E’ nostro costume politico rispettare sempre il lavoro e le sentenze della magistratura, Lo faremo, perciò, anche in questo caso. Ciò non ci esime, tuttavia, dall’esprimere al sindaco di Ovada tutta la nostra solidarietà e tutto il nostro sostegno, nella convinzione che dai successivi gradi di giudizio potrà emergere la sua totale innocenza.
Analoga vicinanza la esprimiamo ai familiari dei due giovani che in quel tragico incidente hanno lasciato la vita, rispettando il loro diritto a chiedere che la giustizia faccia il suo corso nell’accertamento delle responsabilità.
Tutto questo premesso, non possiamo non vedere come la vicenda che oggi carica sulle spalle di un nostro onesto e capace amministratore un peso abnorme e, a nostro parere, ingiusto, evochi più in generale una questione cruciale e sempre più attuale: quella del crescente e intollerabile divario tra le “responsabilità”, effettive o presunte, di un sindaco e i mezzi di cui egli dispone per esercitarle.
Al di là del singolo episodio, sul quale come ha asserito la difesa ancora molta luce resta da fare, anche volendone recepire i presupposti giuridici, la sentenza aprirebbe infatti più di un inquietante interrogativo.
Tutti i nostri Comuni combattono ormai da anni con una drammatica carenza di risorse e con vincoli sempre più stringenti che ne limitano la possibilità di assumere. Molti di essi, oltre alle difficoltà nel garantire i servizi essenziali alle persone, esercitano le loro funzioni su aree territoriali vastissime, che richiederebbero, per essere adeguatamente presidiate, ben più robuste dotazioni di uomini e mezzi.
Ora, come si concilia questa realtà, con un’impostazione della finanza pubblica che da lunga data individua costantemente, ed erroneamente, nei Comuni una fonte di spreco e una vacca da mungere per riequilibrare il debito dello Stato?
Nessuno lo auspica, ma la vicenda che oggi coinvolge il sindaco di Ovada, potrebbe domani coinvolgere altri amministratori. Cosicché una buona parte di loro, posti al bivio tra l’accettare una responsabilità di fatto inesercitabile e dedicarsi ad altro, potrebbero optare per la seconda scelta.
E’ davvero questo che si vuole? Siamo sicuri che l’Italia possa tornare a crescere dalla mortificazione di quel suo primo nucleo di classe dirigente, fatto dal “popolo” degli amministratori locali. Un nucleo in larghissima parten parte sano, animato da disinteresse, buona volontà e spirito di servizio: gli ingredienti necessari a quel rinnovamento della politica da più parti auspicato. Di quel nucleo, nella nostra provincia, Andrea Oddone è uno dei migliori rappresentanti.
Daniele Borioli
Segretario Provinciale PD