Il bene e il male [Il Flessibile]

di Dario B. Caruso

“La prima idea che il bambino deve apprendere, per poter essere attivamente disciplinato, è quella della differenza tra bene e male”.

Con questo presupposto Maria Montessori, pedagogista e filosofa, un secolo fa stigmatizzava il fondamento educativo per i piccoli.
Naturalmente caricava potentemente di responsabilità il ruolo dell’adulto “il cui compito sta nell’accertarsi che il bambino non confonda il bene con l’immobilità e il male con l’attività”.

Qui si apre un mondo.
Cogliere le cose e le differenze.
Esiste una cultura della differenza che appartiene a ciascuno di noi ma che ciascuno vive secondo natura e filtra secondo proprie convinzioni.

C’è infatti chi percepisce la differenza come ostacolo e chi invece come opportunità.
In base dunque a questa diversa percezione la differenza dovrà essere spianata oppure semplicemente vissuta.
Tornando a Montessori, la differenza tra bene e male è evidente ai più; resta da analizzare la diversità di un gesto che porta al bene oppure induce al male.
Ed è questo il ruolo dell’adulto: quello di far comprendere le conseguenze fino a quando – ribadisco ciò che lei dice – il bambino è attivamente disciplinato; attivamente, che riesce cioè a comprendere in modo naturale, acquisisce un senso della disciplina che gli permette di vedere da solo il bene e di riconoscere da solo il male.

Se è vero che chi non fa nulla non sbaglia, è anche vero che chi non fa nulla non fa nulla e dunque non cambia le cose.
Poi si pone un ulteriore problema allorquando cambiamenti così piccoli da risultare irrilevabili o apparentemente innocui, alla lunga, si ripercuotano irreversibilmente nella vita di tutti.
Ma a questo punto la linea di demarcazione tra bene e male è talmente sottile da risultare invisibile agli occhi dei più.
E alla fine è tardi per correre ai ripari.