Vi lascio il pallone [Il Flessibile]

caruso_copertinadi Dario Caruso.

“Allora? Che fai, Dario? Scendi?”
La voce di Tommaso dal citofono è allegra e convincente.
“Ricordati il pallone! Ti aspettiamo al campetto…”
Inutile dire che il primo pomeriggio dei primi giorni di scuola per Dario è un richiamo al gioco più che allo studio.
«La tv dei ragazzi comincia alle cinque, quindi…. » pensa in quattro e quattr’otto.
“Mà! Mammaaaa!!! Scendo al campetto!!!”
“Va bene…stai attento!”

pallone_flessibileArriva baldanzoso con il pallone sotto il braccio con l’aria di chi aspetta questo momento ogni momento del giorno e della notte.
“Finalmente! Bravo, Dario! Passa la palla! Tutti al muro per fare le squadre…”
Il pallone glielo ha comprato suo papà due giorni prima; papà sa che Dario ha una grande passione per il calcio e un talento medio, come quasi tutti i bambini della terra.
«Quel pallone…è quasi un peccato prenderlo a calci…»
Con gli undici presenti si formano due squadre da cinque.
“Tu, Dario, fai l’arbitro!” dice Tommaso con la stessa modalità allegra e convincente.
Molto allegra e poco convincente, questa volta.

Dario arbitra una partita che non ha bisogno di arbitri.
I suoi compagni gestiscono i falli autonomamente, come è normale che sia a undici anni.
Allora si siede sul muretto e guarda una partita che non vorrebbe si giocasse: quella senza di lui.
Dopo una mezz’ora salta dal muretto e torna a casa.
“Sei già tornato?”
“Sì, mamma. Devo fare i compiti per domani. E poi fra poco comincia la tv dei ragazzi.”

Citofono.
“Signora, sono Tommaso. Ho riportato il pallone a Dario…”
“Sali, Tommaso. Dario… Dario! C’è Tommaso…”
Ma Dario non risponde, non sente la voce di mamma, tantomeno riconosce il suono della parola Tommaso. È concentrato davanti alla tv con uno dei suoi eroi preferiti.
Il mondo intorno non esiste.
Almeno per un po’.
Il pallone?
«Ve lo lascio, il mio pallone. Dirò a papà che si è bucato finendo tra i rovi. Lui capirà».