Il gioco dell’Acheronte rivive in una brutta pagina della nostra Storia [Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Acheronte è il nome associato a diversi fiumi in Grecia, ma secondo la mitologia era il fiume che scorreva negli Inferi. Secondo la mitologia era figlio di Gea ed Elio. Zeus aveva punito Acheronte trasformandolo in un fiume amaro (raffigurato anche come grande palude stagnante) e facendolo vivere nel sottosuolo, per aver dissetato i Titani durante la loro battaglia contro l’Olimpo e Zeus.

Un gioco che però nelle intenzioni di chi lo esercitava doveva essere una pratica veramente degna del passaggio negli inferi per la donna oggetto di tanta cattiveria! Qualcosa di simile, e forse anche peggio, deve essere lo stato in cui devono vivere al giorno d’oggi i residenti in Ucraina in seguito all’invasione russa della loro Patria di appartenenza. Una crudeltà rivolta ad un popolo la cui unica colpa è quella di vivere in una terra confinante con la Russia di Putin.

Stiamo vivendo un periodo oscuro della nostra permanenza in Europa a causa di eventi bellici che sfiorano i nostri confini europei in un gioco a Risiko paragonabile, fatte le opportune differenze, al gioco dell’Acheronte, che tuttavia non ci permette di vivere sonni tranquilli. Chi scrive queste note è nato il 23 settembre 1941, quindi nel corso del periodo bellico che vide la Germania nazista e l’Italia fascista, soffocare nel sangue una parte consistente dell’Europa occidentale. Furono però quegli stessi uomini e donne che la riscrissero in Europa a partire dal 25 aprile 1945, mentre la Seconda guerra mondiale si concluse ufficialmente il 2 settembre 1945 a bordo della corazzata della Marina degli Stati Uniti nella baia di Tokyo.

Una sola discrepanza, la Russia di quell’epoca storica partecipò attivamente alla trascrizione di quelle pagine di storia, mentre ora chi governa quel grande Paese vorrebbe cancellare quelle stesse pagine riportando indietro l’orologio del tempo. Chi scrive non può neppure lontanamente immaginare come tutto ciò si possa concludere se non confidando in un auspicabile ritorno al buonsenso da parte di chi, in sostituzione del Vescovo Guarnero Trotti nel 1580, sia in grado di rivedere e correggere questa brutta pagina della nostra storia.

      L’Acheronte

Era questo il titolo di un gioco veramente degno dell’inferno, da cui il nome deriva. Il gioco consisteva in una contribuzione imposta dal popolo a scopo di divertimento e secondo una antica usanza, alla vedova che passava a seconde nozze! Sorprendente usanza che colpiva le popolane e risparmiava le Nobildonne, e che sembra risalire al primo tempo della nostra vita Comunale; fu soppressa intorno al 1580 dal Vescovo alessandrino Guarnero Trotti, che si manifestò decisamente contrario ad una vessazione che col volgere degli anni aveva degenerato in un malcostume quasi oltraggioso. Una usanza medioevale venuta a noi, sembra dalla Sicilia dove quel gioco era largamente applicato.

Se la vedova che si rimaritava, accettava l’imposizione, il cui importo pare fosse relativo alla dote, tutto andava liscio; la somma andava al “Prefetto” del gioco e di regola doveva servire per comprare olio e cera per le Chiese e Confraternite del Cantone dove la sposa risiedeva. Il popolo affidò la Prefettura alla Casata dei Bianchi che la tennero sino a quando sembrò confacente alla propria nobiltà; fu poi ceduta ai Dallolio e ripresa ancora più tardi. Il gioco vero e proprio cominciava soltanto quando la vedova che intendeva rimaritarsi, rifiutava la tassazione; si iniziava allora la procedura della punizione.

Per prima cosa si esponeva al balcone dei Bianchi lo “Stendardo dell’Acheronte” segnale della rappresaglia; era un drappo stranamente istoriato con una capra seduta in cattedra su di una sedia, con intorno una serie di asini e diverse figure di vecchie donne intente a filare. Non siamo in grado di spiegare il significato di questo stendardo; comunque alla sua esposizione la gioventù iniziava una offensiva quasi carnevalesca (e non mancavano anche i costumi tipo carnevale!) sotto le finestre della novella sposa. Pifferi, tamburi, campanelle, sonagliere, ferri di ogni genere e vasi metallici, tutto serviva per produrre un baccano d’inferno all’indirizzo della malcapitata, baccano che si accompagnava alle matte risate della gente accorsa da ogni parte della città.

Peggio avveniva se la poveretta era sorpresa fuori di casa: seguita e circondata dai giovani dimostranti, doveva soffrire ogni sorta di sberleffi veramente umilianti e indecorosi. Da rilevare che il gioco dell’Acheronte aveva avuto il consenso, sotto determinate regole, dall’Imperatore prima e poi dai Duchi di Milano, che appunto esentarono dal gioco le vedove di Casate Nobiliari. Forse fu appunto questa distinzione che indusse il Vescovo Trotti a sfidare la impopolarità degli alessandrini, vietando dopo diversi secoli di diffusione, un gioco paragonabile alla berlina!

Piero Angiolini 15-01-1955