrologistica, in questo caso?) si è subito sbizzarrita.

A partire dai sostenitori del No Tav, che hanno argomentato il loro punto di vista in merito, del resto già chiaro da tempo. Fino a diversi esponenti del centro sinistra alessandrino e non, che stanno cercando in queste ore di vederci chiaro. Possibile che il PD (a cui il sostegno ufficiale al Terzo valico sta generando non pochi problemi sia sul fronte delle alleanze, sia in termini di consenso tra la popolazione) stia cercando una strada dignitosa per “sfilarsi”, a fronte di una mega opera pubblica che, a parere di molti (noi compresi) genererà costi economici, sociali e ambientali spropositati e “spalmati” su tutta la popolazione, a fronte di benefici certi e garantiti soltanto per i soliti noti?

Lo scopriremo strada facendo, ma ad oggi è difficile immaginare una così rapida “giravolta”: troppa grazia per i “No Tav” di casa nostra, che probabilmente dovranno prepararsi ad ulteriori, disagevoli battaglie.

Quel che è certo, però, è che al di là delle nomenklature il Terzo Valico lo vogliono davvero in pochi, e il rischio “boomerang” è davvero dietro l’angolo (considerata anche l’impopolarità dei partiti tradizionali, a prescindere dall’opera in questione).

“Non lo faranno mai, credimi”, mi ha detto ieri un esponente del centro sinistra alessandrino. A cui peraltro non ho mancato di segnalare che, tra l’opera completa e il suo annullamento totale il vero rischio è la “zona grigia” all’italiana: ossia un’opera finanziata (e pagata dai contribuenti sulla carta) ma mai ultimata. Una sorta di autostrada del sud a cavallo tra l’appennino ligure e quello alessandrino insomma.

La voce della verità, poi, è forse quella dell’autotrasportatore (dipendente di un noto gruppo del territorio) che ho incontrato domenica sera, amico di un amico. Ci ha descritto un mercato locale a pezzi: “i nostri mezzi stanno quasi sempre fermi, o girano a vuoto, simulando attività che non ci sono. Quella poca merce che ancora arriva a Genova è intercettata al porto da compagnie rumene e albanesi che viaggiano a costi per noi impensabili. E il tutto mentre tra Tortona, Castel Sangiovanni e i dintorni di Milano sono sbocciate fior di aree attrezzate completamente inutilizzate, realizzate con contributi a fondo perduto dell’Unione Europea”. E allora al Paese dei bluff serve davvero spendere 7 miliardi di euro nel Terzo Valico, o è uno spreco insostenibile, a prescindere dalle decisioni della Regione Piemonte?

E. G.