Orizzonte Agricoltura 2030: nuova Pac risorsa o minaccia?

print

Una serata importante, venerdì 29 aprile al Ristorante Hotel Al Mulino di San Michele (AL), durante la quale sono stati affrontati i principali temi riguardanti l’agricoltura del presente e soprattutto del futuro, con i principali esponenti nazionali del settore, intervenuti al convegno dal titolo ”Orizzonte Agricoltura 2030, i punti fermi del settore nella difesa del made in Italy alimentare tra guerra, pandemia e rincari – La nuova Pac: risorsa o minaccia?” organizzato dalla Lega – Gruppo Identità e Democrazia al Parlamento Europeo.
Sono intervenuti, moderati dall’europarlamentare piemontese Alessandro Panza: Filippo Pozzi, political advisor Gruppo ID politiche agricole, il presidente di Confagricoltura di Alessandria Luca Brondelli, il presidente di Cia nazionale Dino Scanavino, il presidente di Coldiretti nazionale Ettore Prandini, l’assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione, e Sistemi Verdi di regione Lombardia Fabio Rolfi, l’assessore regionale Agricoltura, Cibo, Caccia e Pesca del Piemonte Marco Protopapa e l’Onorevole Riccardo Molinari.
“Quello che è emerso chiaramente è che la nuova politica agricola comunitaria porta con sé alcune strategie dissennate, una su tutte From Farm to Fork che contiene il famigerato Nutriscore, questa etichettatura dei prodotti che è un’etichettatura che nulla ha a che vedere con la vera tutela del consumatore, ma che sempre di più va a condizionare le scelte del pubblico con indicazioni forvianti che indicano come sani quei cibi che sani non sono” – dichiara l’europarlamentare Alessandro Panza che ha moderato gli interventi – .
“Un comparto, quello dell’agricoltura, che vive quotidianamente sfide molto importanti, dai cambiamenti climatici, dalla siccità, che ha colpito il Piemonte e la Pianura Padana con oltre 300 giorni di assenza di precipitazioni, con la peste suina africana che sta interessando il sud del Piemonte e il confine con la Liguria, con delle limitazioni importanti e con il rischio di sfociare nella parte di allevamento dei suini che potrebbe portare addirittura ad una catastrofe economica, con l’abbattimento di suini per un valore pari a oltre un miliardo e mezzo di euro, mandando all’aria un’intera filiera.
La politica agricola comunitaria porta con sé ideologismo di biologia e questa “religione” dell’ambientalismo, dove oggi chi è già sostenibile, chi è già all’avanguardia nella sostenibilità, nell’abbattimento delle emissioni, nella salvaguardia del territorio, secondo queste ideologie importata da Bruxelles il cui alfiere rimane il lussemburghese Timmermans, è da combattere e da vessare ulteriormente. Addirittura sono riusciti a paragonare le aziende agricole come le aziende normali che producono CO2, senza considerare che a volte le aziende agricole la CO2 invece la assorbano…
E’ in corso una grande battaglia contro l’agricoltura, quella sana, quella che produce prodotti di qualità, quella che tutela il made in Italy, una politica agricola comunitaria che distoglie completamente l’attenzione da quello che dovrebbe essere l’agricoltura, cioè la difesa del territorio, la difesa del suolo, della biodiversità e dell’ambiente e che premia invece la globalizzazione, nonostante tutto quello che sta succedendo, la mancanza di materie prime, la mancanza di scorta, la mancanza di programmazione, soprattutto la mancanza di una visione strategica di quella che dovrà essere la visione dell’Europa sul tema più importante: il cibo, quello che mangeremo.
Stiamo andando verso un’Europa che sarà sicuramente ambientalmente sostenibile. Ma che probabilmente morirà di fame” – prosegue Panza. “Questa è la vera sfida che ci aspetta per cercare di combattere questa ideologia, dove appare sempre più evidente come ci siano pochi che già stanno bene e lavorano per stare ancora meglio, sulla spalle di chi invece già soffre e andando avanti così soffrirà ancora di più.
La politica agricola comunitaria porta con sé un enormità di contraddizioni che nella concretezza di tutti i giorni dimostra tutta la propria inefficienza. Per esempio: noi invitiamo gli agricoltori, con la Politica Agricola Comunitaria, ad investire e a fare agricoltura, ma poi li mettiamo fuori dal mercato, privandoli delle condizioni di poter vivere di quello che producono. La Politica Agricola Comunitaria non deve essere semplicemente sussidio, deve essere una politica finalizzata alla valorizzazione di chi è in grado di produrre, di produrre bene, di produrre qualità.
In tutto questo serve tutelare il territorio, altrimenti chi fa agricoltura smetterà di fare agricoltura, smettere di fare agricoltura significa abbandonare il nostro territorio, abbandonare il nostro territorio significa dissesto idrogeologico, significa invasione di specie che stanno riconquistando le nostre campagne,  se si pensa all’invasione di cinghiali, all’invasione dei cervidi oppure, per venire alla montagna, all’invasione dei lupi che stanno via via prendendo sempre più spazio sulle spalle degli agricoltori.
Se perdiamo agricoltura perdiamo il nostro benessere, se non modifichiamo questa visione ci ritroveremo a dover mangiare quello che ci dicono le multinazionali, quello che vogliono i grandi capitali, i grandi gruppi di interesse, quelli che ci dicono che la carne sintetica è il futuro, che la carne sintetica non inquina: non è vero. Che la carne sintetica fa meglio alla salute: non è vero.
Ci imporranno di bere il vino senza alcol per compiacere qualcuno che il vino non lo sa fare e non è in grado di produrlo, pensiamo ai paesi del nord Europa.
Siamo ad Alessandria, siamo nel cuore della produzione  italiana, ecco, qui serve intervenire in maniera importante per tutelare il nostro territorio. Qui non si tratta semplicemente di tutelare gli agricoltori ma di tutelare sé stessi, perché gli agricoltori producono ciò che noi mangiamo – conclude Panza.
Ettore Prandini – Presidente Coldiretti nazionale:
“Sicuramente quanto sta avvenendo a livello globale, ma soprattutto alle porte dell’Europa, deve molto far riflettere su quelle che sono state le politiche della Pac degli ultimi anni, perché paradossalmente incentivavano gli imprenditori agricoli a non produrre perché c’era la possibilità di poter acquistare i cibi, i prodotti dove costavano meno, in una logica di globalizzazione spinta che sicuramente non ci ha favorito.
Oggi noi dobbiamo ritornare invece a valorizzare ciò che possiamo fare sia in un contesto nazionale sia in un contesto europeo; siamo convinti che facendo le giuste scelte in tante filiere produttive saremo in grado di arrivare alla piena autosufficienza. E’ una sfida, partendo da quelli che sono gli interventi di carattere anche infrastrutturale, come per i bacini di accumulo, portare l’acqua dove non c’è significa triplicare la resa per superficie.
Una cosa che si ignora spesso e volentieri è che il mercato europeo oggi è già quasi autosufficiente in quasi tutte le filiere, siamo e abbiamo la produzione di mais che supera il 93% del fabbisogno comunitario, abbiamo una produzione per quanto riguarda il grano che si avvicina al 90% , abbiamo una produzione della soia che è vicina al 70% , quindi questo dimostra quanto poco manchi per arrivare a quella piena forma di autosufficienza. Poi è chiaro che oltre al tema della produzione rispetto  ai consumi comunitari dobbiamo avere sempre anche la prospettiva di poter far crescere le esportazioni delle nostre eccellenze. Allora la sfida è un principio di reciprocità, noi possiamo anche importare quello che non siamo in grado di produrre. Ma alla base di qualsiasi regolamento ci deve essere che le stesse regole che io impongo alle imprese agricole italiane devono valere per l’importazione di prodotti provenienti da altri Stati membri”.
Dino Scanavino – Presidente Confederazione Italiana Agricoltori
“Il Nutriscore è sponsorizzato fortemente dai Paesi del nord Europa che hanno una tradizione, una cultura del cibo molto diversa dalla dieta mediterranea che è patrimonio dell’umanità, e quindi tendono a scardinare il sistema della qualità attraverso un’ etichetta che non ha senso di esistere, perché non tiene conto per esempio delle dosi, non tiene conto di una serie di questioni che sono fondamentali nell’etichettatura.
Il comparto zootecnico oggi è nell’occhio del ciclone perché i costi dei cereali sono alle stelle e purtroppo in questo momento gli agricoltori non hanno cereali da vendere. Quindi c’è anche questa strana commistione di di speculazioni per cui nel momento in cui gli agricoltori i cereali non li hanno il prezzo invece è aumentato e questo ci mette in difficoltà. Dobbiamo sostenere progetti per aumentare la nostra capacità di produrre cereali buoni per la zootecnia”.
Luca Brondelli – Presidente di Confagricoltura di Alessandria
“Parlando di strategia Farm to Fork, credo vada ripensata: i fatti di attualità in Ucraina, quello che sta succedendo, ma anche l’epidemia di covid-19 da cui stiamo finalmente uscendo devono farci capire che queste strategie sono nate vecchie e devono essere urgentemente ripensate.
Parlando di  Nts ed emissioni, la Commissione Europea vuole equiparare le aziende agricole alle altre aziende “inquinanti”. Tutte le attività produttive emettono emissioni, ma ce n’è solo una che emette emissioni  ma che le riduce anche, quell’assorbimento della CO2 che tutte le nostre coltivazioni fanno.
L’intenzione della Commissione Europea di penalizzare ulteriormente gli allevamenti metterebbe in crisi settori delle eccellenze italiane, pensiamo alle nostre razze di bovini, alle nostre eccellenze di prosciutti e salumi. Non possiamo permetterci di equiparare le nostre attività agricole con le attività intensive che ci sono in Paesi al di fuori dell’Italia o dell’Unione Europea, lì sì che bisogna intervenire. Continuare a limitare il lavoro degli imprenditori, in questo caso degli agricoltori italiani, significa solamente spostare il problema nel giardino di qualcun altro, qualcuno che probabilmente andrà a coprire i buchi di mercato lasciati dai nostri agricoltori, che se queste misure dovessero davvero essere applicate come intende l’Europa non solo sarebbero in grosse difficoltà, ma molto probabilmente chiuderebbero. Quindi anche qui bisogna usare buon senso e ascoltare il parere delle imprese e degli agricoltori”.
Marco Protopapa – Assessore Agricoltura Piemonte

“Gli strumenti per affrontare una nuova possibile siccità? Abbiamo attuato i piani attuabili in questo momento, ovvero le risorse per la progettualità nei prossimi anni, soprattutto per la manutenzione di tutti i consorzi irrigui esistenti. Da questo ci aspettiamo già una grande partecipazione degli enti perché, anche per via delle recenti calamità che hanno dissestato i canali, creando gravi difficoltà e un’operatività ridotta proprio a causa degli enormi danni subiti. Tramite il PNRR abbiamo puntato molto sulla tecno-acquedottistica e vorremmo utilizzare le risorse per i due grandi invasi, quello della Serra degli Ulivi e in Sessera, da anni opere incompiute, opere che sono preventive e che offriranno la possibilità di raccogliere i quantitativi d’acqua e di poterli utilizzare nei tempi necessari.
Della peste suina africana invece era importante capire innanzi tutto quale fosse la situazione reale di questo virus e impedire che l’animale selvatico malato potesse andare a colpire il suino di allevamento. Abbiamo dovuto fare dei grandi abbattimenti in un’area ben concentrata, così abbiamo evitato quello che sarebbe potuto diventare veramente un grave problema per tutto il Piemonte e non solo. Oggi ci troviamo a dover operare secondo le regole europee che ci impongono di mettere delle indicazioni ben precise per poter delimitare l’area infetta e per poter fare piani di eradicazione, operazioni che abbiamo avviato. Da lì si potrà partire per l’abbattimento dei cinghiali. Inoltre nei giorni scorsi  abbiamo approvato una delibera regionale che permetta di dare delle deroghe, oltre a quelle che ci saranno spero a breve del Commissario, abbiamo permesso la possibilità di riattivarsi a tutte quelle attività come l’outdoor, la silvicoltura, attività che soprattutto in certi territori marginali erano e sono essenziali per l’economia dei territori stessi”.
Fabio Rolfi – Assessore Agricoltura Lombardia
“Il primo ostacolo all’agricoltura è la burocrazia, purtroppo il mondo agricolo è vessato da burocrazia, derivante in gran parte da normative comunitarie perché i fondi che consentono di fare sviluppo rurale vengono in gran parte della PAC, quindi dalla politica agricola comunitaria che è ricca di burocrazia e col passare degli anni viene sempre più appesantita da obblighi ambientali, come se si vedesse l’agricoltura un’attività umana che inquina e che deve essere in qualche modo punita. E’ necessario cambiare l’approccio anziché mettere regole, divieti, sanzioni e restrizioni.
Parlando invece di nuovo regolamento sulla denominazione di origine dobbiamo stare molto attenti perché noi siamo una nazione che sulle indicazioni geografiche , Igt, Doc Docg ha costruito il successo dei territori. Le Ig hanno consentito in Italia di salvaguardare produzioni tipiche, di creare distintività per tanti imprenditori e quindi per affermarsi sul mercato dando valore a tutta una filiera che va da chi produce la materia prima a chi la commercializza; per salumi e formaggi e il vino di conquistare quote di mercato, di  creare sostenibilità sui territori e da ultimo dar valore ai territori. Pensiamo al valore della terra nelle zone dei grandi vini piemontesi piuttosto che del Parmigiano Reggiano, del Franciacorta, del Prosecco, vale molto di più rispetto alle aree in cui si fanno prodotti indistinti, quindi questa riforma che vuole spostare le competenze di indicazioni geografiche dell’agricoltura all’ufficio esterno della Commissione Europea che si occupa di brevetti, sembra quasi che voglia trasformare le indicazioni geografiche da uno strumento di promozione agricola in un mero fatto normativo, e su questo per noi c’è un po’ di pericolo perché significa far venire meno uno strumento di promozione dell’agricoltura, quasi come se gli strumenti di successo futuro fossero altri, per esempio il biologico, e non la produzione di qualità, protetta, tutelata, distintiva che dobbiamo valorizzare ulteriormente e sostenere e difendere dalle copiature”.
Gianfranco Cuttica di Revigliasco – Sindaco di Alessandria
“Alessandria ha nelle corde l’agricoltura come ambito di sviluppo sostenibile, è sempre stata un fattore importante rispetto all’economia, e oggi con dei progetti che riguardano anche un sistema di coesione territoriale, si vuole valorizzare l’apporto dell’agricoltura, della produzione di qualità, qui ad Alessandria e in un territorio vasto che addirittura comprende due province, di Alessandria e di Asti, con parallelamente uno sviluppo turistico in grado di valorizzare il territorio di produzione e quindi i prodotti che in quel territorio specifico vengono prodotti.
Alessandria tra retro porto e sviluppo agricolo è un connubio tra agricoltura e impresa per nuove possibilità lavorative. Sono due fronti che caratterizzano la città, non gli unici due, ma forse i più caratterizzanti: l’agricoltura è un elemento fondamentale e portante, basta solo uscire dal perimetro urbano per capire che siamo in un territorio coltivato intensivamente, ricco anche di allevatori, un territorio che è vocato all’agricoltura, e con produzioni di qualità. Dall’altra parte la posizione geografica di Alessandria è estremamente interessante sul piano della sviluppo della logistica e quindi in rapporto ai porti liguri, Genova e Savona quantomeno. Gradatamente se di questi due elementi riusciamo a trovare attraverso progetti strategici un fattore unificante, credo che l’economia di questa comunità possa davvero guardare al futuro con grande serenità e con delle prospettive molto interessanti”.
Riccardo Molinari – Onorevole del territorio, segretario della Lega Piemonte e capogruppo della Lega alla Camera
“Agricoltura e difesa del territorio sono da sempre un caposaldo della Lega, voglio ricordare che uno dei motivi per cui la Lega ha deciso di aderire al governo Draghi, nonostante le grandi difficoltà che abbiamo in questo momento a governare con partiti che hanno visioni opposte alle nostre, è stato proprio quello che nel PNRR proposto da Draghi abbiamo avuto un raddoppio dei fondi all’agricoltura rispetto a quello di Conte.
Noi abbiamo sempre pensato che l’agricoltura sia attività fondamentale per il territorio, sia per la produzione, sia per le tradizioni ad essa legate, sia per l’aspetto che l’agricoltura ha dato al nostro territorio. Questa terra è patrimonio UNESCO proprio per l’abilità degli agricoltori di creare un paesaggio divenuto patrimonio dell’umanità, quindi sì, certamente l’agricoltura è un caposaldo della Lega e lo sarà sempre”.
L’agroalimentare italiano è sempre sotto attacco, la Lega al governo porta avanti le sue battaglie ma cosa serve per cambiare veramente passo a livello nazionale?
“Il livello nazionale è strettamente legato al livello europeo e trovo molto positivo che il Deputato europeo Panza abbia organizzato questo momento di approfondimento con le associazioni agricole, perché discutere di Pac a livello europeo significa anche discutere di politica agricola a livello nazionale. I temi sono strettamente legati perché è l’Europa che condiziona le politiche agricole e noi stiamo vivendo una fase in cui l’Europa, sia sull’agricoltura che sugli altri settori e attività produttive sta seguendo un’ideologia ecologista, “Green”, che vorrebbe trasformarci in un continente ecosostenibile con produzione più limitata, con la riduzione dell’utilizzo per esempio di fitofarmaci e di certi tipi di concimi. La stessa cosa la vediamo ad esempio nel settore dell’automotive con la spinta verso i motori elettrici, dove con la scusa di avere basse emissioni rischiamo di andare a distruggere tutta una filiera industriale, quella della componentistica, che è fortemente radicata in questi territori. Sull’agricoltura abbiamo lo stesso rischio, che con questa politica, questa nuova Pac che incentiva più la produzione sostenibile rispetto alla produzione in quanto tale, rispetto al sostegno al reddito dell’agricoltore, noi rischiamo di essere ancora più dipendenti da Paesi terzi che invece stanno lavorando sull’accaparramento della materia prima agricola e sulla produzione.
Visto che da quando questa politica Pac è stata pensata sono successe un po’ di cose, prima la pandemia poi la guerra, adesso il rincaro di energia e di carburante, pensiamo che questa visione dovrebbe essere assolutamente modificata e superata. Dovrebbe essere cambiata puntando sul sostegno all’agricoltura e sull’intensificazione alla produzione perché dobbiamo renderci conto che il tema della produzione alimentare sarà strategico nei prossimi anni. Avremo un incremento della popolazione mondiale e potenze aggressive come ad esempio la Cina, che stanno facendo politiche di accaparramento, di dumping, sui prodotti”.