Da Solero alle Ande. Storia di Nicola, un alessandrino in Perù

robotti_perudi Andrea Antonuccio.

«Be’, ragazzi, io fra una settimana parto. Vado in Perù».

È con queste parole che un baldanzoso giovanotto di Solero, Nicola Robotti, comunica agli amici la sua decisione di intraprendere un’avventura, piena di incognite, che gli avrebbe cambiato la vita. Siamo nell’aprile del 2011, e la storia sudamericana di Nicola comincia qui. E prima?

Classe 1977, solerino da generazioni, dopo il Liceo Classico Nicola va in Cattolica e si iscrive a Scienze Politiche, su consiglio di alcuni amici fidati. Ragazzo sveglio, nessuna particolare inclinazione tipo medico o ingegnere, ma tanta voglia di fare e “incidere”, come dice lui, sulla realtà. Dopo la laurea, come in molti della sua generazione, anche Nicola parte lancia in resta per trovare un lavoro. Contratti precari, lavori poco soddisfacenti, nulla che gli interessi veramente.

La questione rimane aperta, finché dopo qualche anno accade un imprevisto, l’incontro con un amico dell’universitá che nel frattempo è diventato responsabile AVSI di vari Paesi del Sudamerica. È la volta buona. Nicola dà la disponibilitá a partire, anche nell’immediato, senza specificare nessun posto speciale. E si ritrova nel Perù profondo.

robotti_cacao_caffe2«Sono a capo di un progetto AVSI per la promozione della competitivitá di produttori di caffé e cacao di due province, Bagua e Utcubamba, nella Regione Amazonas al nord del Perù».

Bagua, Utcubamba. Nomi mai sentiti, paesini spersi nell’estrema periferia di una nazione certamente in grande sviluppo, ma ancora arretrata e difficile da comprendere.

«In questi due anni – continua Nicola – abbiamo fatto un lavoro con quasi 400 famiglie di produttori sul fronte dell’assistenza tecnica e della formazione in campo su temi agricoli (la parte piú impegnativa del progetto), aiutando le cooperative presenti anche nella gestione amministrativa, economico-finanziaria e organizzativa».

La “squadra” AVSI, composta da una quindicina di persone tutte del posto, affronta in maniera creativa anche la questione del lavoro femminile, non contemplato in una società maschilista come quella peruviana. «Abbiamo lavorato con gruppi di donne perché potessero imparare anche loro le attivitá del campo, e per dare spazio alla loro creativitá».

Nascono così i “banquitos”, ossia fondi rotatori dove ognuno prende e mette una quantitá di denaro prestabilita, che si restituisce dopo un periodo breve (2 o 3 mesi in genere) con interessi molto bassi. Questi soldi servono ad acquistare gli attrezzi per il lavoro nei campi, o addirittura possono essere la scintilla per nuove piccole attività artigianali o commerciali. Chi realizza piccoli bonbon di cioccolata da rivendere, chi apre una rivendita di pentole, chi fa un vivaio. Queste donne si scoprono “imprenditrici”, in un contesto sociale che le considera poco più che serve.

robotti_piantagioneMa Nicola si rende conto che migliorare la situazione economica o sociale non può bastare, né a lui né agli altri. Nel suo lavoro c’è qualcosa di più, che capita inaspettatamente. «I nostri contadini stanno cominciando a cambiare nel modo di lavorare e di trattarsi, anche all’interno della famiglia e nel rapporto con i figli. Ci chiedono di stare, di continuare ad accompagnarli. Questo senza dubbio é uno dei punti più affascinanti, perché ci si ritrova a migliaia di chilometri da casa a fare un cammino umano con gente che magari non arriva alla terza elementare».

Un’esperienza affascinante, dunque, che non tutti onestamente sarebbero in grado di affrontare. La capacità di adattamento è caratteristica indispensabile per vivere e sopravvivere in un posto così, ai confini del mondo. «In Perù non hanno la barbera – dice scherzosamente Nicola – e a Bagua Grande, dove vivo, sembra di stare ad Alessandria a giugno, peró tutto l’anno: caldo umido e zanzare. L’acqua calda non esiste, e il pollo arrosto é il cibo piú gettonato. Ovvero a pranzo e a cena».

L’avventura peruviana di Nicola sta per terminare. A fine agosto tornerà in Italia, per un’altra storia che pare essere definitiva per la sua vita. Se gli chiediamo qualche dettaglio in più, sorride sornione e promette che ce lo dirà un’altra volta, a tempo debito. Adesso la vita è lì, a Bagua, con i produttori di caffé e cacao. A quindicimila chilometri da Solero.

Stampa Stampa