Pio V, il Papa alessandrino [Lisòndria tra Tani e Burmia]

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di Piero Archenti

 

 

Tra i tanti santi nati in Piemonte un posto di rilievo spetta sicuramente a papa Pio V, al secolo Antonio Ghislieri, nato a Bosco Marengo, in provincia di Alessandria, il 27 gennaio 1504. Basta sfogliare i testi di storia, per comprendere come Pio V sia stato uno tra i personaggi più importanti del Medioevo cristiano. E non solo per la battaglia di Lepanto, ma soprattutto per essere stato il fautore della Controriforma.
Nel 1528 riceve l’ordinazione sacerdotale a Genova e già a quel tempo si distingue per la forza del suo credo. Giunge a Roma nel 1550 dove diviene Commissario generale dell’Inquisizione romana.  Paolo IV lo nomina vescovo di Sutri e Nepi nel 1556; in seguito è fatto cardinale con il titolo di Santa Maria sopra Minerva. Nel 1558 diviene Grande Inquisitore e due anni dopo vescovo di Mondovì.
E’ inaspettata la sua elezione a papa che giunge agli inizi di gennaio del 1566: è figlia di un accordo stabilito fra i cardinali Carlo Borromeo e Alessandro Farnese. Un’elezione che fa tremare la Curia romana e non solo quella. Di lui si teme l’intransigenza, la serietà e inflessibilità che si manifestano sin dai primi giorni di pontificato.
Onesto e risoluto, come i piemontesi tutti d’un pezzo, Pio V è rigido oppositore del nepotismo. Ai numerosi parenti accorsi a Roma con la speranza di ottenere da lui qualche privilegio e beneficio economico, risponde che un parente del papa può considerarsi sufficientemente ricco se non conosce la miseria. La sua intransigenza e il suo zelo gli valgono molti nemici in tutta Europa e oltre. E’ lui, l’11 aprile 1567, a dare il titolo di dottore della Chiesa a san Tommaso d’Aquino.
Durante le guerre di religione in Francia, sostiene i cattolici contro gli ugonotti, mentre in Inghilterra appoggia la cattolica Maria Stuarda (1542-1587) contro l’anglicana Elisabetta I (1533-1603), che scomunica nel 1570 con la bolla Regnans in Excelsis. Non ha paura della violenza musulmana e preoccupato delle mire geopolitiche dei turchi, promuove la «Lega Santa» dei principi cristiani contro la mezzaluna, unendosi in alleanza con Genova, Venezia e Spagna. Le forze navali della Lega si scontrano, il 7 ottobre 1571, con la flotta ottomana nelle acque al largo di Lepanto, riportando una memorabile vittoria.
La notizia della vittoria della Lega Santa nella battaglia di Lepanto suscitò un’ondata di entusiasmo nei Paesi vincitori e in tutte le terre che confinavano con la potenza turca. Quando la notizia della vittoria giunse in Vaticano, il papa ordinò che tutte le campane di Roma suonassero a festa. Detto questo, dobbiamo aggiungere che la scarsa coesione tra i vincitori impedì alle forze alleate di sfruttare appieno la vittoria per ottenere una supremazia duratura, infatti, dal punto di vista militare i turchi si ripresero prestissimo: ricostruirono la flotta e stipularono una pace separata con Venezia (1575), che si rassegnò alla perdita di Cipro.
Ma dopo Lepanto la presenza dei turchi nel Mediterraneo risultò offuscata, senza più la brillante aggressività dei secoli precedenti. Infatti, preferirono spostare il loro interesse su di un altro fronte, quello persiano, che li tenne occupati a lungo. Per il mondo cristiano la battaglia di Lepanto segnò la fine di un incubo perché mostrò che i turchi potevano essere duramente sconfitti. Ripresa coscienza delle proprie forze i traffici mediterranei divennero, per le navi cristiane, più sicure di prima.
Nel frattempo, il primo giorno di maggio del 1572, Pio V muore. La sua salma riposa in Santa Maria Maggiore a Roma. Papa Clemente X beatificherà il suo predecessore cent’anni dopo la sua morte, il 27 aprile 1672, e solo Clemente XI lo canonizzerà il 22 maggio 1712.
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Il Papa alessandrino
San Pio V, il grande Papa della riforma ecclesiastica e vincitore dei turchi con battaglia di Lepanto, è famoso in tutto il mondo. Nato nel 1504 a Bosco da famiglia bolognese, ivi immigrata al tempo delle fazioni e rimasta quasi priva di mezzi. Antonio Ghislieri apprese i primi elementi di scrittura in questo importante borgo della nostra Fraschetta, che chissà perché, fu chiamato Bosco Marengo quando assai meglio poteva dirsi Bosco Ghislieri.
Ragazzino ancora il futuro papa venne in Alessandria per continuare i suoi studi accolto generosamente dai nobili Guasco in quel palazzo, ora comunale, di via Vescovado, purtroppo quasi distrutto nel 1943 dai bombardamenti. Una lapide murata in una sala del palazzo  dice: Pius V Pont. Sanctissimus – Heic- Adhuc – Puellulus – Quantus Esset Futurus – Portendit.
Nel 1521 a Vigevano, il Ghislieri si faceva domenicano col nome di Fra Michele iniziando così la sua luminosa ascesa. Molti sono i luoghi che per ragioni diverse, lo considerano proprio figlio: Bologna per origine, Bosco per la nascita, Vigevano per professione di fede, Genova per l’ordinazione a sacerdote; infine Pavia dove per sedici anni fu docente di teologia.
Eppure soprattutto San Pio amò la sua Fraschetta al punto, che l’anno stesso della sua elezione a Pontefice, dolce il ricordo della sua terra, volle fondare in Bosco un Convento ed una Chiesa nella quale un architetto, confratello domenicano, costruiva per suo desiderio la sua tomba. Desiderio rimasto insoddisfatto poiché alla sua morte avvenuta nel 1572, la Curia massima lo tenne in Roma nella Basilica di S. Maria Maggiore.
Il pensiero della terra alessandrina doveva accompagnarlo per tutta la vita; elevato alla Sacra Porpora nel 1557 fu comunemente chiamato il “Cardinale Alessandrino” e tale è rimasto nella storia della chiesa.  La stessa denominazione risuonò molte volte nel conclave del 1565: si racconta che Ghislieri avuto sentore di una intesa del Collegio in suo favore vivamente pregò gli amici di allontanargli quel pericolo. E quando il 7 gennaio 1566 tutto il Sacro Collegio si presentò alla sua cella dove stava raccolto in preghiera per la prima adorazione, ancora rifiutò l’altissima designazione e nella vita del Santo sta scritto che fu proprio tirato per le braccia e per le vesti per condurlo all’altare.
Una prova sicura del ricordo di Pio V per Alessandria e la sua gente è data dalla riconoscenza verso la famiglia che lo aveva avviato agli studi. Particolarmente beneficò Cesare Guasco che nella storia militare è ricordato quale condottiero di bella fama nonché esperto architetto militare. Fu già al servizio di Francesco I e poi di Carlo V ed anche Pio V lo volle comandante per tutte le fortezze pontificie.
Al tempo della minaccia del turco Solimano, che la faceva da padrone in Adriatico, Papa Ghislieri affidò al Guasco la difesa di Ancona allora mal guernita e quasi indifesa. Cesare Guasco con un rinforzo di soli 4000 soldati costruì sapientemente fortini e baluardi ed una grande strada di arroccamento verso Perugia che fu giudicata “opera romana”. La città fu salva e il Papa concesse al Guasco grandi onori e fregi speciali per il suo stemma gentilizio.
Gli anconitani a loro volta decretarono al salvatore il titolo di “Padre della Patria” e a ricordo la collina su cui fu costruita la roccaforte principale quella di S. Ciriaco fu allora intitolata al Guasco. Una lapide murata sul posto ricorda ai posteri quella lontana impresa e il nome rimane tutt’ora alla collina detta appunto “Monte Guasco”.
Angiolini 11-4-1953