
di Dario B. Caruso
La concezione secondo la quale le armi non sono cattive (semmai può essere cattivo l’uso che se ne fa) è una visione tipicamente occidentale, frutto del più diffuso globalismo e francamente molto superficiale.
Si legge talvolta come malauguratamente si consumino drammi familiari involontari, a causa di colpi sparati senza volere.
Quante volte ci tagliamo il dito di una mano mentre stiamo cucinando? A me – pur cucinando pochissimo – succede e non mi odio a tal punto da volermi fare del male. Non così, almeno.
Con questi presupposti ciascun oggetto deve essere usato con cautela, per l’uso per il quale è stato concepito e null’altro. Anche uno schiaccianoci può essere contundente, una chiave di casa, una monetina, un filo di lana. A scuola, prima del covid, il flauto dolce poteva rompere i timpani (e non solo quelli).

Lo smartphone per esempio non è solo un telefono anzi quella funzione è ormai meno cogente rispetto ad altre: prendere appunti, gestire le pagine social, consultare le previsioni meteo, controllare il traffico durante un tragitto, ascoltare le ultime notizie, verificare il conto corrente bancario, fare una foto e ritoccare le rughe sono solamente alcune attività che quotidianamente svolgiamo con quello che un tempo era il telefono.
L’ossessione dell’utilizzo non consuma solamente gli adolescenti; badate bene, ci sono torme di adulti in preda alla smania di digitare, ascoltare, gettare un’occhiata. E costoro sono i peggiori (siamo i peggiori, mi ci metto anch’io).
Forse è proprio per questo motivo che la discussione sull’uso dei telefonini a scuola accende sempre gli animi: perché i genitori, vedendo tarpate le ali dei figli, si sentono tarpati essi stessi. È un riflesso condizionato.
È evidente che non si può generalizzare ma vi assicuro che la percentuale di disagio tra i quarantenni è di gran lunga superiore a quella tra i quindicenni.
Non ho una spiegazione plausibile, tantomeno scientifica; posso avanzare considerazioni che terrò rigorosamente per me.
Il problema degli studenti non è l’uso del telefonino anche perché “se lo usano mamma e papà per tutto il giorno – e i prof con la scusa del registro elettronico – per quale ragione non dovrei usarlo io?”.
Qui entra in gioco l’autorevolezza, laddove esista.
Tu devi imparare a leggere, scrivere, fare di conto, magari saperti muovere con cura, disegnare a mano libera e con le squadre, parlare un inglese accettabile e magari fare due note su una corda o tre tasti.
Non c’è bisogno di ulteriori legiferazioni, ciò che è in vigore è più che sufficiente purché esista l’autorevolezza.
Quella che molti adulti hanno perso.