Anche Alessandria alla ‘battaglia del grano’ [Il gusto del territorio]

Granodi Eleonora Scafaro
E’ in corso una vera e propria battaglia del grano in Italia. “Il grano cattivo scaccia quello buono” e ciò non fa altro che mettere in pericolo migliaia di aziende e in crisi il settore cerealicolo.

La provincia alessandrina, considerata uno dei granai d’Italia e che costituisce un fondamento dell’intera agricoltura del paese, ha avuto un crollo – dai dati della Coldiretti – dei prezzi nelle campagne del ventisei per cento, mettendo in ginocchio la produzione del grano.
Dal grano al pane i prezzi aumentano del 1.450 per cento, con un prezzo del cereale che oggi è pari a quello di trent’anni fa.

A questo proposito, la preoccupazione più forte arriva dall’estero.
Molti prodotti, infatti, non sono italiani e hanno una scarsa (o nulla) rintracciabilità e prezzi molto bassi e, quindi, competitivi sul mercato.
Questo sta procurando profondi danni al comparto e al mondo agricolo.

L’Italia importa circa cinque milioni di tonnellate di frumento “che coprono la metà del fabbisogno per la produzione di pane e biscotti – afferma Roberto Paravidino, presidente provinciale Coldiretti. Due milioni di tonnellate, invece, arrivano nel nostro Paese per la produzione della pasta”.

Ciò significa che un pacco di pasta su tre e metà del pane in vendita sono preparati con grano importato.

L’industria ha, quindi, scelto di speculare, spacciando come made in Italy prodotti che, di fatto, non lo sono, e hanno invece come base cereali che provengono per la maggior parte da Ucraina e Turchia.

Va segnalato, però, che la situazione è stata creata anche dai ritardi della legislazione comunitaria e nazionale che non obbliga a indicare in etichetta la provenienza del grano utilizzato.

“I prezzi del grano duro in Italia, nel 2016, sono crollati del trentuno per Grano 2cento rispetto al 2015, con valori al di sotto dei costi di produzione” sottolinea la Coldiretti durante una conferenza stampa.

D’altronde, l’obbligo di indicare in etichetta l’origine, è una battaglia storica dell’associazione.
Molti sono i risultati ottenuti ma tanto c’è ancora da fare.

In Europa l’etichetta resta anonima per quanto riguarda salumi, carne di coniglio, carne trasformata, succhi, derivati del pomodoro e diversi da passata, concentrato di pomodoro e sughi pronti, riso e derivati dei cereali come pane e pasta.

Per esempio, due prosciutti su tre venduti come italiani sono prodotti con maiali allevati all’estero, mentre i succhi di frutta e i concentrati di pomodoro che arrivano dalla Cina sono aumentati del 379 per cento.

A livello comunitario, la battaglia per la trasparenza è iniziata dalla carne bovina dopo il caso ‘mucca pazza’ di circa quattordici anni fa. Dal 2003 è obbligatorio indicare varietà, qualità e provenienza dell’ortofrutta fresche e, dal 2004, è stato istituito il codice di identificazione per le uova e l’obbligo di indicare il paese di origine del miele.

Per quanto riguarda la provincia di Alessandria, la Saiwa acquista già grano del territorio che mescola, per le grande produzioni, con grano di altra provenienza.
E proprio nel capoluogo, per rendere omogenea e migliorare la competitività delle aziende cerealicole, negli anni scorsi, le associazioni agricole hanno realizzato un progetto di valorizzazione del frumento tenero alessandrino ‘che ha lo scopo di sperimentare diverse varietà cerealicole.

Per l’alessandrino, il raccolto di quest’anno, anche se la trebbiatura non è ancora conclusa, è buono sia per la qualità che per la quantità e, dai primi test, il prodotto non presenta contaminazione di micotossine.

Il Piemonte, quindi, il grano buono ce l’ha, ecco perché sarebbe necessario valorizzare sempre di più il territorio e puntare sulla qualità.