di Piero Archenti
Il sedime dove ora sorge il Palazzo della Banca d’Italia ha avuto un trascorso decisamente travagliato. Infatti, dapprima fu scelto da Napoleone Bonaparte per costruirvi quello che avrebbe dovuto essere il Palazzo per la Prefecture ma haimè, come noto, nel 1814 iniziò la parabola discendente di Napoleone e il progetto relativo alla realizzazione del Palazzo per la Prefecture venne abbandonato e tutto quello fino ad allora realizzato finì per essere letteralmente devastato e abbandonato.
Come racconta il nostro Piero Angiolini in quel sito abbandonato avrebbe dovuto sorgere il nuovo Duomo ma, com’è come non è, si cambiò nuovamente idea e, dopo molti anni, si costruì il nuovo Palazzo della Banca d’Italia. Evidentemente però è destino che in quel sito non si realizzi niente di duraturo se, da molti anni ormai, quel magnifico palazzo in pieno centro città risulta essere, non dico abbandonato perché qualcuno entra ed esce dal portone carraio, ma sostanzialmente quel palazzo, di fatto, è da molti anni completamente inutilizzato.
Insomma, come direbbero i nostri vecchi, sembrerebbe la storiella della bella Maria, “che tùcc i la voru ma anzèn u la peja!” (che tutti la vogliono ma nessuno la prende!). Quando venne realizzato quel magnifico palazzo, non si badò a spese, e si abbondò in marmi e ampi spazi ed ora vederlo lentamente percorrere il viale del tramonto senza un minimo di notizie al riguardo dispiace, dispiace moltissimo! Perbacco, ci sarà pure qualcuno in grado di aggiornarci circa il destino futuro di quell’opera che, presumiamo, sia costata (e costi) molti denari alla Comunità tutta!
Tornando per un attimo a Palazzo Vecchio e alle memorie del nostro Piero Angiolini desta scalpore il fatto secondo cui, all’interno di Palazzo Vecchio, non ci pensassero due volte ad uccidere l’avversario di turno appendendolo poi alle inferriate delle finestre di Palazzo Vecchio. Uno verso Piazza e l’altro verso via Migliara. Che poi quel fatto venisse definito “a sfondo politico”…che dire, se non che fortunatamente i politici dei giorni nostri si limitano a lanciare “frecciatine virtuali” all’avversario politico di turno senza arrivare al punto estremo di… appendere gli oppositori alle inferriate di Palazzo Rosso!
Per quanto riguarda il Conte Galateri, Governatore di Alessandria, dopo aver letto quanto scritto dal canonico Francesco Gasparolo, estimatore del Galateri, che dire se non…“povero Andrea Vochieri”, vittima designata di un tempo in cui la Giustizia era un optional nelle mani del potente di turno! In merito si legge sulla Enciclopedia Treccani: “Nel 1833 il Galateri, che era sempre stato attento ai problemi dell’ordine pubblico, si distinse per efficacia e mancanza di scrupoli nella repressione di una congiura della Giovine Italia, che aveva fatto breccia nelle file dell’esercito: furono condannati a morte cinque ufficiali e il causidico Andrea Vochieri e il Galateri premiato quell’anno stesso con l’Ordine supremo della Ss. Annunziata. (Carlo Alberto dirà di lui, secondo Pinelli, che era “un fou ma un fou utile”. Tradotto: “Un pazzo ma un pazzo utile”).
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Palazzo Vecchio e trame sanguinarie su “piazza reale”.
La permuta tra Comune e Demanio di Palazzo Vecchio, la cui convenzione risulta firmata il 17 maggio 1853, fu superiormente approvata il 28 agosto successivo. Il passaggio del Palazzo allo Stato e la immediata destinazione a Sede dei Comandi Militari, sicché fu detto “Palazzo del Comando”, può comprendersi nel programma di cento anni fa di Cavour e Lamarmora, relativo alla piazzaforte di Alessandria e alle nuove fortificazioni, in preparazione della seconda guerra di indipendenza.
Il Comune ebbe in cambio, sempre sulla piazza “reale”, il sedime tra via Dante e via Pontida, comprendente anche due casette (Bruzzone e Nava) distrutte allorquando Napoleone iniziò la costruzione di un suo Palazzo per la “Prefecture” interrotto e devastato dal popolo nel 1814. In appresso, già si è detto, doveva ivi sorgere il Duomo Nuovo e solo più tardi venne il Palazzo della Banca d’Italia, ricostruito di recente nel 1953.
Palazzo Vecchio fu per molti secoli Sede del Governatore, eccezion fatta per il periodo napoleonico (1799 – 1814) in cui ospitò il Prefetto del dipartimento del Tanaro, poi di Marengo. Nel 1813 Napoleone, anticipando i tempi, aveva svolto trattative con la “Municipalitè” per la cessione di Palazzo Vecchio, decidendo poi la nuova sfortunata costruzione come sopra abbiamo detto.
Nel 1814 ritornarono a Palazzo i Governatori di Sardegna; fra tutti merita particolare ricordo il Conte Galateri ben noto per i suoi sentimenti avversi ai patrioti alessandrini. I nostri vecchi usavano raccontare che Galateri si affacciava spesso al balcone centrale del Palazzo per ”spiare” il passaggio dei passanti, particolarmente attento ai “liberali” (specie se “barbuti”) considerati “sovversivi” pericolosi! Galateri nel suo Palazzo aveva anche istituito a somiglianza della “bocca del leone” veneziana, una “Cassetta delle lagnanze” esposta sotto l’androne della porta carraia verso la Contrada Larga!
In ogni epoca Palazzo Vecchio ospitò illustri personaggi; ricordiamo Roberto d’Angiò, Papa Giulio II, Luigi XII, Carlo V, Filippo II e altri ancora. Al tempo dei Governatori spagnoli le sale superiori si aprirono spesso a pompose feste e mascherate eleganti molto dispendiose, che fecero oltre modo indebitare i fieri “hidalgos” con quel certo Vitale, altra volta menzionato quale banchiere o usuraio che dir si voglia, abitante fin dal 600 proprio in Piazza nella casa d’angolo con via Larga.
In Palazzo Vecchio avvenne nel 1485 un duplice fatto di sangue a sfondo politico, ricordato da tutti i nostri cronisti. Per dirimere talune beghe sorte tra guelfi e ghibellini, Gian Galeazzo Visconti aveva qui inviato un suo emissario di nome Pietro Vespucci; appena giunto, con prepotenza, a titolo di esempio, fece prendere Caranto Villavecchia di nobile Casata alessandrina, ordinando la sua impiccagione ad una finestra di Palazzo Vecchio, verso Piazza! La parte avversaria non fu meno lesta e decisa; il Vespucci fu preso, ucciso ed esposto a sua volta ad altra finestra del Palazzo, verso via Migliara!
Piero Angiolini – 1956