Crivelli (Aziende Orafe Valenzane di Confindustria): “Certificazioni di qualità, formazione e innovazione di prodotto sono asset vincenti”. Ottime le prospettive di crescita per il 2023

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di Ettore Grassano

“Le previsioni del comparto orafo, e del distretto di Valenza in particolare, per il 2023 sono assolutamente positive. A conti fatti, siamo usciti bene da tre anni complicati: due di pandemia, uno di crisi bellica ed energetica internazionale. La gran parte di noi, anziché lasciarsi prendere da ansia o pessimismo, hanno continuato a lavorare sodo, orientati alla formazione, all’innovazione di prodotto, alle certificazioni di qualità: e i risultati per fortuna sono tangibili”.

Alessia Crivelli, oltre ad essere marketing manager della Crivelli srl, azienda orafa fondata cinquant’anni fa dal papà Bruno, ricopre importanti incarichi nel mondo associativo del settore: è Presidente del Gruppo Aziende Orafe Valenzane di Confindustria Alessandria e Vice Presidente di Confindustria Federorafi, oltre che Presidente della Fondazione Mani Intelligenti.

Insomma una serie di ruoli strategici che le consentono di avere ‘il polso’ della situazione del mercato, e delle esigenze degli operatori.

L’abbiamo incontrata, nei giorni scorsi, in un contesto estremamente operativo: il convegno incontro tenutosi nella sala consiliare del comune di Valenza sul tema del Kimberley Process, uno strumento di tracciabilità che implementa uno schema di certificazione per l’import ed export dei diamanti grezzi (solo di questi, attenzione: ma sono loro ad essere alla base del ‘processo creativo’ del mercato del gioiello) che rappresenta il più importante impegno internazionale di responsabilità sulla fornitura di pietre preziose. Ed è stata l’occasione per qualche riflessione più ampia sugli scenari del mercato.

Dottoressa Crivelli, partiamo proprio dal tavolo tecnico tenutosi a Valenza, che ha visto la partecipazione di un pubblico attento di addetti ai lavori, in rappresentanza di almeno una ventina di aziende del settore…..
Come Gruppo Aziende Orafe Valenzane di Confindustria Alessandria, e come Federorafi, crediamo moltissimi a questi momenti di confronto con gli operatori del settore: in questo caso si trattava di promuovere l’approccio sempre più sostenibile delle nostre imprese ai mercati internazionali attraverso l’adozione di pratiche responsabili nell’approvvigionamento dei preziosi provenienti da zone ad alto rischio o interessate da conflitti, per ridurre il finanziamento dei gruppi armati con i proventi dello sfruttamento dei minerali locali. Per il nostro settore la tracciabilità è un tema etico di estremo rilievo: è fondamentale quindi la conoscenza di questo processo e anche quella delle competenze tecniche che le imprese possono e devono acquisire”.

Durante l’incontro hanno portato la loro esperienza le prime due realtà valenzane che si sono sottoposte a questa certificazione, e uno dei due relatori si è simpaticamente definito ‘paziente zero’, esortando le altre aziende ad imitarlo senza timori: ha spezzato anche parole molto positive sul fronte delle procedure burocratiche pubbliche, che per una volta sembrano non finire nel mirino degli imprenditori….
Quando l’iter pubblico funziona a dovere, come succede in questo caso con L’ADM (Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli) interregionale di Piemonte, Val d’Aosta e Liguria, sede dell’Autorità Kimberley italiana deputata all’analisi gemmologica e al rilascio delle certificazioni, è doveroso sottolinearlo. Vorrei anche evidenziare che è vero l’obbligo di certificazione Kimberley Process riguarda soltanto gli importatori di diamanti grezzi, ossia di fatto i nostri fornitori, o addirittura i fornitori dei fornitori ma è più che mai necessario che oggi il comparto orafo impari a ragionare in termini di ‘sistema’, e e non di singole individualità che non dialogano tra loro: oggi più che mai serve confrontarsi su temi decisivi per lo sviluppo e la competitività. Il mercato dei nostri clienti, in tutto il mondo, è sempre più attento agli aspetti etici del prodotto gioiello, e quindi poter dimostrare con certezza da dove arrivano le materie prime è sicuramente un valore che riguarda e interessa tutti noi.

Il mercato come sta rispondendo alla crisi generale dell’ultimo anno?
Abbiamo affrontato con estrema lucidità tutte le diverse fasi della crisi, a partire dalla chiusura, speriamo temporanea, dei rapporti con un’area importante come la Russia. I dati sull’export del distretto di Valenza, e di quello piemontese in termini più ampi, sono estremamente positivi. Così come peraltro constatiamo, mese dopo mese, come i nostri gioielli siano di nuovo considerati un investimento durevole e di valore anche sul mercato interno.

Il ‘campio di pelle’ del distretto valenzano, con l’insediamento o il consolidamento negli ultimi anni di grandi brand del comparto, da Casa Damiani a Bulgari, hanno avuto un effetto benefico per tutto il comparto?
Personalmente ritengo che sia un bene che marchi così affermati a livello mondiale abbiano scelto di radicarsi sempre più a casa nostra, e immaginare un distretto che vede operare fianco a fianco grandi brand e artigiani orafi di valore crea ulteriori aspettative di qualità, e di crescita. Ognuno ha ovviamente il proprio business, e la propria collocazione nella filiera. Quel che conta è che ci sia un vòlano positivo per tutti, e che Valenza possa tornare ai livelli che tutti ricordiamo, ossia ai vertici dell’oreficeria mondiale. Mi pare che i segnali siano tutti positivi: ma sia solo all’inizio del percorso.

In questo processo quanto incide l’asset della formazione?
E’ fondamentale, e ci stiamo puntando con decisione da anni. La partenza nei giorni scorsi a Valenza dei corsi dell’Its Gem, fortemente voluti dalla Fondazione Mani Intelligenti, è un altro tassello del ‘sistema formazione’ che nel distretto di Valenza conta sulla formazione professionale di eccellenza del For.Al, a forte vocazione orafa, e sulle potenzialità del Cellini. Fondamentali anche gli open day e i periodi di formazione direttamente in azienda, perché ragazzi e ragazze dai 15/16 anni possano scoprire il fascino del mestiere di orafo, e decidere di apprenderlo e specializzarsi, a prescindere dall’avere o meno una tradizione famigliare alle loro spalle.