La avverti subito, parlando con Romina Tacchino, la passione autentica e genuina per il suo lavoro. “In mezzo a tutte queste scartoffie mi innervosisco”, sorride facendo un po’ di spazio sulla scrivania stracolma di documenti, “preferisco di gran lunga stare nelle vigne e in cantina oppure viaggiare, per far conoscere i nostri vini”. Che sono ormai particolarmente apprezzati in mezzo mondo, grazie alla tenacia e alla caparbietà con cui, 17 anni fa, questa professoressa “mancata” (“ho studiato lettere classiche, l’enologia l’ho imparata tutta sul campo, è proprio il caso di dirlo”) ha deciso, insieme al fratello Alessio, di giocare la carta dei mercati internazionali, alla ricerca di spazi più ampi e qualificati a cui far apprezzare i prodotti dell’azienda di famiglia. E dalle colline di Castelletto d’Orba ai Tre Bicchieri del Gambero Rosso, o alle vetrine di Harrods il passo non è stato breve: “ci sono voluti anni di impegno davvero duro – precisa Romina – da parte di tutta la famiglia, e anche di sacrifici personali rispetto alla vita privata di ognuno. Ma se penso allo scetticismo di mio padre all’inizio dell’avventura, e all’orgoglio con cui ora, settantenne, parla della nostra azienda, direi che ne è valsa la pena”.
L’Azienda Vitivinicola Luigi Tacchino ha alle spalle ormai tre generazioni di storia, esperienza, investimenti, e si regge ancora oggi sull’impegno totalizzante dei membri della famiglia, oltre che di una serie di collaboratori stagionali, e di consulenti qualificati: “mio padre e mia madre si occupano dei vigneti, mio fratello della cantina mentre io…viaggio!”, spiega Romina. E, aprendo l’agenda, ci elenca le tappe dei primi mesi del 2013, e quelle che la attendono prossimamente: è una girandola di appuntamenti, dalla Germania, alla Svizzera, dal Belgio all’Olanda. E poi Inghilterra, Giappone, Canada, Stati Uniti. Passando naturalmente anche per tappe “nostrane”, come il Vinitaly, e fiere internazionali come il ProWein di Dusseldorf. “Ma niente, le assicuro, mi dà soddisfazione come stare nella nostra cantina. E quando, qualche anno fa, sono dovuta partire per una cena ufficiale da Harrods, insieme ad alcuni altri produttori piemontesi di assoluto rango, da un lato ero felicissima, dall’altro appena ho potuto mi sono precipitata a casa, perché era tempo di vendemmia, e sapevo che due braccia in più potevano sicuramente servire”. Da due anni il Dolcetto d’Ovada Superiore Docg Du Riva dell’azienda Tacchino è un Tre Bicchieri Gambero Rosso, “e la soddisfazione è doppia, e sa perché: Du Riva era il soprannome di mio nonno Carletto, fondatore dell’azienda e che fu sempre mio grande sostenitore in famiglia: vederci premiati proprio con il vino che porta il suo nome è davvero bellissimo”.
L’azienda Tacchino è in realtà un piccolo (ma neanche tanto) gioiello che vanta diversi prodotti di pregio: dai 12 ettari a vigna sulle colline di Castelletto d’Orba (“più qualche altro terreno in affitto”) arrivano vini di qualità: dolcetto, barbera, gavi e moscato, tutti frutto di una selezione attenta, che punta sulla tradizione, ma anche sulla consulenza di esperti, e sull’utilizzo delle migliori tecnologie che, anche in questo settore, consentono il necessario “salto di qualità”. In verità, però, assai più apprezzato all’estero che in Italia. “Non mi faccia fare polemiche, per carità – sorride Romina – però una differenza gliela dico. Noi lavoriamo ovviamente tramite distributori: ebbene, il distributore italiano, purtroppo, in genere ti chiede il prezzo, poi immediatamente lo sconto e alla fine, magari, assaggia pure il vino. All’estero è esattamente l’opposto: assaggiano il vino (e arrivare a fare assaggiare ad esempio il nostro dolcetto in certi ambienti, in Europa più che negli Stati Uniti, non è stato sempre agevole: ci precedevano esperienze non straordinariamente positive, diciamo così), si informano bene su come e dove lo produci, e alla fine ovviamente si fa la trattativa economica. Ma davvero in certi contesti hai l’impressione di fare un lavoro serio, di produrre e vendere qualcosa di importante, anche sul piano culturale”. E qui si apre la finestra sulla produzione locale, territoriale, e di quel che si può e riesce a fare, in termini di “squadra”.
“In passato – spiega Romina Tacchino -, quando soldi pubblici ne giravano eccome, non nego che qualcosa di positivo, in termini di presenza del territorio a fiere e iniziative, sia stato fatto. Ma è indubbio che molte risorse sono state anche male utilizzate: e comunque oggi tutti i rubinetti sono chiusi, per cui far da sé è davvero l’unica strada. Rimboccandosi le maniche, senza aspettare l’aiuto di nessuno, e senza illudersi che sia il mercato a venirti a cercare, a casa tua. Non funziona così. Sei tu che devi prima di tutto avere da vendere un prodotto di vera qualità, ed esserne convinta. E poi mettercela tutta per riuscirci. Comunque produttori di ottimo livello nella nostra provincia, e anche qui nell’ovadese, ce ne sono, eccome. Mi piacerebbe anche avere più tempo per confrontarmi, per progettare insieme. Ma davvero bisogna fare i conti con scadenze, corse, viaggi, emergenze. E, tra l’altro, ho anche un figlio di 16 anni, liceale, a cui penso sempre di non dedicare abbastanza tempo”. Sarà lui la quarta generazione dell’azienda? “E’ presto per dirlo – conclude Romina Tacchino – : certamente una mano in vigna già ce la dà, e vorrei vedere. Però è davvero prematuro fare progetti, e certamente ognuno deve seguire le proprie inclinazioni personali. Per ora la responsabilità dell’azienda tocca a me e a mio fratello Alessio: che ha un ruolo fondamentale, lo scriva pure, anche se è meno chiacchierone di me!”.
Ettore Grassano