Il clima pazzo del 2022 che ha moltiplicato gli eventi estremi, fra siccità e nubifragi, ha tagliato del 30% la produzione di miele a livello regionale con le fioriture estive bruciate dal caldo o distrutte dalla grandine e le api allo stremo costrette ad allungare i voli per trovare un po’ di nutrimento. Il risultato? Una produzione nazionale intorno ai 13 milioni di chili, fra le più basse del decennio.
E’ quanto emerge dal primo bilancio di Coldiretti Alessandria sul miele nel 2022 con il raccolto che registra un -30% rispetto al potenziale produttivo dove le difficoltà si sono fatte sentire nei circa 27.000 alveari presenti sul territorio provinciale. E’ stato possibile produrre il miele di acacia andando però a perdere parte del millefiori collinare a seguito della siccità e dell’intenso caldo a fine primavera. Dimezzata, a causa del clima, la durata dei raccolti del miele di castagno e del miele di tiglio che si sono attestati su valori inferiori alle attese. I primi dati provvisori sui raccolti di castagno evidenziano rese di 8-10 kg/alveare rilevate. Per quanto riguarda il tiglio, negli areali cittadini, si registrano rese di circa 10 kg/alveare.
“La stagione 2022, anche se per fortuna non disastrosa come il 2021, non è stata certo soddisfacente e l’aumento dei prezzi dei materiali, dell’energia e dei carburanti, hanno peggiorato ulteriormente la situazione, soprattutto per i nomadisti – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco –. D’altro canto, anche gli invasettatori stanno subendo gli effetti dell’inflazione e devono fronteggiare le problematiche dovute alla competizione del miele estero a più basso prezzo. Una situazione sulla quale hanno pesato in modo particolare le alte temperature e la mancanza di acqua con fioriture anticipate che hanno costretto gli apicoltori a partire prima verso le aree montane e a portare razioni di soccorso negli alveari già nei primi giorni di agosto”.
Oltre alla spallata del clima i “pastori delle api” devono, infatti, fare fronte anche all’esplosione dei costi per le tensioni internazionali generate dalla guerra in Ucraina: dai vasetti di vetro alle etichette, dai cartoni al gasolio.
In Italia si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all’anno, sotto la media europea che è di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania. Il Belpaese però vince in biodiversità con più di 60 varietà, un patrimonio messo a rischio dalle importazioni dall’estero cresciute di quasi il 18% nei primi cinque mesi del 2022, soprattutto da Ungheria, Romania e Ucraina con quasi 2 vasetti su 3 pieni in pratica di prodotto straniero.
“Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco – verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. Alla luce di questa situazione, è opportuno che anche l’agroindustria scelga il vero miele del territorio, attivando progetti economici di filiera che possano garantire la giusta valorizzazione del prodotto e del lavoro degli imprenditori”.
La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.