Ne abbiamo parlato un paio di mesi fa, all’epoca ancora con qualche punto interrogativo.
Ora invece di dubbi non ce ne sono più: in questi giorni si stanno svolgendo, un po’ malinconiche, le ultime sedute delle circoscrizioni alessandrine, che dopo le elezioni amministrative cesseranno di esistere. Lo prevede la legge, per le città sotto i 250 mila abitanti. Come sempre scatterà l’amarcord, e fioccheranno gli aneddoti su quanto si stava meglio prima. Anche se poi, gratta gratta, probabilmente l’istituzione in questione ha mostrato luci e ombre, e non sempre si è mostrata in grado di rappresentare davvero le persone e le loro piccole ed importanti esigenze quotidiane.
Chi più, chi meno, tutti i candidati sindaco comunque concordano sul fatto che il cordone ombelicale tra il Palazzo e il territorio non si deve spezzare, ma va anzi rafforzato. E’ opinione diffusa che ciò debba avvenire in forma volontaria e gratuita (là dove invece il presidente di circoscrizione per un certo periodo era diventato, anche sul piano dei rimborsi, una sorta di assessore aggiunto), e recuperando il concetto di partecipazione, e quello di quartiere più che di circoscrizione. Non ricordo quanti siano in realtà i quartieri alessandrini, e forse sono essi stessi una realtà in divenire. E’ indubbio però che, ad esempio, ogni sobborgo un tempo aveva un’anima, un baricentro, una vita di comunità oggi spesso perduta. E lo stesso discorso certamente vale per i quartieri cittadini. E’ da lì, allora, che probabilmente bisognerà ri/partire: e uno dei pochi assessorati davvero utili potrebbe allora essere nel prossimo quinquennio quello al decentramento: lì servirebbe davvero una persona capace, dotata di grande capacità di ascolto della cittadinanza, di stimolo e di proposta concreta. Pur nel contesto noto di risorse scarsissime che ci attende. Ne riparliamo a fine maggio.
E. G.