di Ettore Grassano
“Lo dichiaro da anni, non è più uno scoop: in primavera, alla scadenza del mio mandato in Acos, andrò in pensione. Chissà perché questa vicenda mi fa venire in mente il romanzo di Garzia Marquez, Cronaca di una morte annunciata”. In questi mesi gli stanno arrivando proposte professionali anche di assoluto interesse, non lo nega, ma commenta: “A tutti rispondo: dopo 45 anni indenne dal lavoro, le pare che possa cominciare adesso?”.
Definire Mauro D’Ascenzi amministratore delegato del Gruppo Acos sarebbe riduttivo: ne è stato per decenni il vero ‘deus ex machina’, trasformando una piccolissima municipalizzata cittadina novese (“sono entrato in azienda nel 1991, eravamo in 24”) in una moderna multiutility che oggi ha 319 dipendenti diretti (“29 assunti nel 2018”), oltre ad una cinquantina di addetti di una cooperativa del settore rifiuti, e un vasto indotto. Basta fare due conti: l’unica realtà industriale che oggi, in Valle Scrivia, occupa più persone di Acos probabilmente è l’Ilva.
Maremmano ironico e arguto, D’Ascenzi gioca con le parole sul ‘non lavoro’ del manager, e poi chiarisce “quando si svolge un’attività con passione non pesa, ci si diverte: e poi continuo a pensare che il lavoro faticoso sia quello in fabbrica, o nei campi”.
Certamente agli azionisti (in primis il comune di Novi Ligure, socio di maggioranza, quindi Iren e una ventina di comuni del territorio) D’Ascenzi lascerà un’eredità importante, ma anche delicata.
Quale sarà, in un mercato ormai completamente ‘libero’, il futuro delle multiutility locali?
Cerchiamo di capirlo in questa conversazione, che però si focalizza soprattutto sullo scenario politico nazionale. Comunista per buona parte della sua vita, tuttora gramsciano nell’analisi della società (“l’egemonia si conquista non solo con i rapporti di forza, ma anche con la capacità di elaborazione delle idee”), Mauro D’Ascenzi esclude per il futuro qualsiasi impegno elettivo nel centro sinistra (“sindaci, consiglieri regionali e deputati non hanno nulla da temere da me”), ma è sempre più politicamente ‘appassionato’, e “sicuramente a disposizione per dare una mano al mio partito, il PD, nelle forme che saranno ritenute più opportune: ma da militante, non da politico di professione”.
Mauro D’Ascenzi, partiamo da Acos: una realtà che ha fortemente contribuito a costruire, quasi da zero. Nella primavera 2020 ne uscirà, dopo un trentennio. Sensazioni?
Da un lato dispiacere, come si fa a negarlo? Non è stato solo un lavoro, ma una vera passione, fatta anche e soprattutto di relazioni umane. Ma alla malinconia si affianca anche un po’ di gioia, e una gran voglia di aprire una nuova pagina di attività, curiosità, impegni. Non di lavoro però: cominciare a questa età mi sarebbe letale! (sorride, ndr)
La storica sconfitta del centro sinistra a Novi Ligure ha accelerato la sua uscita? Ossia se non avesse vinto il centro destra rimarrebbe ‘in sella’?
Assolutamente no. Sono almeno 3 anni che, nelle interviste, mi si chiede che farò a scadenza di mandato, e basta andarsele a rileggere. Ovviamente la vittoria di Cabella (che conosco da quando a 19 anni divenni consigliere comunale del Pci, e lui era dirigente del comune di Novi), appoggiato da un centro destra a traino Lega, non mi ha fatto piacere, e ho sempre sostenuto Rocchino Muliere. Rimango convinto che il centro sinistra debba lavorare seriamente per riprendersi Novi al più presto. Ma un risultato diverso alle elezioni comunali non avrebbe cambiato minimamente la mia scelta di concludere il mio percorso in Acos.
Acos è una multiutility ‘a filiera completa’ sul fronte delle attività: acqua, gas, gestione calore e teleriscaldamento, raccolta e smaltimento rifiuti. Sperando di non dimenticare nulla. E’ un gruppo che nei prossimi anni dovrà per forza essere preda o cacciatore, ossia essere acquisito o crescere acquisendo?
In realtà siamo una multiutility ‘tascabile’, rispetto alle grande realtà del settore. Ma sicuramente realtà sana, e certo anche appetibile. Essere preda o cacciatore dipenderà ovviamente dalle scelte della proprietà, e dalla capacità del management di muoversi sul mercato. Mi pare evidente che sempre più la sfida si giocherà sul campo della qualità e della capacità di erogare servizi non solo a minor costo, ma fortemente personalizzati. Tecnologie, web, domotica fanno sì che si possa e debba immaginare un futuro, non lontano, in cui sarà possibile regolare, in base alle necessità di ognuno, addirittura ora per ora, l’erogazione e il consumo di acqua, gas, calore, e lo smaltimento dei rifiuti. Vincerà chi saprà adattarsi meglio al nuovo, e naturalmente per riuscirci serviranno investimenti adeguati. Ma lo snodo, non solo per le multiutility, rimane quello dei bisogni. Chi avrebbe mai detto che, sia pur con motivazioni ed esigenze diverse da quelle di un tempo, sarebbero tornate a diffondersi le lavanderie ‘a gettone’, o le piccole sartorie? Eppure basta guardarsi attorno, sta succedendo….
Guardandoci attorno, D’Ascenzi, vediamo anche un Paese in balia delle onde, e non da oggi. Cosa pensa del Governo PD 5 Stelle?
Credo che fosse, data l’insolazione estiva del Ministro Salvini che ha portato (per fortuna, dal mio punto di vista) alla fine del Governo precedente, l’unica soluzione praticabile. Con quale tenuta, lo vedremo: non immagino elezioni dietro l’angolo, ma dubito comunque che si riesca ad arrivare alla scadenza naturale della legislatura. Però penso che si arriverà ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, nel 2022.
Tutto dipende da Renzi, si dice. Lei non è ‘tentato’ da Italia Viva?
Non ci penso neanche: io sto dove sta il mio popolo. Ho sostenuto Renzi negli anni scorsi all’interno del Partito Democratico, e rimango convinto che se non avesse peccato di presunzione ed egocentrismo, e avesse giocato meglio la carta del Referendum sulla riforma costituzionale, senza personalizzare quella battaglia, oggi non saremmo qui nella palude, a sperimentare alleanze trasversali o a ‘vagheggiare’ ritorni al sistema proporzionale. Renzi è un fuoriclasse, e certamente non ha il principale difetto che imputo a tanti ragazzi e ragazze della sua generazione: l’eccessiva sudditanza verso i padri. I giovani devono ad un certo punto sapersi imporre, con la forza delle loro proposte innovative, e questo Renzi lo sa fare. Purtroppo accanto a queste doti l’ex premier ha anche enormi limiti: personalizza sempre la battaglia politica, e se perde se ne va. Dovrebbe forse leggere o rileggere Gramsci, le pagine sull’egemonia: che non si conquista distruggendo e deridendo l’avversario, ma convincendolo e portandolo dalla propria parte.
Un partito è un’impresa umana collettiva. Il suo leader deve essere oltre che affidabile, di parola, anche un po’ altruista e generoso. Ma ora guardiamo al futuro. La frittata è fatta. Cerchiamo di non combatterci tra di noi, ma di rendere questa nuova formazione utile all’area progressista. Anche il PD deve cambiare. Le appartenenze ad aree politiche come veicolo per la propria carriera sono un danno grave. Certe volte produce conflitti dannosi e esponenti inadeguati. La competizione delle idee è la nostra forza, quella degli incarichi non sempre lo è.
Le scissioni a sinistra non hanno mai portato bene a chi le ha fatte. Ma Italia Viva rappresenta anche la prima uscita ‘verso il centro’, e non verso sinistra. Funzionerà?
Dipende da Renzi, ovviamente. Uno spazio politico c’è sicuramente, o comunque può essere conquistato nell’area riformista: pensiamo a quanti italiani per tanti anni hanno votato Berlusconi, e oggi non si identificano in una destra populista alla Salvini. Però rimane il punto di fondo: Bersani ha perso la battaglia interna nel PD, e ha fondato Leu. Così Renzi con Italia Viva. Tutti vogliono un partito ‘plurale’ insomma, ma solo se a vincere sono loro. Però io oggi ho un’altra paura…..
Quale, D’Ascenzi?
La grande incertezza sul futuro, non dell’Italia ma del mondo, sta convincendo ampie parti della popolazione che la democrazia sia un orpello: ben venga chi la calpesta, se così facendo riesce a migliorare i parametri economici, e quindi le condizioni di vita materiali delle persone, o a far percepire che sia così. Sarebbe un guaio se prevalesse questa linea, mi creda: perché la democrazia è come l’aria, ti accorgi di quanto sia preziosa quando non ce l’hai più. E a quel punto è tardi.
Quindi la sinistra deve difendere la democrazia? L’impressione di tanti, specie nei ceti popolari, è che in Italia la sinistra sia sempre più roba da borghesi benestanti, D’Ascenzi…
La democrazia dobbiamo difenderla tutti, non solo la sinistra, o saranno guai. Non è vero che il centro sinistra sia la parte politica dei ricchi, tutt’altro. E’ vero però che abbiamo commesso errori clamorosi. Penso alla riforma delle leggi sul lavoro, jobs act e dintorni: ha ridato fiato all’economia, e in fondo abbiamo solo applicato, in ritardo, la ricetta di Blair e dei progressisti anglosassoni. Là però la riforma è stata fortemente condivisa con sindacati e parti sociali, qui ci siamo messi in contrapposizione ai corpi intermedi, e abbiamo dato la percezione, sbagliata ma poco importa, di aver indebolito i lavoratori. Non è vero, e il jobs act ha consentito di ‘ridare fiato’ e posti di lavoro all’Italia in un momento di grande difficoltà. Ma tutto il percorso ha convinto del contrario.
Ci dia un’indiscrezione finale: chi sarebbe il miglior successore di Mauro D’Ascenzi alla guida di Acos?
(sorride, ndr) Ci mancherebbe solo che fossi io ad indicare il mio successore. Posso solo garantire che Acos è una realtà industriale forte e sana, e che esiste un pool di dirigenti e tecnici interni di assoluto livello, tranquillamente in grado di procedere senza di me. La politica deve solo evitare di fare grandi danni: al posto della proprietà, questo sì, cercherei un bravo manager guardando allo stesso mondo delle utility. Oggi il mercato è globale, e servono figure con una visione ampia del settore, e al passo con i tempi.