Ferrando (CIA): “Cambiamento climatico, peste suina africana, redditività sempre più esigua: agli agricoltori serve un sostegno maggiore”

di Ettore Grassano

Daniela Ferrando, laurea in agraria con attività imprenditoriali agricole diversificate nell’alto Monferrato ovadese (nocciole, api, viticoltura), da oltre due anni è alla guida della CIA, Confederazione Italiana Agricoltori della provincia di Alessandria. Una realtà dinamica e complessa, con circa 2.500 aziende associate che operano in tutti i principali comparti agricoli (cerealicolo, vitivinicolo, corilicolo, orticolo, frutticolo), e che all’associazione chiedono supporto a 360 gradi: dagli aspetti tecnici legati alle coltivazioni e alla commercializzazione dei prodotti, alla consulenza normativa e fiscale, ai percorsi di formazione per poter essere sempre ‘sul pezzo’.

Come sono andate le cose in questo 2024 che volge al termine? E quali sono prospettive e criticità che attendono gli agricoltori alessandrini nel 2025?
È stato un anno segnato dall’evidente cambiamento climatico. Abbiamo avuto eventi estremi, grandinate, esondazioni, prima ancora siccità grave, inverni miti e primavere fredde. È stata una annata difficile che ha impattato trasversalmente su tutti i settori. Inoltre, prosegue il problema annoso della fauna selvatica e le complicazioni come la Peste Suina Africana, che continua a estendere l’area di epidemia ma la situazione di risoluzione è ancora bloccata. Molti allevamenti nel frattempo hanno chiuso l’attività, senza gli adeguati ristori.

Presidente Ferrando, che anno è stato il 2024 per i nostri agricoltori?
Molto difficile, abbiamo lavorato molto per affrontare vari momenti di difficoltà. Anche sotto il profilo tecnico, abbiamo dovuto effettuare più trattamenti del previsto per le fitopatie portate dalle condizioni climatiche avverse. Quindi abbiamo sostenuto costi di produzione molto alti, a fronte di prezzi corrisposti non remunerativi per l’attività imprenditoriale.

Alessandria è la patria del grano tenero, ma conviene ancora?
La nostra terra si presta bene alla produzione di frumento tenero, ed è una ottima soluzione alla rotazione colturale prevista dai piani agrari, quindi il grano sempre si farà, sulla nostra provincia. Ma che questa sia un’attività remunerativa è tutt’altra questione.

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Quali sono oggi i prodotti in assoluto più redditizi, per casa nostra?
Bella domanda! Anche le produzioni tradizionalmente considerate virtuose subiscono battute di arresto. Le nocciole vanno così così, il vino ancora regge, con qualche difficoltà. La multifunzionalità delle aziende è stata una strategia valida: pensiamo al sold-out degli agriturismi durante la stagione estiva, per il turismo anche di prossimità. Se la cava bene anche chi ha investito per trasformare e vendere il prodotto: sono aziende che, grazie alla valorizzazione del prodotto, hanno ancora buona tenuta sul mercato.

Il mercato delle nocciole qualche anno fa pareva avere grandi potenzialità: è ancora così?
Le potenzialità ci sono, la richiesta di prodotto c’è, ma la volontà di valorizzare IGP della Tonda Trilobata Gentile e la commercializzazione col marchio… non so. È indubbiamente riconosciuta la qualità della nostra nocciola, ma agli imprenditori del Piemonte la produzione costa di più rispetto a corilicoltori del centro Italia e della Turchia, perché la quantità è minore.

L’agricoltore del terzo millennio è un imprenditore a tutto tondo, che deve saper investire in innovazione di strumenti, e di prodotto: riceve un adeguato sostegno in questo percorso?
Il sostegno non è mai abbastanza. Inoltre, partecipare ai bandi non è affatto semplice e bisogna avere la forza finanziaria di anticipare le spese, oltre ad avere le competenze per finalizzare i progetti.

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Ungulati, eterna emergenza peggiorata poi con la peste suina africana: a che punto siamo?
Al punto che rischiamo che il ricorso degli ambientalisti che vogliono bloccare la caccia, blocchi il depopolamento degli ungulati in sovrannumero. Moltissimi allevamenti hanno chiuso sul nostro territorio, non è un buon segno per la nostra agricoltura.

Almeno una nota metereologica positiva però c’è: quest’anno certo non si può parlare di siccità…
Sì, ma questa acqua la abbiamo pagata cara lo stesso: si sono verificate patologie sulle piante, le esondazioni e le gradinate hanno causato la perdita totale di alcuni raccolti, la pioggia troppo insistente ha causato il ritardo nelle semine e poi nelle operazioni di raccolta. Vorremmo, come un tempo, avere stagioni prevedibili e riconoscibili, non come quelle monsoniche.

Politiche Comunitarie, via Regione: più aiuti, o più lacci? Cosa chiedete per il prossimo anno all’assessore regionale?
Dopo avergli dato il tempo necessario per insediarsi, vorremmo avere maggiormente la sua presenza sul territorio alessandrino e una progettualità condivisa. Non servono azioni straordinarie per tamponare le emergenze: l’agricoltura ha bisogno di una pianificazione strutturale.

I giovani sono sempre una speranza, e si dice siano tornati a guardare all’agricoltura come prima scelta: a loro che consigli date?
Con le ultime annate è difficile, in tutta sincerità, consigliare di fare questo mestiere. Serve il ricambio generazionale ma tante aziende non lo hanno, e si vedono quindi costrette a chiudere. I giovani devono essere accompagnati nel tempo, in uno sviluppo aziendale.