Campus delle mie brame, sarai il primo del reame? [Centosessantacaratteri]

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di Enrico Sozzetti

Seconda puntata: l’Università del Piemonte Orientale annuncia che la procedura di acquisizione verrà completata entro l’estate del 2022 e sarà pronto nel 2026. Le risorse, però, sono ancora da trovare. Palazzo Borsalino ‘scricchiola’? E poi, quanti studenti frequenteranno davvero la sede alessandrina?

Dopo le novità sui nuovi corsi di laurea e i piani di sviluppo sul fronte della sostenibilità, emerse durante l’incontro “L’Università del Piemonte Orientale in relazione con la città di Alessandria: le ricadute e le potenzialità future per il territorio”, promosso dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria in collaborazione con l’associazione Cultura e Sviluppo di Alessandria, Fondazione SolidAl e Lamoro (Agenzia di sviluppo del territorio), merita una riflessione a parte il capitolo del futuro campus. «Entro dicembre, mi auguro, verrà firmato l’atto preliminare per l’acquisizione dell’area al quartiere Orti (l’ex mercato ortofrutticolo, ndr), che poi verrà completato entro l’estate del 2022. Il campus sarà pronto nel 2026». Parole di Giancarlo Avanzi, rettore dell’Università del Piemonte Orientale (Upo), pronunciate durante il video intervento al convegno e che hanno fatto titolare i giornali. Ma quali sono le certezze? Che l’Upo investirà cinque milioni di euro per l’acquisto e che sta cercando gli altri per realizzare il campus. Quanti? Avanzi ha ripetuto il conto che snocciola dall’inizio del 2021: circa ventidue milioni per la costruzione (dovrà essere completamente sostenibile), altri trentaquattro all’interno di «un quadro economico di interventi» e infine ulteriori venti milioni di euro, ma in un tempo successivo a quello della realizzazione del campus, per «la chiusura della strada che attualmente separa il Disit (Dipartimento di scienze e innovazione tecnologica) la zona dell’ex mercato allo scopo di creare un insediamento per le residenze degli studenti e i servizi (sport, studio, mensa, zone di aggregazione)». I soldi? Il rettore continua a ribadire che il progetto «ha suscitato enorme interesse da parte della Regione Piemonte» e guarda ai finanziamenti dei bandi europei, che c’è l’opportunità «dei bandi del Miur per ottenere un cofinanziamento adeguato», che l’opera «è stata inserita nel piano di coesione sociale del Comune di Alessandria» e che c’è stato un incontro una «istituzione bancaria» per «ottenere un finanziamento nell’ambito di un partenariato pubblico-privato».

In attesa che siano sciolti i nodi relativi alle attività ancora presenti sull’area di proprietà della famiglia Derizio e che dovrebbero quindi trovare una nuova collocazione, il rettore ha confermato che l’area del futuro campus dovrà ospitare, di fatto, anche gli studenti iscritti ai corsi di laurea del Dipartimento di giurisprudenza, scienze politiche, economiche e sociali (Digspes). L’affermazione non è stata diretta, però la conclusione sembrerebbe evidente. «Il campus – ha detto Avanzi – sorgerà a due passi dal Disit, vicino all’ospedale di Alessandria e all’area su cui verrà realizzato il nuovo nosocomio (è quella dell’aeroporto, però la partita urbanistica non è nemmeno iniziata e non lo sarà finché non verrà individuata in modo ufficiale la zona dove trasferirlo, ndr). Dovrà essere in grado di ospitare gli studenti, considerando che gli spazi attualmente utilizzati per la didattica di Medicina all’interno della sede alessandrina del Politecnico di Torino (è ospitata in aule in cui costo di ristrutturazione milionario è stato interamente sostenuto dal ‘Poli’, ndr) saranno insufficienti per i corsi di medicina e infermieristica». Poi c’è Palazzo Borsalino che deve fare i conti con alti costi di gestione e manutenzione, come viene ripetutamente affermato, e che «non è in grado di ospitare la biblioteca e gli studenti, che pensiamo di aumentare con i corsi».

Due riflessioni a margine. Se appare chiara la strategia di sviluppo dell’ateneo sul fronte della sostenibilità (nuovi centri interdipartimentali, corsi di laurea, un dipartimento altamente innovativo) – vede il cuore pulsante a Vercelli dove l’amministrazione locale ha garantito tempi rapidi e certi per la ristrutturazione dell’area dietro alla stazione ferroviaria che ospiterà le nuove attività – che coinvolgerà sicuramente la sede alessandrina dell’ateneo, è meno evidente, almeno per ora, il reale impatto del flusso degli studenti. Il Disit, dipartimento che appare come trainante, conta, come ha detto il direttore Leonardo Marchese, circa 3.500 studenti, che però sono distribuiti nella sede di Alessandria e in quella di Vercelli, dove la prima conta 1.600 e la seconda 1.800 studenti. Se l’interscambio fra le sedi aumenterà, in relazione allo sviluppo dei corsi ospitati a Vercelli che interagiscono con Novara e Alessandria, di quanto potranno aumentare gli studenti? Allo stato dell’arte, come ha spiegato Roberto Barbato, prorettore, i poli vercellese e novarese sono in netta crescita, mentre Alessandria appare stabile.

Poi c’è la questione del contenitore. Se in futuro Palazzo Borsalino (in cui peraltro sono in corso lavori da centinaia di migliaia di euro per nuove aule e l’aula magna che sarà pronta forse entro la fine di questo anno accademico) verrà abbandonato dall’ateneo, che fine farà? Il Comune di Alessandria si è posto il problema? La progettazione di una nuova destinazione d’uso non si può affatto improvvisare.

Infine Giancarlo Avanzi ha concluso l’intervento, registrato, confermando l’impegno dell’Upo sul fronte dell’azienda ospedaliera di Alessandria «in vista della trasformazione in azienda ospedaliera universitaria, oltre che del riconoscimento di Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico)». La decisione ultima in realtà spetta alla Regione, che ha la competenza in campo sanitario.

(2 – continua)