Storie di lago [Il Flessibile]

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di Dario B. Caruso

Ci sono storie di uomini che coincidono maledettamente con le proprie terre d’origine.
Non importa che siano uomini importanti, ciascuno è importante per le persone a sé vicine e per se stessi.

Omegna fa parte della provincia VCO (Verbano-Cusio-Ossola), comprensorio con il nome più improbabile e meno sintetico d’Italia, nata nel 1992 da una costola di Novara.
È normale che in questa piccola cittadina le parole abbiano un senso estetico unico.

Qui nacque Gianni Rodari, in questi giorni festeggiato nel suo ri-centenario visto che lo scorso anno, causa Covid, le manifestazioni furono prevalentemente virtuali.
Omegna ha un piccolo centro storico, per il resto è una città ex industriale che si affaccia sull’estremo nord del lago d’Orta. In questi giorni è invasa da fiabe e filastrocche rodariane sotto molteplici forme, scritti di grandi e piccini, disegni e dipinti, affiches sulle vetrine dei negozi, luminarie, che strofa per strofa, ripercorrono i versi del Maestro.
L’assessore alla Cultura del Comune (una signora dai modi gentili e dal parlare forbito) dice pubblicamente – lo so, appare incredibile – che la cultura è il motore di un paese.

“Abbiamo parole per piangere
Parole per tacere
Parole per fare rumore
Parole per parlare”

A pochi chilometri verso sud, Orta San Giulio (provincia di Novara) rappresenta un altro mondo, un differente microcosmo.
Il lago è lo stesso ma la prospettiva cambia.
I turisti di lingua tedesca sono la stragrande maggioranza e l’accoglienza è più mitteleuropea.
Qui nacque nel 1870 un poeta altrettanto raffinato ma meno noto al grande pubblico, Ernesto Ragazzoni.
Conobbi la figura di Ragazzoni alcuni anni fa grazie a Massimo Bagliani, attore (alessandrino) di scuola proiettiana.
Ragazzoni usava le parole come grimaldello, partendo dall’arguzia dialettale per giungere alla raffinatezza dell’italiano futurista.

“Oggi, non voglio far della poesia,
non voglio stare chiuso contro un tavolo.
Voglio prender la porta, andare via
andarmene, se càpita, anche al diavolo!
In un giorno di ciel, d’aria e di sole
posso seduto, fabbricar parole?”

Le storie di lago vivono di vita propria.
Nel 1920 nasce Rodari e muore Ragazzoni, quasi un passaggio di consegne tra chi la lingua italiana la padroneggia, una staffetta casuale ma fortemente simbolica.