La Bretella? Tutti d’accordo, pronti a finanziare il progetto. Ma solo se il fattore ‘tempo’ stavolta viene rispettato [Centosessantacaratteri]

di Enrico Sozzetti

 

La “Albenga – Carcare – Predosa” al centro della seconda parte dell’incontro ‘Passaggio a Nord Ovest’. Intesa fra Liguria e Piemonte per una variante attesa da decenni, che adesso è essenziale per il porto e la valorizzazione turistica dei territori

«Finalmente si è passati dalla lamentazione alla ricerca concreta di opportunità per il territorio». Le parole sono state pronunciate circa venticinque anni fa, quando la Provincia di Alessandria, all’epoca guidata da Fabrizio Palenzona, ha visto approvare il Patto territoriale per lo sviluppo. Strumenti di un’altra epoca lontanissima dall’attuale, e un contesto storico e socioeconomico non paragonabile a oggi. Ma una cosa ha insegnato il Patto alessandrino, uno dei più complessi e articolati dei 23 approvati in Italia nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso: grazie alla concertazione è stato possibile, in circa quattro anni, passare dall’idea al finanziamento e all’avvio di progetti che hanno consentito ad alcune aree della provincia in profonda crisi di imboccare un nuovo percorso di riconversione e crescita.

Le stesse parole potrebbero riassumere la seconda parte dell’evento ‘Passaggio a Nord Ovest’, andato in scena all’Auditorium del Marengo Museum di Spinetta Marengo. La Liguria e il Piemonte sono d’accordo sulla necessità di passare dalle parole ai fatti per la realizzazione della bretella Albenga – Carcare – Predosa. La si deve fare «per consentire la crescita del sistema portuale di Savona Vado», con Genova che guarda «con favore alla infrastruttura che toglierebbe una importante mole di traffico» che oggi transita, senza fermarsi per ragioni commerciali, dal capoluogo regionale e contribuendo alla progressiva saturazione delle maggiori arterie stradali già in condizioni normali (e ora è ben peggio per la presenza di innumerevoli cantieri).

‘Passaggio a Nord Ovest’, organizzato dalla Provincia di Alessandria con il supporto tecnico della Fondazione Slala (Sistema logistico del Nord Ovest; il presidente è Cesare Rossini), ha visto riuniti circa sessanta tra amministratori dei due territori, operatori privati, Fondazioni di origine bancaria, esperti e ricercatori, oltre a decine di persone collegate in streaming. La prima edizione si è svolta a luglio a Savona e aveva gettato le basi per un confronto che con la seconda parte doveva approfondire la fattibilità tecnica. Due gli impegni presi pubblicamente: la Regione Liguria, con il presidente Giovanni Toti, e la Regione Piemonte con Marco Gabusi, assessore a Trasporti e infrastrutture, hanno annunciato che «sono pronte a contribuire al finanziamento della progettualità della bretella». Se Toti ha aggiunto che «tutti gli stakeholder devono dare un calcio di inizio con un progetto definito», Gabusi ha confermato di «essere pronto a raccogliere il calcio di inizio di Toti».

Che l’opera, la storia racconta che se ne parlasse già negli anni Sessanta, per poi arrivare a progetti, mai andati avanti, elaborati nel 2005 e nel 2010, sia fondamentale lo hanno detto un po’ tutti. Che debba essere al servizio delle merci ma anche delle persone (in primo luogo per migliorare l’accessibilità turistica dei territori attraversati), anche. Che debba essere sostenibile sul piano ambientale, pure. Come realizzarla? Qui lo scenario è meno definito, al momento. Però quella che conta è l’unità d’intenti alla base di una rinnovata volontà. Su questo piano, sono stati tutti dello stesso parere: Gianfranco Cuttica di Revigliasco, sindaco di Alessandria; Gianfranco Baldi, presidente della Provincia di Alessandria; Vittoria Poggio, assessore al Turismo e al Commercio della Regione Piemonte; Pierangelo Olivieri, presidente della Provincia di Savona; Claudio Scajola, sindaco di Imperia e vice presidente nazionale Anci; Fabrizio Palenzona, presidente di Prelios; Marco Bucci, sindaco di Genova e Commissario alla ricostruzione.

«C’è bisogno di tutti» è stata la frase più ripetuta. Anche perché per il finanziamento sarà necessario anche un impegno nazionale da parte del governo e in questo senso il ruolo dei parlamentari dei territori sarà decisivo, ovviamente nell’ottica della massima condivisione, compattezza e trasversalità politica rispetto a un obiettivo di sviluppo che interessa un’area vasta che va da Savona al Basso Piemonte. Sarà quindi decisivo replicare la stessa collaborazione che ha portato le forze parlamentari a fare approvare l’emendamento che estenderà la Zona logistica semplificata all’Alessandrino e all’Astigiano, completando il quadro inizialmente tracciato dal decreto Genova.

Su questo fronte sono arrivati impegni e rassicurazioni da parte dei deputati Silvia Fregolent e Riccardo Molinari, e dai senatori Massimo Berutti e Paolo Ripamonti. Solo Federico Fornaro, deputato, ha detto di essere «contrario all’autostrada», di preferire «un intervento di ammodernamento della statale 30» e di considerare prioritaria «una robusta “cura del ferro” per migliorare i collegamenti ferroviari per le merci via Alessandria-Savona e per le linee pendolari verso Genova e Milano».

Gli interventi più tecnici hanno permesso di puntualizzare alcuni aspetti di un puzzle certamente molto complesso. Luciano Pasquale, presidente della Fondazione De Mari, ha spiegato le ragioni che hanno spinto a commissionare uno studio sulla sostenibilità dell’opera alla Fondazione Links. Maurizio Arnone, responsabile del dominio ‘Città e comunità future’ di Links ha illustrato lo stato di avanzamento dello studio (non ancora concluso). Alessandro Rodino di Igeas Engineering (servizi integrati di ingegneria) che ha curato un primo studio intorno al 2005 poi approfondito nel 2010, ha parlato di una «allarmante saturazione dell’autostrada che già in quegli anni registrava tempi di percorrenza medi di circa quattro ore e mezza tra Ventimiglia e Milano».

Angelo Marinoni, ingegnere e coordinatore della Commissione Interventi strategici, ha illustrato il possibile percorso progettuale da realizzare per lotti e per fasi, in modo da assicurare risposte in tempi più contenuti rispetto alla realizzazione di una autostrada, ipotizzando una variante fra Altare e Predosa e calando l’infrastruttura «nel raddoppio ligure insieme alla tramvia costiera, la bretella stradale Albenga – Altare con la variante ferroviaria Albenga – Garessio e il recupero commerciale dell’aeroporto di Albenga, il completamento del raddoppio ferroviario Savona – Ceva e il potenziamento e insonorizzazione della ferrovia Savona – Alessandria». Nicola Bassi, coordinatore della Commissione logistica delle merci di Slala, ha concentrato l’attenzione sulle aree buffer, indispensabili per decongestionare le aree portuali, Genova per prima, e favorire un aumento delle attività evitando nello stesso tempo soste lunghe da parte dei mezzi. Su questo fronte, però, si deve fare i conti con i ritardi della convocazione dell’apposita cabina di regia al ministero delle Infrastrutture benché il Decreto Genova avesse già fissato in modo preciso obiettivi e impegni finanziari (parte assegnati al sistema portuale, parte ancora bloccati).

A Gerardo Ghiliotto, presidente dell’Unione Utenti del Porto di Savona Vado, il compito infine di tracciare il quadro dettagliato dell’attività portuale e della necessità di poter contare sulla retroportualità alessandrina e sulle infrastrutturazioni del Basso Piemonte che si connettono con i corridoi internazionali Ten-T (il ‘Genova – Rotterdam’ e quello che attraversa il Nord Italia da ovest a est).

Su tutto pesa il fattore ‘tempo’. Quella che ora è necessaria è infatti la velocità delle decisioni (ma che sia un decisionismo ragionato e governato da un metodo) perché il mercato non aspetta. Dall’incontro è emersa una visione territoriale d’insieme, finalmente c’è la comprensione che l’area vasta di cui si parla appartiene a un ambito socioeconomico unico. Ci sono voluti anni? Sì. Su questo non c’è nulla da dire. Ma chi oggi critica e afferma che “si parla sempre delle solite cose” dovrebbe essere a conoscenza, visti magari i ruoli pubblici ricoperti in passato, che le mancate scelte (basta rileggere le cronache degli ultimi quindici anni) hanno nomi e cognomi, oltre a parti politiche ben precise.