di Piero Archenti
Una lunga storia, quella dell’arco di Marengo, tant’è che in quella sua lunga storia Marengo è più legata alla permanenza degli spagnoli in Italia. Infatti, la dominazione spagnola in Italia iniziò ufficialmente nel 1559 con la pace di Cateau-Cambresis attraverso la quale fu dichiarata la fine delle guerre fra Spagna e Francia. Da qui seguì la spartizione della sovranità sui territori della penisola italiana. Il Ducato di Savoia, che comprendeva gli attuali Piemonte, Liguria e Sardegna, sotto la guida di Emanuele Filiberto, restò indipendente il più possibile, alleandosi di volta in volta ora con gli spagnoli, ora con i francesi, secondo le convenzioni politiche del momento.
La guerra di successione spagnola, innescata dall’estinzione degli Asburgo di Spagna (1700), si concluse con la perdita di tutti i territori italiani da parte dei nuovi sovrani, i Borbone di Spagna, in favore degli Asburgo d’Austria (che ottennero Milano nel 1707, e Napoli e Sardegna nel 1714, poi scambiando quest’ultima con i Savoia per la Sicilia nel 1718) e dei Savoia (che ottennero la Sicilia nel 1714, poi scambiata con l’Austria per la Sardegna nel 1718).
Tornando però all’Arco di Piazza Genova che, si legge su di una pubblicazione del 1994 di Claudio Zarri, venne costruito nel 1768 a ricordo del soggiorno in città, avvenuto tre anni prima, del Re di Sardegna Vittorio Amedeo III e della Regina Maria Antonia Ferdinanda di Spagna. A quell’epoca si inseriva come elemento decorativo di un ampio passeggio prossimo alle mura orientali della città, formato da un viale che seguiva il tracciato dell’attuale corso Lamarmora e da una fascia alberata attorno alla vecchia Piazza d’Armi, ora piazza Matteotti e isolati adiacenti (la nuova Piazza d’Armi e odierno aeroporto, fu inaugurata il 14 aprile 1855, quando, presenti Vittorio Emanuele II e Cavour, vi si radunò il corpo di spedizione piemontese in partenza per la guerra in Crimea).
L’Arco, prosegue Zarri, fu restaurato nel 1843 in occasione dell’incoronazione del Simulacro della Madonna della Salve, nel 1879 e ancora nel 1968, nell’ambito delle manifestazioni per l’Ottavo centenario della fondazione di Alessandria.
La vecchia Piazza d’Armi, aperta nel 1816 sul luogo prima occupato da una poderosa Cittadella quattrocentesca, era molto più estesa dell’odierna piazza Matteotti, giungendo ad est fino agli attuali Spalti Marengo e Gamondio, con il lato Nord-Sud corrispondente al tratto di corso Lamarmora compreso tra l’angolo di via Savonarola e l’angolo di via Parma (circa 91.000 mq). Ancora alle soglie del Novecento quest’area era libera da fabbricati: via Marengo non esisteva e per uscire dalla città in direzione est bisognava superare il canale Carlo Alberto (che correva verso nord lungo l’attuale via Pisacane) su un ponticello ubicato più o meno all’angolo di Spalto Marengo con via Tortona; a un centinaio di metri la strada imboccava Porta Marengo, prima detta di Santo Spirito, l’unica esistente nel settore orientale delle mura che erano ancora sostanzialmente quelle del Sei-Settecento.
Piazza Matteotti (già piazza Genova) nacque dal piano di sviluppo urbano approvato nel 1904, ma cominciò ad assumere la fisionomia attuale negli anni Venti, quando i lati nord e sud furono dotati di edifici residenziali porticati in stile “art nouveau”. Purtroppo l’equilibrio urbanistico di questo settore cittadino è stato rotto, conclude Zarri, da moderni fabbricati sproporzionati all’invaso della piazza.
E probabilmente ha ragione chi giudica sproporzionato il palazzo realizzato proprio di fronte all’Arco di piazza Genova ma è anche vero che se quell’Arco fosse stato abbattuto, come auspicava il sindaco Nicola Basile, noi oggi non avremmo di che discettare sull’argomento. Tuttavia, e per fortuna, i nostri antenati quell’Arco non accettarono mai di abbatterlo perché ci ricorda che dal 1768 (anno della sua realizzazione) ad oggi, sotto quell’Arco, transitarono generazioni di alessandrini, con le loro pene e le loro speranze in un mondo migliore. Oggi però, quell’Arco ha urgente necessità di un restauro conservativo.
Nell’ottavo centenario della fondazione della città (3 maggio 1168) l’Arco settecentesco fu restaurato per l’ultima volta nel 1968, come testimonia anche la scritta (quasi del tutto cancellata dal tempo) sul frontespizio dell’Arco, in occasione dell’ottavo centenario della fondazione della città. In quell’anno sindaco di Alessandria era Piero Magrassi, dopo di che….
L’Arco di Marengo
Eccoci finalmente al famoso arco detto di Marengo, e avvertiamo subito che non ricorda né Napoleone né la famosa battaglia del giugno 1800: va però detto che fu assai caro all’Imperatore, come se fosse proprio relativo a quello storico avvenimento. L’origine è assai più modesta e riferita alla usanza di un tempo lontano di innalzare semplici archi di fronde verdi al passaggio di qualche personalità importante. Già prima di Napoleone l’arco era indicato dal popolo come “Arco di Marengo” in riferimento alla antica Porta, detta appunto di Marengo, che si apriva poco lontano dall’arco dei vecchi bastioni.
Che questa porta fosse molto importante come entrata in Città da questa parte, lo dimostrano le frequenti attese e gli incontri di questa parte di personaggi di riguardo: in una vecchia cronistoria alessandrina si legge ad esempio all’anno 1764, addì 9 febbraio, che il Governatore era pronto alla Porta stessa con due tiri a sei cavalli ognuno (precisamente offerti per l’occasione uno al Marchese Ghilini e l’altro al Marchese Cuttica) per ricevere il Duca di Yorck, fratello del Re d’Inghilterra, ospite gradito della città. Nell’anno seguente la stessa cronistoria registra un altro importante arrivo, questa volta da Porta Asti, oltre ponte Tanaro: si tratta del Duca e Duchessa di Savoia che, vivamente attesi e festeggiati dal popolo, vennero accompagnati sino al Palazzo del Comando in Piazza del Vecchio Duomo: era precisamente il 24 giugno 1765.
Non sappiamo se vennero eretti lungo il percorso di piazza del Ponte, di via Reale (ora Vochieri) e sulla piazza del Duomo, i soliti archi di fresche frasche, secondo l’usanza di allora: le cronache dicono soltanto del giubilo popolare e dei fuochi artificiali la sera in piazza, fra il contento e frequenti “oh! oh!” degli alessandrini venuti anche dal contado. La permanenza dei graditi ospiti quella volta durò ben venti giorni e risulta che la visita fu bruscamente interrotta per la morte improvvisa qui da noi del Duca di Parma, accompagnatore della sorella. Si disse anche che fosse morto di vaiolo!
Da rilevare che in quel medesimo tempo il re di Torino aveva ordinato la graduale demolizione della Cittadella spagnola che, come già detto prima d’ora, chiudeva la vecchia strada della Fiera Vecchia, ora Dante. Pare avesse anche disposto l’apertura attraverso al Cittadella stessa, di una nuova strada che doveva prolungare, proprio come oggi avviene, la via della Fiera sin quasi a Porta Marengo. L’apertura venne poi impedita da Napoleone, allorquando la stessa Cittadella ricavò invece una piazza d’Armi per i suoi soldati; per altro va detto che dalla ordinanza del Re derivò poi l’arco famoso. Ricorda infatti il nostro cronista che la Civica Amministrazione, sempre nel 1765, in attestato di giubilo per l’augusta visitatrice (o possiamo aggiungere per l’apertura della nuova strada) decretò la erezione di un arco stabile, che venne inaugurato precisamente il 19 luglio 1768, ben tre anni dopo la visita a cui abbiamo fatto cenno! La facciata dell’arco rivolta verso la città recava allora lo stemma sabaudo: all’esterno, una scritta in latino ricordava proprio l’augusta visita.
Un trentennio appresso, dopo la battaglia di Marengo, Napoleone demoliva completamente la Cittadella Spagnola, rispettando tuttavia il nostro arco, perché già allora era detto dal popolo “arco di Marengo”; frattanto le iscrizioni originali erano scomparse, e scomparve così anche il ricordo della visita del 1765; fu allora che rimase per tutti soltanto l’arco di Marengo, come tutt’ora si dice. Il 28 maggio 1843 Carlo Alberto con tutta la famiglia intervenne alle cerimonie per la solenne incoronazione della nostra Madonna della Salve; in quella occasione, l’arco fu convenientemente restaurato; lo stemma di Alessandria prese il posto dello stemma sabaudo, e la dicitura primitiva sul retro fu completata col ricordo della nuova famiglia reale. Nuovo rifacimento nel 1856 e questa volta lo stemma di Alessandria fu sostituito con una iscrizione per i nostri Caduti nella guerra di Crimea. Più tardi l’arco venne dichiarato “monumento nazionale” ed è tutt’ora vincolato alla Sovrintendenza ai Monumenti. Ahimè! Triste sorte, venne tempo, quando ancora dietro all’arco si stendeva la piazza d’Armi napoleonica, che il nostro monumento si prestò a servizi che è bene non nominare!
Piero Angiolini 1958