“La resistenza iraniana e il ruolo delle donne”, è il titolo del convegno organizzato a Torino il 23 maggio 2013 dall’Associazione per il Tibet e i diritti umani del Consiglio regionale del Piemonte, in collaborazione con la Consulta torinese per la laicità delle istituzioni e l’associazione Iran libero e democratico.
Sono intervenuti Giampiero Leo, presidente dell’Associazione per il Tibet e i diritti umani, Tullio Monti, presidente dell’associazione Iran libero e democratico e coordinatore onorario della Consulta torinese per la laicità delle istituzioni, l’esule iraniana Farideh Bozorgzad, i rappresentanti del Consiglio nazionale della resistenza iraniana Farideh Karimi e Elahe Argimand e Massimiliano Granero di Amnesty International. Presenti anche i consiglieri regionali Sara Franchino, Michele Formagnana e Elio Rostagno e Bruno Mellano dell’Associazione radicale Adelaide Aglietta.
Le conclusioni sono state fatte da Gianna Pentenero e Antonello Angeleri, vicepresidenti dell’Associazione per il Tibet e i diritti umani.
“Il coraggio del popolo e delle donne iraniane merita tutta la nostra ammirazione e il nostro sostegno perché dall’avvento di un Iran democratico, tollerante e pluralista dipendono anche le speranze di collaborazione e coesistenza con tutto il mondo islamico”, ha ribadito Leo.
Durante i lavori è stata ripercorsa la storia dell’Iran dal momento in cui finì vittima della dittatura clericale nel 1979 sino ai giorni nostri, vigilia delle elezioni presidenziali.
Nella suo intervento Monti ha messo in risalto il legame straordinariamente intenso, ma non fanatico, che lega il popolo della resistenza iraniana alla propria leader Maryam Rajavi, questa donna di 56 anni, colta, affascinante e carismatica che da 16 anni è la presidente eletta del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (Cnri).
Si tratta di una sorta di Parlamento in esilio, fondato nel 1981: è composto da 550 membri di diverse minoranze etniche e religiose, tra cui curdi, baluci, armeni, ebrei, cristiani e zoroastri.
Le donne costituiscono il 52% dei membri. Inoltre cinque organizzazioni ne fanno parte, inclusi i Mojaheddin del popolo (Pmoi), il più grande e popolare gruppo di resistenza in Iran.
“Con l’avvento del nuovo secolo, le donne hanno preso maggior coscienza della loro situazione, percependola come un’ingiustizia: nel 2011, infatti, le donne sono state le protagoniste delle cinque maggiori manifestazioni in Iran e hanno fatto emergere la loro contrarietà per il regime misogino dei mullah. Ma la presa di coscienza, sebbene rappresenti un passo avanti rispetto al passato, non basta a modificare la situazione”, ha sottolineato Bozorgzad.
Le due rappresentanti del Cnri hanno posto l’attenzione sul fatto che “i giovani e soprattutto le donne non manifestano a favore dei cosiddetti riformisti o soltanto contro il governo, ma per chiedere all’Occidente di praticare la cosiddetta ‘terza via’, ovvero il cambiamento democratico attraverso il sostegno all’azione del popolo stesso e del suo movimento di resistenza, dentro e fuori dell’Iran”.
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