di Enrico Sozzetti
Aumento a sei euro del valore dei buoni pasto, dal mese di luglio, per i dipendenti della Provincia di Alessandria e firma della ipotesi di accordo integrativo che prevede «la ripartizione delle risorse disponibili per la contrattazione integrativa tra le diverse modalità di utilizzo». Nel documento, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali di categoria di Cgil, Cisl (manca la firma della Uil) e Csa, sono definiti i campi di applicazione, i criteri di riparto del Fondo risorse decentrate (quantificato per il 2019 in oltre un milione e settecentomila euro), la progressione economica orizzontale (la somma destinata per quest’anno è di 21.500 euro). Fin qui quello che è accaduto a Palazzo Ghilini è un ordinario atto interno. L’unica nota che a qualche dipendente è apparsa un po’ stonata è invece relativa alla tempistica. Tutto è accaduto il 20 maggio, a ridosso del consiglio provinciale che doveva approvare il Documento unico di programmazione (Dup) 2019 – 2021 insieme agli schemi del bilancio di previsione 2019 – 2021 e delle elezioni di domenica 26 maggio.
Per i documenti è arrivato il via libera dell’assemblea di Palazzo Ghilini, mentre il successivo passaggio ha dovuto registrare uno stop inatteso: l’assemblea dei sindaci che doveva esprimere il parere non ha raggiunto il numero legale e quindi tutto è stato rinviato fra i mugugni di alcuni consiglieri di maggioranza. Nessuna catastrofe, però pensare che in una fase complicata per i conti dell’ente (ancora da sistemare del tutto) ci sia tempo e spazio, legittimo per carità, per sottoscrivere l’ipotesi di accordo fra la delegazione trattante, la rsu (rappresentanza sindacale unitaria) e i sindacati e dare anche il via libera all’aumento dei buoni pasto, con il tutto che comporta complessivamente qualche decina di migliaia di euro di spesa, lascia un po’ perplessi.