Abbiamo appena ottenuto l’ok alla Manovra correttiva di Bilancio da parte dell’Unione Europea e già il pensiero è rivolto alla nuova legge di Bilancio da approvare in Autunno. Tanto difficile da confezionare che le forze politiche stanno pensando di anticipare le Elezioni ad una data anteriore, giusto per non perdere voti.
Volgiamo l’attenzione alla (solita) voce dei Bilanci statali dedicata alle privatizzazioni. Quelle che la dottrina individua come dismissioni o cessioni di quote partecipative, perché le privatizzazioni tramite cambio di veste giuridica delle Società per ora non ci riguarda.
Di “privatizzazioni” cominciano a parlare i documenti ufficiali di programmazione economica nel 1992, anche se le norme che regolano la vendita di società pubbliche (sia una quota del capitale che l’intera partecipazione) sono quelle dell’evidenza pubblica del Regolamento Generale di Contabilità dello Stato (art. 37 del R.D. 827 del 1924).
Quelle prime privatizzazioni italiane recavano la firma di Giuliano Amato e Mario Draghi. Lo Stato allora controllava ancora quasi tutto il sistema produttivo e bancario: banche, ferrovie per l’intero e settore aereo, autostrade, gas, elettricità e acqua, telefonia, tanta parte della produzione siderurgica e altro ancora. Quel piano fu il primo a prevedere delle privatizzazioni spinto dall’urgenza di risanare i conti pubblici. Si partì quindi da subito con Credito italiano e Banca commerciale italiana, per proseguire con Telecom Italia e, nel 1999 durante il Governo D’Alema, autostrade e porzioni di Enel.
Le diverse posizioni politiche e cattedratiche sulla convenienza di privatizzazioni complete, economicamente valide nel breve termine ma comportanti la perdita del controllo (totale o parziale) e degli eventuali dividenti futuri portati dalle Aziende cedute, ci vedono favorevoli alle cessioni totali, visti anche i risultati gestionali forniti da ampia parte dei managers scelti con criteri politici.
Leggendo la Relazione al Parlamento sulle privatizzazioni, redatta dalla Direzione Finanza e Privatizzazioni del Dipartimento del Tesoro e pubblicata nel dicembre 2016, si possono scoprire le operazioni di vendita delle partecipazioni azionarie prima possedute dal Ministero dell’economia, concluse tra inizio 2011 e fine 2016, con i rispettivi incassi. Sono interessanti inoltre i dati di sintesi delle somme incassate dallo Stato con la cessione di quote possedute in società varie, a partire dal 1994, anno nel quale si approvò la norma più recente relativa alle procedure di dismissione del patrimonio statale (L. 474/1994) e che vide una accelerazione delle vendite di partecipazioni dello Stato in società per azioni. Ebbene, leggendo questi dati, apprendiamo che da tale data, lo Stato ha incassato dalla vendita di azioni 110 miliardi netti. Maggiori incassi tramite le cessioni di azioni dell’Enel (35,7 miliardi), dell’Eni (28,5 miliardi) e di Telecom (12,0 miliardi).
Nel periodo corrente tra il 2011 e il 2016, la stessa Relazione riporta cessioni di quote azionarie, tra cui Sace, Simest, Enav, Generali, una tranche di Enel, Fintecna, Fondo italiano d’investimento, e una quota di Poste italiane, tali da portare entrate per 15,4 miliardi.
Sommando a questi i rimborsi dei cosiddetti Tremonti e Monti bond (prestiti alle Banche per 7 miliardi), sono entrati nelle casse dello Stato ben 22,4 miliardi. 20 di questi sono poi stati versati nel Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, “fondo di riserva” istituito con la L. 432 del 1993, il cui ammontare sarebbe destinato al riacquisto, da parte dello Stato, di propri titoli con i proventi delle vendite del patrimonio pubblico. Effetto meritorio in quanto ridurre il valore dei titoli in circolazione da parte dello Stato porta alla riduzione dello stock totale del debito pubblico. Dalla sua istituzione sono confluiti nel Fondo 143 miliardi sotto la gestione della Cassa Depositi e Prestiti (ai sensi dell’art. 1, c. 387, della L. 190/2014).
Le privatizzazioni totali però non piacciono alla politica e potrebbero avere risvolti negativi sulle valutazioni dell’UE. Per cui nel Documento di Economia e Finanza 2017 vengono indicate (fumosamente) alcune privatizzazioni per fare cassa, con un escamotage volto a soddisfare queste ultime pretese. Le cessioni dovrebbero avvenire a favore della Cassa Depositi e Prestiti, fuori dal perimetro di consolidamento dei Conti Pubblici e considerata soggetto privato. La strategia è quella di conferirle una serie di partecipazioni detenute dal Tesoro in Poste Italiane, Enel, Leonardo ed Eni, per un controvalore il cui ammontare totale potrebbe essere pari addirittura a 20 miliardi.
L’operazione completa prevedrebbe che la cessione delle partecipazioni comporti in cambio l’assegnazione di azioni privilegiate al cedente, con diritto ai dividendi (che così lo Stato non perderebbe) ma non ai voti o alla gestione. Il passo successivo sarebbe la cessione degli stessi pacchetti azionari a terzi da parte della stessa Cdp, nei tempi e modi più opportuni.
Un ultimo dubbio non viene fugato da varie Relazioni e Documenti consultati.
Se osserviamo l’andamento del debito pubblico nei sei anni considerati in quest’ultima Relazione (2011/2016, ma potrebbe valere anche per gli anni precedenti) il suo ammontare non solo non si è ridotto per effetto delle vendite delle partecipazioni, ma addirittura è progressivamente aumentato, passando dai 1.897,9 miliardi del 2011 ai 2.260,3 miliardi di Marzo 2017.
Nella Relazione si citano le somme confluite nel fantomatico Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Come detto prima, il Fondo dovrebbe servire, principalmente, per ridurre il debito pubblico mediante l’utilizzo delle somme provenienti da operazioni di privatizzazione. Ma, stante l’aumento inarrestabile del debito, dove sarebbero finite quelle somme? O meglio, l’aumento del debito dipende da un surplus di spese fuori controllo?
Appendice. Partecipazioni Statali pubblicate sul sito del Ministero
1. Partecipazioni di maggioranza/controllo
o 1.1 Società quotate
ENAV S.p.a. (53,37%)
ENEL S.p.a. (23,58%)
ENI S.p.a. (4,34%) [Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. detiene una partecipazione del 25,76% ]
Leonardo S.p.a. (30,20%)
Poste Italiane S.p.a. (29,26%) [Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. detiene una partecipazione del 35% ]
o 1.2 Società non quotate
Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’impresa S.p.a. (Invitalia) (100%)
Alitalia in a.s. (91,33%)
ANAS S.p.a. (100%)
Arexpo S.p.a. (39,28%)
CDP – Cassa Depositi e Prestiti S.p.a. (82,77%)
Coni Servizi S.p.a. (100%)
Consap – Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.a. (100%)
Consip S.p.a. (100%)
EUR S.p.a. (90%)
Expo 2015 S.p.a. (40%)
FS – Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. (100%)
GSE – Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (100%)
INVIMIT SGR – Investimenti Immobiliari Italiani Società di Gestione del Risparmio S.p.a. (100%)
IPZS – Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.a. (100%)
Istituto Luce – Cinecittà S.r.l. (100%)
MEFOP – Società per lo Sviluppo del Mercato dei Fondi Pensione S.p.a. (58,21%)
RAI – Radio Televisione Italiana S.p.a. (99,56%)
RAM – Rete Autostrade Mediterranee S.p.a. (100%)
Società per la Gestione di Attività – S.G.A. S.p.a. (100%)
SOGEI – Società Generale di Informatica S.p.a. (100%)
Sogesid S.p.a. (100%)
SO.G.I.N. – Società Gestione Impianti Nucleari S.p.a. (100%)
SOSE – Soluzioni per il Sistema Economico S.p.a. (88%)
STMicroelectronics Holding N.V. (50%)
Studiare Sviluppo S.r.l. (100%)
2. Altre partecipazioni
o Monte dei Paschi di Siena S.p.a. (4,02%).