Alessandria, non più della paglia: se ne rese conto anche Barbarossa..[Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

Alessandria e la…paglia, è stata per troppi secoli, ingiustamente dileggiata da chi ne voleva sminuire l’impegno soprattutto in fatto di costruzioni edili. Come se non bastasse ci si mise d’impegno anche l’ormai compianto Lello Bersani nel corso di una trasmissione televisiva al Teatro Virginia Marini (pure questo scomparso per sostituirlo con l’attuale Teatro Municipale, peraltro inattivo da molti, troppi anni!) sollecitando una risposta riguardo la paglia sui tetti che evidentemente non venne tant’è che Lello, forse resosi conto della topica, cambiò discorso e proseguì oltre!

Ovviamente gli alessandrini di ieri e di oggi non hanno alcun motivo per nascondere il perché della paglia sui tetti, poiché quella copertura, siamo nel 1168, con la città faticosamente realizzata a tempo di record, giusto per difendersi dal Barbarossa in arrivo dalla Germania, non avevano certo avuto il tempo di scegliere come realizzare le costruzioni! La paglia e il fango abbondavano e quei due elementi vennero usati per difendersi, dalle intemperie prima e dai nemici poi, Barbarossa compreso! E’ arcinoto che la terra è il materiale da costruzione più economico e permette di fabbricare case resistenti e impermeabili grazie ai mattoni che possono essere realizzati impastandoli con la paglia e l’acqua.

E già che ci siamo parliamo anche dell’altro detto che riguarderebbe la cattiva ospitalità degli alessandrini…ma sì quella storiella che da troppi anni circola, soprattutto con disappunto degli alessandrini di una certa età, vale a dire quella tiritera in dialetto locale che recita: “A vigti cul fùmarò? Lè u jè ca méa, se ‘t vori mangè e beivi…va a l’ustereja”. Traduzione per i forestieri (sempre più numerosi, a far da contraltare ai sempre meno numerosi alessandrini): “Vedi quel fumaiolo? Lì c’è casa mia, se vuoi mangiare e bere va all’osteria!” Insomma, un chiaro invito a rivolgersi altrove per ottenere un aiuto!

Eppure, anche in questo caso, sarà anche vero che gli alessandrini sono persone che non esprimono appieno i loro sentimenti nei confronti del prossimo ma, qualora serva veramente, quell’aiuto difficilmente viene negato. Non si spiegherebbe altrimenti lo sviluppo della nostra città soprattutto nei quartieri più periferici come il rione Cristo! Un rione sorto inizialmente per trovare una sistemazione all’espansione della ferrovia e quindi alle necessità dei numerosi ferrovieri che al Cristo trovarono la loro sistemazione ideale. Ma quello fu solo un primo passo, subito dopo si aggiunsero i molti pendolari piemontesi, lombardi e liguri, che trovarono più conveniente (e più economico) fare base in Alessandria e utilizzare il treno (o l’auto) per fare il pendolare con Torino, Milano e Genova, il triangolo industriale per eccellenza!

Ora però, a causa della pandemia, anche l’attività pendolare ha subìto un arresto, o per lo meno un drastico ridimensionamento, infatti molti pendolari hanno chiesto e ottenuto dai rispettivi datori di lavoro, la possibilità di svolgere l’attività, ove possibile, da casa, utilizzando il computer. Non solo, dovendo fare di necessità virtù, non sono pochi coloro che l’attività commerciale se la sono inventata e la svolgono presso la propria abitazione, anche in questo caso, utilizzando il computer. Insomma, pian pianino, è in corso una vera e propria “rivoluzione” dell’attività lavorativa creandosi in proprio, perché no, nuove possibilità di lavoro a tutti i livelli, dall’artigianato al commercio, al turismo, ai servizi…in breve, se la montagna non va da Maometto dovrà essere Maometto ad andare dalla montagna…

 

                                                        Alessandria e la…paglia

Chi per la prima volta giunge in Alessandria, sempre, con malcelata ironia, dimostra interessamento per lo strano titolo della “Paglia” quasi fosse motivo di demerito! Non di rado viene anche ricordato quel certo ”fumarò”, dimostrazione di inurbanità dei pur buoni alessandrini, invero fin troppo ospitali: sta di fatto poi che chi viene da noi, pianta le radici e non si muove più.

Ancora di recente nella serata T.V. al Marini, il presentatore Lello Bersani, ha sentito la necessità, per la erudizione dei radio ascoltatori, di porre al Sindaco la “banalissima domanda” (frase che prendiamo da un giornale locale) della denominazione di Alessandria della Paglia, sollecitando con insistenza la risposta!

A chi risale la colpa di questa leggenda che, sia detto ben chiaro, non ha nulla di spregiativo, e che dura da ben otto secoli?

Colpa tutta della…Lega Lombarda! Prendiamo ad esempio un testo di Storia ben conosciuto in passato per le note firme dei proff. Pacini e Rigutini, e vediamo la vicenda della fondazione di Alessandria. “Pavia e Monferrato che tenevano dal Barbarossa, erano cagione alla Lega di sospetto; onde per tenerli in soggezione, pensarono di “fabbricare” una nuova Città, là dove si mescolano le acque del Tanaro e della Bormida. Detto fatto, ci posero la mano in gennaio del 1168 e con prestezza meravigliosa fu edificata Alessandria, così chiamata in onore di Papa Alessandro III. Più tardi, perché la maggior parte delle case era coperta di paglia, fu detta Alessandria della Paglia”.

Questa meravigliosa credenza si tramanda dalla fondazione ad oggi e tutt’ora si ripete con costanza degna di miglior causa! E’ storicamente accertato che la nascita della nostra Città è precedente alla Lega Lombarda; deriva infatti dalla unione di due vicinissimi e importanti borghi sorti avanti il mille, Rovereto e Borgoglio, che appunto il Tanaro divideva presso la confluenza con il Bormida. L’appartenenza al Monferrato dei due nostri borghi sorti avanti il mille, Rovereto e Borgoglio, che appunto il Tanaro divideva presso la confluenza con il Bormida. L’appartenenza al Monferrato dei due nostri borghi, fece anzi ritenere che la “Cittanova” fosse dapprima imperiale (tale la ritenne anche il Barbarossa); fu poi merito della Lega Lombarda di attirare a sé nel 1168, l’importante centro strategico, opportunamente ribattezzato “Alessandria”.

A provare la preesistenza dei due borghi suddetti, basterà ricordare che Borgoglio aveva una Chiesa Colleggiale di S. Maria nella quale trovò sepoltura nel 1071 Guido Bianchi, Arcivescovo di Milano; il nostro Rovereto vantava invece Santa Maria detta poi di Castello, che figurava Basilica in documenti del 1107. Cade così completamente la tesi della “fabbrica” da parte della Lega Lombarda: E cade anche la storiella dei tetti fatti di paglia se pensiamo che Alessandria nel 1174 resistette vittoriosamente per ben sette mesi al Barbarossa, un nemico potente e dotato tra l’altro di molte torri ravvicinate che avrebbero facilmente incendiata la città! Come spiegare allora il titolo di “Alexandra Palearum” quale appare in documenti ufficiali del periodo comunale? Evidentemente se Alessandria accettava quel titolo non poteva avere carattere offensivo, ma soltanto indicativo; qualche cronista indica l’agro alessandrino quale “territorium palense” sicchè “palea” potrebbe forse significare palude, riferita alle frequenti piene dei nostri due fiumi. Ma anche la vicina Nizza (fondata nel 1225) era detta ”Nicea Palearum” e pertanto cade l’idea della palude.

E allora? Ricordiamo che progenitori nostri furono gli Stazielli, tribù del popolo Ligure, che ebbe fama di essere soprattutto amante dell’agricoltura. Ad essi dobbiamo il primato, che dura da secoli, nella produzione di “biade” come si usava dire un tempo; un primato che può ben giustificare il titolo aggiuntivo della “Paglia”. Una riprova vien data da una iscrizione della pietra tombale di Gian Galeazzo Visconti morto nel 1402 e sepolto alla Certosa di Pavia. Le città del Ducato sono elencate sull’Epitaffio a seconda dei particolari di ognuna; ebbene Alessandria nostra è ricordata quale Città che deve il nome alla fertilità del suo suolo!

Piero Angiolini 25-02-1956