di Ettore Grassano
E’ una morte annunciata, quella della Centrale del Latte di Alessandria e Asti. Frutto di un percorso accidentato, con entrate e uscite dei soci negli anni, e dell’incapacità/impossibilità di fare investimenti veri (da decine di milioni di euro, per intenderci), che consentissero di far fronte alla trasformazione di un comparto, come quello caseario, in cui a farla da padroni sono sempre più i grandi marchi nazionali e internazionali.
Il comune di Alessandria, socio fondatore della Centrale, e azionista al 10% fino alla ricapitalizzazione dello scorso anno, ha ritenuto di commentare la vicenda con una nota piuttosto sgradevole, in cui si ricorda che i fatti coinvolgono più amministrazioni, che si è fatto di tutto e forse anche troppo, ecc ecc…Con tanto di stoccata a chi negli anni scorsi a Roma (l’onorevole Molinari della Lega) si è battuto per creare le condizioni perché fosse possibile, in deroga alla Legge Madia, proseguire con una presenza/tutela pubblica nella filiera casearia. Il fine era nobile, ma non è servito a nulla, è il commento dell’amministrazione comunale della nuova sinistra alessandrina, che flirta con i grillini e legge il Financial Times, come già si commenta in città, con qualche risolino amaro.
La realtà è che, da due anni, Alessandria è amministrata da una maggioranza Pd 5 Stelle che pare non avere le attività d’impresa tra le sue priorità, nonostante le buone letture internazionali attribuite al primo cittadino. Non è solo il caso Centrale del Latte a dimostrarlo, ma tutte le vicende legate alla logistica Pam, alle revoche di concessioni già esistenti sul fronte Pai, alla mancanza di dialogo con le associazioni del commercio. D’altro canto, si punta su Pride, strutture di intrattenimento lgbt e pochissimo altro.
Tutto legittimo, sia chiaro: ai cittadini alessandrini, se ancora ne hanno voglia, il compito di riflettere, e di valutare quale futuro vogliono per la loro comunità.