Coldiretti: “E’ boom per i prodotti bio: ma attenti alle contraffazioni”

I consumi domestici di alimenti biologici raggiungono la cifra record di 3,3 miliardi per effetto di una crescita del 4,4% nell’anno terminante a giugno 2020 sotto la spinta della svolta green degli italiani favorita dall’emergenza Covid. E’ quanto emerge dal rapporto “Bio in cifre 2020” presentato dell’Ismea all’incontro organizzato dalla Coldiretti per la presentazione del rapporto annuale del SINAB (Sistema di Informazione Nazionale sull’agricoltura biologica) che registra i principali numeri del settore in Italia: mercato, superfici, produzioni del biologico italiano con le tendenze e gli andamenti storici.

La situazione emergenziale ha consolidato una tendenza alla crescita del settore che va avanti da oltre un decennio. Si conferma la spinta che la grande distribuzione organizzata (GDO) sta imprimendo al mercato biologico mostrando, durante il lockdown, un incremento delle vendite nei supermercati dell’11%: preferenza per il biologico nel prodotto fresco con aumenti del 7,2% per gli ortaggi e in alcune categorie specifiche come le uova che crescono del 9,7% nelle vendite secondo l’Ismea.

In Piemonte ci sono oltre 50 mila ettari coltivati con metodo biologico e le produzioni riguardano soprattutto colture da foraggio, prati, cereali, frutta e vite. Sono oltre 3.000 gli operatori certificati biologici piemontesi tra produttori, trasformatori ed importatori, oltre 350 in provincia di Alessandria dove la preferenza per il Bio ha fatto registrare tra i consumatori un aumento del 10,5%.

Da sottolineare peraltro l’aumento delle importazioni di prodotti biologici da Paesi extracomunitari con un incremento complessivo del 13,1% delle quantità totali nel 2019 rispetto all’anno precedente. I cereali, le colture industriali e la frutta fresca e secca sono le categorie di prodotto biologico più importate, con un’incidenza rispettivamente del 30,2%, 19,5% e 17,0%. I tassi di crescita delle importazioni bio più rilevanti si sono avuti per la categoria di colture industriali (+35,2%), di cereali (16,9%) e per la categoria che raggruppa caffè, cacao, zuccheri, tè e spezie (+22,8%).

“L’Italia è uno dei maggiori importatori di alimenti biologici da Paesi extracomunitari da dove nel 2019 ne sono arrivati ben 210 milioni di chili di cui quasi 1/3 dall’Asia, per questo è necessario intensificare le attività di controllo e certificazione del prodotto biologico in entrata da paesi extracomunitari – anche con un maggiore coinvolgimento delle autorità doganali, al fine di garantire sia i consumatori finali rispetto alla qualità delle produzioni, sia una corretta concorrenza tra produttori intra ed extra Ue”, hanno affermato il Presidente e il Direttore Coldiretti Alessandria Mauro Bianco e Roberto Rampazzo.

L’agricoltura biologica rappresenta un tassello sempre più importante dell’agroalimentare di qualità. Promuovere il ricorso a materia prima italiana certificata riducendo i volumi delle importazioni potrà inoltre fornire un ulteriore stimolo di crescita al comparto e concorrere al raggiungimento del target del 25% di superficie investita a coltivazioni biologiche, indicato nella strategia Farm to Fork, uno dei pilastri del New Green Deal. Un’occasione da non perdere, visto anche il boom di domanda di prodotto 100% italiano a cui abbiamo assistito negli ultimi anni”.

Nella giornata dedicata alla presentazione del Rapporto sul Biologico Italiano è stata presentata da Coldiretti la “Black List dei cibi più contaminati” elaborata dall’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal Ministero della Salute.

Con un campione su cinque (20%) risultato irregolare per la presenza di residui chimici i peperoncini piccanti provenienti da Repubblica Dominicana e India sono il prodotto alimentare meno sicuro presente sulle tavole degli italiani ma a preoccupare per gli elevati livelli di contaminazione sono sul podio anche le bacche di Goji provenienti dalla Cina ed il riso dal Pakistan.

Nella classifica dei dieci prodotti più contaminati elaborata alla Coldiretti ci sono però anche i melograni dalla Turchia con un quasi un campione irregolare su dieci (9,1%), il tè dalla Cina, l’okra (o gombo) dalle sembianze di una piccola zucchina importata dall’India, il dragon fruit proveniente dall’Indonesia dall’aspetto particolarmente decorativo, i fagioli secchi provenienti dal Brasile ed i peperoni dolci e le olive da tavola provenienti dall’Egitto che godono peraltro di un regime agevolato a dazio zero da parte dell’Unione Europea.

Un aiuto ai consumatori viene dall’obbligo di indicare il Paese di origine in etichetta che, grazie al pressing della Coldiretti, è in vigore per la maggioranza degli alimenti in vendita, dalla frutta alla verdura fresca, dalla pasta al riso, dalle conserve di pomodoro ai prodotti lattiero caseari, dal miele alle uova, dalla carne bovina a quella di pollo fino ai salumi per i quali è stato da poco pubblicato il decreto.

 

LA BLACK LIST DEI CIBI PIU’ PERICOLOSI ARRIVATI IN ITALIA

 

PRODOTTO PAESE % irregolarità PESTICIDI

IRREGOLARI

Peperoncini India, Rep. Dominicana 20% Dicofol, Acephate, Permethrin, Chlorfenapyr, Methamidophos
Bacche di Goji Cina 13% Carbofuran
Riso Pakistan 12,5% Acetamiprid, Tricyclazole
Melograno Turchia 9,1% Prochloraz, Acetamiprid, Cypermethrin, Boscalid
Cina 8,3% Buprofezin, Imidacloprid, Lufenuron
Okra

(lady’s fingers)

India 6,7% Acephate
Pitaya

(dragon fruit)

Indonesia 6,7% Isoprothiolane,

Cypermethrin

Fagioli secchi Brasile, 6% Fenpropimorph, Procymidone, Acephate, Propoxur, Methamidophos, Chlorpropham
Peperoni dolci Egitto, 3,8% Flusilazole, Clofentezine, Propiconazole, Propiconazole, Chlorpyrifos, Formetanate
Olive da tavola lavorate Egitto 3,7% Profenofos

 

Fonte: Elaborazione Coldiretti su dati Ministero della Salute ed EFSA