Dalle odiate Robinie alle odierne Celtis Australis: ma nel 1807 per poco non ci scappò il morto [ Lisòndria tra Tani e Burmia]

di Piero Archenti

 

Come raccontava il nostro Piero Angiolini nel 1951, è ragionevole pensare che le piante (Celtis Australis è il loro nome identificativo in botanica) situate in doppia fila a corona di piazza della Libertà siano state li collocate nel 1888 in sostituzione delle precedenti Robinie, anch’esse li collocate in doppia fila nel 1805.
Da sottolineare che 14 anni prima, esattamente nel 1874, il Comune, decidendo la ristrutturazione del palazzo comunale, ne deliberò anche la sua tinteggiatura con la tinta di colore rosso che tutt’ora ne giustifica la sua identificazione da parte della cittadinanza. Infatti, il nostro Palazzo Munipale, soprattutto fra le vecchie generazioni, non è infrequente che venga indicato con il termine dialettale di “Palasi Russ”, ossia, Palazzo Rosso.
Tornando un passo indietro, e precisamente al 1807, è bene ricordare il grave episodio provocato, si fa per dire, dai fiori di “robinia” e riguardante la famiglia Zani il cui figliuolo fu preso a fucilate da una sentinella francese per aver strappato un ramo fiorito di Robinia. Una triste storia, tant’è che il giovanotto rimase sciancato e il giovane Zani divenne poi noto col nome di “Zani d’la sciuptà”. Ovviamente, l’episodio non giovò ai francesi ma nemmeno ai fiori di Robinia che furono, sia pure incolpevolmente, odiate a tal punto che, da allora, furono considerate piante del malaugurio!
L’astio contro i francesi e contro coloro che li sostenevano, divenne così vivo e duraturo che, caduto Napoleone, i più scalmanati proposero di legare i fautori dei francesi alle Robinie della piazza e di bruciarli insieme a loro! Fortunatamente intervennero il comandante piemontese nonché sindaco di Torino, conte Michele Saverio Provana del Sabbione e il comandante austriaco Strumpsen; quest’ultimo, contro il parere del Provana che voleva subito libera la piazza, ottenne che il Campo militare continuasse per altri due anni.
A proposito del conte Michele Saverio Provana del Sabbione, il 31 dicembre 1796 fu eletto sindaco di Torino per il 1797 e Carlo Emanuele IV volle rinnovargli la carica anche per il successivo 1798. Provana si trovò così alla testa della capitale nei due ultimi, difficili anni prima dell’occupazione francese. Quando questa giunse, nel dicembre 1768, egli lasciò ogni incarico pubblico. Solo sei mesi dopo, peraltro, il 28 maggio 1799 l’arrivo degli austro-russi guidati dal maresciallo Suvorow riportò in vita il corpo decurionale e così Provana si trovò di nuovo sindaco di Torno, restando in carica sino al dicembre del 1799. In questi sei mesi, Carlo Emanuele IV lo volle onorare del cavalierato mauriziano e, l’8 dicembre 1799, lo cooptò nell’Accademia delle scienze di Torino. Dopo che la battaglia di Marengo (14 giugno 1800) riportò il Piemonte in mano francese, Provana si ritirò nuovamente a vita privata.
L’ascesa al trono di Carlo Alberto, il 27 aprile 1831, segnò una nuova svolta. Il 1^ giugno il re lo nominò “bibliotecario di Sua Maestà”, facendone il primo direttore dell’allora costituita Biblioteca reale di Torino, e il 27 settembre presidente dell’allora istituita Commissione di revisione dei libri e delle stampe, operante sotto il controllo del guardasigilli Giuseppe Barbaroux. Fu Provana ad autorizzare, fra l’altro, nel 1833, la pubblicazione delle Mie prigioni di Silvio Pellico, la cui lettura lo aveva molto turbato. Dal 1831 al 1836 fu, inoltre, direttore della classe di scienze di Torino. Morì a Torino il 24 gennaio 1837.
=============================================
Storia degli alberi di piazza della Libertà
La storia degli alberi di piazza del Municipio è assai curiosa e risale al tempo di Napoleone I. Distrutto il vecchio Duomo e distrutte le vecchie case che prolungavano fino al Duomo stesso, le due contrade della Fiera Vecchia e delle Scuole (via Dante e Pontida), ne venne fuori una vasta spianata ben quadrata per le esercitazioni dei soldati dell’Imperatore e perciò chiamata “Places d’Armes”. Nel 1805 si distesero in doppia fila i primi alberi; erano comuni robinie mai prima d’allora usate come piante ornamentali e, chissà perché, accolte con ostilità dal nostro popolo.
Fosse superstizione o astio verso i nuovi padroni la notte venivano spesso danneggiate e a nulla valsero le ordinanze affisse ai quattro lati della piazza contro i “barabba” con minaccia di gravi sanzioni. Si dovette anche ricorrere alle sentinelle che vigilavano armate, giorno e notte. Più tardi accadde un grave incidente che rese ancor più malviste quelle povere robinie. Quando di maggio si coprivano di fiori profumati e i bambini imparavano a succhiare quei fiori dal sapore dolciastro, dal volgo chiamate “papagioia”, un giorno un giovanetto osò strappare un ramo fiorito e non essendosi fermato all’alt della sentinella, fu raggiunto da una fucilata e gravemente ferito. Grande fu allora il fermento in città e nessuno più volle toccare quelle piante maledette; perfino le panchine di legno della piazza furono disertate e invano si provvide nel 1814 a sostituirle con lunghi sedili di pietra a dieci posti.
Venne poi la restaurazione e subito dopo la reazione: in Comune, dal pulpito, nei ritrovi, ovunque, si tuonò contro i francesi e vi fu anche chi pubblicamente propose di legare alle robinie del maleficio i pochi francesi rimasti. Tanto si disse che il comandante piemontese Provana, ordinò la soppressione dell’odiato viale; fu però salvato dal comandante austriaco Strumpsen, col pretesto che la piazza non era più del Comune ma acquistata dal Governo per conservarla ancora ad uso di piazza d’armi per i soldati del re. Due anni appresso la piazza, chiamata reale, ritornava però al Comune; distrutta la cittadella spagnola di Porta Marengo, si era quivi creata un’altra piazza d’armi che allora si diceva nuova, ma che molti di noi ricordano ancora quale vecchia piazza d’Armi sparita a sua volta quasi da un giorno all’altro intorno al 1918 presa tutta dalle costruzioni a portici di piazza Genova, ora Matteotti.
In quanto alla piazza Reale, calmati gli animi e cessati i cattivi ricordi, le robinie rimasero al loro posto e durarono ancora sino al 1874. In quell’anno il Comune aveva trasportato da Piazza s. Martino a piazza Tanaro il mercato del bestiame creando un grande foro boario; in quella occasione si piantarono numerosi viali sostituendo anche in piazza reale le ormai vecchie robinie. Pure nel 1874 il Comune aveva provvisto al restauro della sede municipale usando per la prima volta la tinteggiatura rossa; nacque così la denominazione di “Palazzo Rosso” per indicare la casa della nostra comunità.  La sistemazione attuale della piazza risale al 1888; vennero allargate le strade all’intorno restringendo il viale rialzato di un gradino. In quella occasione si tolsero le panchine di pietra per rimetterne altre di ferro a cinque posti e di allora è il piantamento delle attuali piante “celtis australis”; dall’alto del suo piedestallo il povero Rattazzi a braccio teso dirigeva il movimento attorno.
Piero Angiolini   29-12-1951